Riprendiamo col secondo messaggio sui dieci comandamenti come riportati in Esodo 20. Offro anche oggi un po’ di contesto, anche se sarò più breve della volta scorsa, perché credo sia fondamentale per inquadrare bene il decalogo che Mosè riceve da Dio sul monte Sinai.
Esodo 20 si trova dopo la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto. Si trova dopo la scelta di Mosè come guida, liberatore e mediatore. Si trova dopo le 10 piaghe, si trova dopo la morte dei primogeniti che non erano stati protetti dal sangue del sacrificio. Si trova dopo l’uscita dall’Egitto, si trova dopo l’apertura del Mar Rosso, si trova dopo le quaglie e la manna, che vengono donate dal Signore ad Israele, si trova dopo l’acqua scaturita dalla roccia per dissetare il popolo assetato e mormorante. Si trova dopo la vittoria contro Amilec, avvenuta mentre Mosè teneva le mani alzate verso il cielo per intercedere con Dio. Si trova dopo il bellissimo capitolo 19 di Esodo, dove vediamo Dio mostrarsi al suo popolo con gloria e maestosità, dove Dio scende sul monte Sinai per incontrare Mosè, dove Dio parla con Mosè e Mosè con Dio, dove Dio, sulla base di tutto quello che aveva già fatto, rinnova il suo patto con Israele.
E’ dopo tutte queste cose che Dio inizia a impartire la sua legge, partendo dai 10 comandamenti. Ed è importante da sottolineare perché i comandamenti non sono il mezzo per raggiungere la salvezza, che è invece il frutto dall’opera di Dio. E i comandamenti non sono regole che limitano la nostra vita. Anzi, essi rendono possibile il percorso del credente, che permettono alla persona che ha sperimentato la liberazione operata da Dio di godere della vita in maniera completa.
La volta scorsa abbiamo guardato insieme ai primi 4 comandamenti, che sono i comandamenti verticali, che hanno a che fare con il rapporto con Dio:
2 «Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù.
3 Non avere altri dèi oltre a me.
4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; …
7 Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.
8 Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. 9 Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, 10 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo;…
Gli ultimi 6 comandamenti, invece, sono comandamenti orizzontali, che sono incentrati sul nostro rapporto con i nostri prossimi, con gli uomini e le donne che ci circondano.
Anche questa domenica vogliamo rispondere alla seguente domanda: decalogo divino, limitazioni o benedizioni?
Per farlo, per rispondere a questa domanda, vogliamo applicare lo stesso approccio usato domenica scorsa. Ovvero guardare al comandamento e cercare poi di capire cosa significava per Israele, cosa significa per noi, credenti post venuta di Cristo, qual è il nostro problema e come Cristo adempie il comandamento.
Esodo 20:12 Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
13 Non uccidere.
14 Non commettere adulterio.
15 Non rubare.
16 Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
17 Non concupire la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo».
Comandamento
5) Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
Cosa significava per Israele?
Onorare i genitori, dare loro il giusto peso. Nell’Antico Testamento ci sono tante storie di famiglie disfunzionali. Anche i protagonisti più ammirati come Noè, Abramo, Giacobbe, Davide avevano delle famiglie incasinate. Questi grandi uomini erano spesso genitori difficili da onorare: poligamia, adulterio, preferenze ingistificate tra i figli, idolatria, paura, debolezze.
Onorare i genitori, riconoscere il loro ruolo e la loro importanza e funzione all’interno del piano di Dio e andare oltre le cose che potevano ricevere dai genitori è sempre stato difficile, anche nell’Antico Testamento.
Cosa significa per noi?
Il contesto è molto cambiato rispetto ad Israele: sono cambiate tante dinamiche familiari, tante variabili, tanti modi di vivere la vita. Ma il significato resta lo stesso: onora i tuoi genitori, rispettare la famiglia, i ruoli, le gerarchie che il Signore ha creato.
Famiglie nelle quali c’è rispetto e onore vengono benedette dal Padre celeste, il creatore e l’ideatore della famiglia. Famiglie che vivono secondo il disegno di Dio sperimentano pace e gioia, e contribuiscono a creare chiese e società armoniose. L’importanza di famiglie sane all’interno della società è incalcolabile.
Qual è il problema?
Quando siamo figli sotto l’amministrazione dei genitori, cresciamo diventando sempre più insofferenti e insoddisfatti. Vogliamo la libertà, l’autonomia e il controllo a discapito del rispetto che dovremmo dare verso i genitori, i quali ci hanno fatto nascere, provvedono per noi, si curano di noi.
Poi quando siamo finalmente adulti, siamo usciti di casa, magari abbiamo anche la nostra propria famiglia, corriamo il rischio di non curarci più dei nostri genitori, in una fase della vita in cui loro hanno più bisogno di noi.
La conseguenza di famiglie disfunzionali ha un impatto su tutta la società: famiglie caotiche creano società caotiche, nelle quali non c’è rispetto e nelle quali non viene ricercata la figura del Padre celeste.
