Sono passati due anni dal primo incontro ufficiale della Chiesa La Torre. Era domenica 20 gennaio 2019 e insieme, chi c’era ovviamente, aprivamo insieme la Parola di Dio per riflettere insieme su un versetto che è alla base del nostro nome.
18 parole che troviamo nel libro dei Proverbi, al capitolo 18, versetto 10:
“Il nome del Signore è una forte torre; il giusto vi corre e vi trova un alto rifugio.”
Sarebbe facile in questi giorni in cui ricordiamo e riflettiamo sul compleanno di questa chiesa concentrarci su di noi. Sarebbe facile pensare che ciò che di buono è successo è stato il frutto della nostra bravura. Sarebbe altrettanto facile pensare che i fallimenti e gli errori che ci sono stati sono il risultato delle nostre incapacità.
Ma queste considerazioni, sebbene utili, non devono prendere il sopravvento, soprattutto in questi momenti di vita di chiesa. La nostra attenzione in questo momento non vuole limitarsi a considerare le piccole ombre della nostre vite, ma concentrarsi sulla gloriosa grandezza di Dio.
Non voglio offendere nessuno, anche perchè non ho esperienza a riguardo, ma a volte mi domando quanto senso abbia festeggiare i primi compleanni dei bambini visto che essi non hanno idea di quello che sta succedendo. Ma mi rendo conto che ci sono sufficienti motivi per festeggiare per coloro che sono attorno a questi bambini e capiscono quello che sta succedendo, che sono in grado di apprezzare e gustare la meraviglia di una vita che va avanti. Lo stesso vale per i festeggiamenti legati alla chiesa. Dopo solo due anni non abbiamo la presunzione di capire esattamente quello che sta succedendo, ma al tempo stesso siamo sicuri che il Signore, che capisce molto meglio di noi quello che sta succedendo, festeggia insieme a noi questo piccolo traguardo sintomo della sua fedeltà nei confronti della sua chiesa universale.
“Il nome del Signore è una forte torre; il giusto vi corre e vi trova un alto rifugio.”
Due anni fa riflettevamo sul rifugio che troviamo nel Signore. Su come questo rifugio sia unico e che è disponibile per tutti i giusti, per coloro che ricevono la giustizia del Signore per fede e vivono una relazione con lui, al punto da poter chiamare il Suo nome, come dice il versetto, parlare con lui, pregare, godere di questa relazione.
La domanda che ci possiamo fare oggi, guardando indietro, è: abbiamo trovato un alto rifugio nel Signore? Abbiamo vissuto in questi 2 anni tanti momenti gioiosi e anche tanti momenti difficili. Tante persone conosciute, tanti momenti passati insieme, tanti momenti di preghiera, di lode, di condivisione, di crescita. Momenti di tensione, di prova, e anche una positività al COVID inventata. Momenti di malattia, di perdita, di dolore, di confusione. Momenti di gioia profonda nel vedere persone avvicinarsi al Signore, persone toccate dallo Spirito in modo da scoprire per la prima volta, o per la centesima volta, la ricchezza del vangelo. Dalle feste del Ringraziamento con gli americani, alle visite nelle case di riposo, dalle semplicità delle cene del mercoledì sera ai sondaggi tra gli studenti, dalla gita a pasquetta alle feste di natale, dai ritiri di chiesa alle decine di persone che ci sostengono emotivamente, in preghiera, economicamente. E penso che possiamo dire che il Signore non ci ha mai deluso, ma ha sempre dimostrato di essere il nostro alto rifugio. Anche quando abbiamo combinato dei casini, anche quando non l’abbiamo servito come avremmo dovuto, il Signore è rimasto fedele.
E quindi possiamo guardare al futuro con la speranza biblica, che è una speranza certa, che il nome del Signore sarà una forte torre, un altro rifugio. Pensa alle sfide che stai attraversando, pensa alle domande che ti assillano e non hanno risposta, pensa alle paure che puoi avere riguardo all’opera della chiesa e ripeti a te stesso: il nome del Signore è una forte torre, un alto rifugio.
Detto questo, oggi vorrei concentrarmi su una parola nello specifico di questo versetto. Una parola sulla quale continuava a cadere il mio occhio mentre preparavo questo messaggio: corre. Non c’è scritto che il giusto resta fermo, o che si ricorda del nome del Signore, o che passeggia verso il nome del Signore o che si fa trasportare.
Il credente corre, si fionda, verso il Signore e li trova rifugio. E voglio riflettere proprio su questo aspetto della corsa.
Correre meglio
Come chiesa abbiamo la stessa età della mia prima nipotina. e’ incredibile vedere come si sviluppano velocemente nei primi anni di vita i bambini. In pochi mesi mia nipote è passata dal non riuscire a muoversi, a gattonare, a fare i primi passi, ad ora. Ora riesce non soltanto a camminare, ma passa le giornate a correre per casa. Eppure che errore gravissimo farebbe mia nipote se pensasse di aver già raggiunto la perfezione. Di non dover più imparare a correre meglio. Lo stesso vale anche per noi, sia come singoli che come chiesa, non dobbiamo pensare di non dover imparare continuamente a correre meglio.
L’altro giorno ero sulle Piagge e ho visto una cosa che mi ha sorpreso. Una signora correva insieme ad un signore. Dopo un pò si sono fermati e il signore ha dato dei consigli alla signora sulla corsa prima di riprendere a correre. L’uomo era evidentemente un allenatore. Magari pensiamo che quando una va a correre basta correre, che non c’è niente da migliorare. Invece, anche se camminiamo e corriamo da anni, si può migliorare nella corsa, nel modo in cui muoviamo i piedi, nella postura del corpo, nel respirare e così via.
Lo stesso vale per il nostro percorso spirituale. Non dobbiamo pensare di essere arrivati, ma se vogliamo godere della protezione del Signore dobbiamo imparare a correre meglio. è normale non essere perfetti nella corsa, ma dobbiamo sempre cercare di migliorarci. E come possiamo correre meglio?
L’autore alla lettere degli Ebrei ci offre un consiglio importantissimo. Ebrei 12:1-2
“Anche noi… deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta”
A volte nel nostro correre verso il Signore portiamo con noi pesi e peccati che ci rallentano e ci impediscono di correre bene. Ovviamente non sto dicendo che non dobbiamo portare i nostri pesi e i nostri peccati al Signore. Non sto dicendo che dobbiamo risolvere i nostri problemi, renderci puri e poi presentarci al Signore. La Bibbia è molto chiara su questo. Ma sto dicendo che per l’opera che Cristo ha fatto abbiamo, per mezzo dello Spirito, siamo resi liberi dai nostri peccati e i nostri problemi e quindi abbiamo la forza, che prima non avevamo, di abbandonare queste cose.
E quello che sto dicendo è che a volte preferiamo non lasciare dei pesi o dei peccati. A volte preferiamo continuare a sentire il peso di cose dalle quali il Signore ci ha liberato. A volte preferiamo mischiarci con il peccato piuttosto che correre meglio verso il Signore, piuttosto che seguire il nostro coach di corsa, Cristo, che ha corso dandoci l’esempio da seguire. Quando penso alla mia vita noto come preferisco rimanere nell’autocommiserazione per i miei sbagli o per le ingiustizie della mia vita, piuttosto che basarmi sull’opera liberatoria di Cristo per correre senza pesi a Dio.
Correre sempre
Si dice che l’uomo ha tre reazioni quando si trova di fronte al pericolo: o lotta, o si blocca, o scappa via di corsa. Davanti ai nostri pericoli spirituali, dobbiamo imparare non soltanto a correre meglio, ma anche a reagire immediatamente con la corsa. La corsa dovrebbe essere la nostra reazione naturale e consueta. Non dobbiamo bloccarci a causa della paura, non dobbiamo lottare con le nostre forze, ma dobbiamo correre a trovare rifugio nel Signore.
Dobbiamo ricordarci di questa cosa quando ci troviamo di fronte a degli ostacoli, dobbiamo domandarci in che modo sto reagendo? Mi sono bloccato, sto lottando con le mie forze, o sto correndo verso il Signore?
Se corriamo al Signore, il Signore combatterà le nostre battaglie. Sapete bene che dopo la morte di Mosè, il compito di guidare la conquista della Terra Promessa è affidata a Giosuè. Ad un certo punto Giosuè conquistare la prima città, Gerico. Sapete tutti che la conquisterà in maniera del tutto miracolosa, semplicemente marciando attorno alle mura. Ma la battaglia era già stata vinta in precedenza.