Come adempie Cristo questo comandamento?
Cristo lo adempie rispettando e onorando in tutta la sua vita i suoi genitori terreni. Si pensa che Giuseppe fosse già morto all’inizio del ministerio di Gesù, e che era proprio Gesù che provvedeva ai bisogni della famiglia, in quanto primogenito.
Ed è toccante che anche sulla croce, verso la fine della sua vita terrena, Gesù, il figlio di Maria, si preoccupa di sua madre, del suo futuro, della sua sopravvivenza e la affida a Giovanni. In Giovanni 19, infatti, è scritto:
26 Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!» 27 Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!» E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua.
Ma oltre a questo il Figlio ha sempre onorato il Padre celeste. Sempre in Giovanni, Gesù dice: io amo il Padre e opero come il Padre mi ha ordinato. Gesù ci mostra che è possibile onorare il nostro Padre celeste perché è possibile amarlo. Perchè? Perché lui per primo è amore, è luce, è guida, è saggezza, è provvigione. Dio è un Padre facile da onorare e al quale ubbidire.
E questo ci porta ad onorare i nostri genitori terreni, che sono molto meno perfetti di Dio. Ci porta ad onorare e rispettare anche i genitori che sono stati un fallimento totale: genitori che sono stati assenti, violenti, manipolativi. Di nuovo, non lo dico con leggerezza, ma con la speranza che viene dal Vangelo che ci permette di fare cose che umanamente sono impossibili.
Comandamento
6)13 Non uccidere.
Cosa significava per Israele?
Non togliere la vita ad un’altra persona, ed in questo caso c’è soprattutto un’accezione di vendetta e violenza. Significa ricordarsi che è Dio che crea e dona la vita e solo lui può decidere di togliere la vita ad un essere umano. La pena di morte era prevista in Israele, ma era prevista solo in alcuni casi specifici, casi che era Dio che aveva deciso e non l’essere umano.
Cosa significa per noi?
La stessa identica cosa. Non siamo noi che abbiamo la possibilità di determinare chi può vivere e chi no. Non possiamo sostituirci a Dio perché quando lo facciamo commettiamo idolatria e facciamo solo casino. Forse una delle applicazioni più concrete di questo comandamento ha a che fare con l’aborto, che sta diventando sempre più accettato nella nostra società.
Capisco perfettamente che ci possono essere delle situazioni estreme, spiacevoli, dolorose. E capisco anche perfettamente di essere un uomo e non una donna. Ma credetemi quando vi dico che parlo con tutta la comprensione e tutto l’amore possibile quando dico che l’aborto, determinare noi quali sono i bambini che dovrebbero nascere e quali no mi sembra un tentativo da parte degli uomini di giocare ad essere Dio. E non sto facendo un’affermazione politica o istituzionale (che sono considerazioni che devono avvenire in un secondo momento) ma un’affermazione dottrinale e teologica.
Per noi cristiani, poi, questo, e i prossimi comandamenti, hanno un impatto ancora più profondo. Come abbiamo visto studiando il Sermone sul Monte in Matteo 5 Gesù dice:
21 «Voi avete udito che fu detto agli antichi: “Non uccidere; chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale”; 22 ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: “Raca” sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: “Pazzo!” sarà sottoposto alla geenna[k] del fuoco.
Qual è il problema?
Ti sei mai adirato contro un tuo fratello? Beh, ecco il problema. Anche se non commetteremo mai l’atto fisico dell’omicidio, il nostro cuore è pieno di pensieri iracondi e “omicidi.”
Con il nostro cuore, con i nostri pensieri ci mettiamo sopra Dio. Ti è mai capitato di pensare che la tua vita sarebbe stata più bella, o più serena, senza la presenza di una persona in particolare?
Come adempie Cristo questo comandamento?
Gesù non è venuto per togliere la vita, per uccidere, ma per deporre la sua vita sulla croce. Quante volte, durante la sua vita terrena, avrebbe avuto ottime ragioni per uccidere delle persone eretiche, orgogliose, ribelli, profane, violente, ipocrite.
Invece di uccidere è stato ucciso ingiustamente lui e mentre i chiodi perforavano le sua mani e i suoi piedi, mentre faticava a respirare perchè appeso alla croce, ha trovato comunque la forza per affermare: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». (Luca 23:34).
Grazie alla sua morte la vendetta e il giusto giudizio di Dio vengono annullati e in cambio riceviamo la vita eterna.
Comandamento
7) 14 Non commettere adulterio.
Cosa significava per Israele?
Onorare il matrimonio e rispettare la volontà di Dio, secondo la quale l’atto sessuale tra uomo e donna è da praticare esclusivamente tra persone che si sono unite e impegnate per mezzo del matrimonio.
Cosa significa per noi?
Anche questo comandamento è ripreso da Gesù, come abbiamo visto in Matteo 5:27 «Voi avete udito che fu detto[l]: “Non commettere adulterio”[m]. 28 Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
Qual è il problema?
L’adulterio può essere praticato in mille forme diverse e nessuno può pensare che non praticando l’atto fisico sia apposto.
Come adempie Cristo questo comandamento?
La relazione tra marito e moglie è, in realtà, un’immagine dell’unione fra Gesù, lo Sposo perfetto, e il suo Popolo, una sposa tutt’altro che perfetta.
In quanto uomo, Gesù non ha mai tradito Dio: non si è mai allontanato da lui, non lo ha mai sostituito con altri dei. In quanto Dio, Gesù non ha mai abbandonato il suo popolo, anche quando esso lo meritava. In questo modo Gesù ci mostra la bellezza di un’unione perfetta, un’unione fedele che possiamo vivere nei nostri matrimoni in modo da proclamare l’unione di Cristo con il suo popolo.
Guardando al nostro Sposo perfetto e bellissimo, al suo amore per noi, siamo in grado di lottare ed eliminare ogni forma di adulterio dai nostri matrimoni per assomigliare sempre più a Cristo.
Unisco gli ultimi 3 comandamenti, non perché siano meno importanti, ma per una questione di tempo.
Comandamento
8) 15 Non rubare.
9) Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
10) 17 Non concupire la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo».
Cosa significava per Israele?
Non rubare. Facile. Non truffare, non prendere ciò che non ti appartiene, non imbrogliare nelle vendite e nei misuramenti.
Non dire bugie riguardo al prossimo, non testimoniare cose che non sono vere, non mettere in cattiva luce il prossimo.
Non desiderare ciò che non ti appartiene.
Cosa significa per noi?
Le stesse identiche cose, anche se applicate in un contesto diverso.
Non prendere quello che non ci appartiene in maniera sbagliata; non mentire, non screditare e diffamare persone ingiustamente; non desiderare cose, persone, situazioni che hanno altri.
Perchè? Perché tutto appartiene a Dio e rubare vuol dire rubare a Dio e non fidarsi della sua provvidenza.
Perché mentire riguardo a qualcuno e infangare ingiustamente il prossimo vuol dire privare qualcuno della verità e del valore che Dio ha attribuito a quella persona.
Perchè desiderare qualcosa che non hai rivela che siamo insoddisfatti di quello che Dio ci ha dato e gelosi, invece di essere contenti, di quello che DIO ha donato generosamente a qualcun altro.
Qual è il problema?
Il problema è che rubiamo, mentiamo e desideriamo di continuo, sia nella pratica sia nei pensieri e nei desideri.
Siamo insoddisfatti di quello che abbiamo e prendiamo quello che non ci appartiene, a partire dai nostri pensieri.
Siamo critici quando parliamo dei nostri colleghi, dei nostri familiari, dei membri della nostra chiesa. Parliamo bene di noi e male degli altri.
Desideriamo quello che hanno altri. A partire dai post sui social che vediamo sui nostri telefonini e finendo alle passeggiate che facciamo in giro, ci guardiamo attorno invidiosi di quello che gli altri hanno: case, mogli, proprietà, ministeri, progetti, soldi.
Come adempie Cristo questo comandamento?
Ovviamente Gesù non ha mai rubato, anzi.
Vangelo secondo Giovanni 10:10-11 NR06
[10] Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. [11] Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore.
Gesù non è venuto per togliere, ma per dare.
Gesù non ha mai parlato male di nessuno, anzi. Lui è la Verità.
Gesù non ha mai desiderato quello che non aveva, pur vivendo una vita terrena estremamente semplice da un punto di vista economico e difficile. Il suo totale appagamento veniva dall’essere unito al Padre, dall’avere tutto in Dio, anche quando questo ha significato rinunciare ad una famiglia, ad una casa, ad un lavoro stabile, alla propria vita. Dio era sufficiente.
Si può dire lo stesso di noi, di me, di te?
Siamo completamente soddisfatti e appagati quando pensiamo al Dio che professiamo di adorare e quando pensiamo alla vita che viviamo, alle persone che ci circondano?
Gesù è riuscito ad adempiere perfettamente a questo decalogo, ad andare addirittura oltre, perché non c’era niente che potesse intaccare il suo rapporto con Dio. Sebbene fosse superiore alla legge, ha scelto di obbedire alla legge in maniera perfetta perché non vedeva nella legge qualcosa di limitante, bensì qualcosa di buono, qualcosa in grado di benedire la relazione tra Dio e l’uomo.
Quando ero più giovane c’erano delle regole e dei consigli che i miei genitori mi davano che facevo fatica a mettere in pratica. Pensavo fossero regole che andassero contro la mia libertà e il mio piacere. Crescendo ho capito che quelle regole erano per il mio bene e la mia gioia e nella libertà della vita adulta ho iniziato a praticarle non perchè fossi obbligato, ma perchè ho capito che erano regole date con amore e che mi facevano stare bene.
Decalogo divino: limitazioni o benedizioni? Guardando a Gesù possiamo vivere la Legge di Dio come
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