13 (C)Mentre Giosuè era presso Gerico, egli alzò gli occhi, guardò, ed ecco un uomo in piedi che gli stava davanti, tenendo in mano la spada sguainata. Giosuè andò verso di lui e gli disse: «Sei tu dei nostri o dei nostri nemici?» 14 E quello rispose: «No, io sono il capo dell’esercito del Signore; arrivo adesso». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?» 15 Il capo dell’esercito del Signore disse a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo». E Giosuè fece così.
La battaglia era già stata vinta all’arrivo del capo dell’esercito del Signore. Allo stesso modo ogni nostra battaglia è già stata vinta dall’arrivo di Cristo, che ha sconfitto il male, che ha sconfitto il nemico, che ha sconfitto la morte, che ha sconfitto la vergogna.
Non è facile addomesticare la nostra indole, non è facile resistere agli istinti della carne, lo so benissimo. Ma possiamo chiedere al Signore di aiutarci, e lo possiamo chiedere con fiducia, sapendo che l’opera di Cristo ci ha reso nuove creature, creature che stanno cambiando e che stanno diventando sempre più simili a Gesù. Dobbiamo correre verso il nome di Cristo, e correre verso il nome di Cristo equivale a correre alla preghiera.
Riprendo il versetto degli Ebrei che dopo averci detto di deporre “ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge” (per correre meglio) ci esorta anche a correre “con perseveranza la gara che ci è proposta”
Se il nome del Signore è una forte torre, allora conviene correre meglio e correre sempre.
Il traguardo della corsa
Il tema della corsa è ripreso varie volte anche da Paolo nel Nuovo Testamento. Nella lettere ai Filippesi, per esempio, l’apostolo scrive queste parole:
10 Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, 11 per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti.
12 Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo {Gesù}[c]. 13 Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, 14 corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù. (Filippesi 3).
La nostra corsa verso il Signore non è una corsa fine a se stessa. La nostra corsa non è una corsa per andare a ripararci da qualche parte quando non sappiamo più che pesci pigliare. Forse in questi anni ci è capito di sentirci scoraggiati, di sentirci piccoli rispetto al contesto che ci circonda, di correre a vuoto, di non vedere alcun cambiamento nella nostra vita o nella nostra chiesa o attraverso la nostra chiesa. Ma la nostra è una corsa che ha come traguardo Cristo, la completezza di Cristo, la vita eterna in Lui. è il traguardo della nostra corsa definisce il valore e l’importanza della corsa stessa. Il fatto che Cristo è il nostro traguardo, riempie di significato la corsa stessa, dona speranza e fiducia alla corsa stessa.
Come ho detto la volta scorsa, andare a correre senza un premio o una promessa è tremendo. Chi dice che è piacevole correre sta mentendo. Paolo era disposto a rinunciare alle cose che erano dietro di lui, alle cose di questo mondo, non perchè fosse bello! Ma per protendersi verso Cristo, allo scopo di conoscere Cristo e la resurrezione dei morti. La sua corsa è stata piena di ostacoli: persecuzione, menzogne, divisioni, persone che lo hanno abbandonato, naufragi, torture.
Ad un certo punto, mentre Paolo si trovava ad Efeso, in procinto di tornare a Gerusalemme in un viaggio pieno di incongnite, dice queste parole ai credenti locali:
22 Ed ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme senza sapere le cose che là mi accadranno. 23 So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. 24 Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine [con gioia] la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio. (Atti 20)
Quindi un valore intrinseco della nostra corsa, della corsa che corriamo verso il Signore è l’aspetto missionario della corsa. Nel senso che in questa corsa, che ha come traguardo Cristo, proclamiamo il vangelo di Cristo, come ha fatto Paolo. E la corsa della Chiesa è lo strumento che Dio ha scelto per portare il suo vangelo all’estremità della terra.
Che la nostra chiesa possa migliorare nella corsa, prendere sempre più spunto da Cristo.
Che la nostra chiesa possa correre sempre di più, reagire ad ogni situazione correndo verso Dio.
Che nella nostra corsa possiamo avere sempre fermo davanti a noi l’immagine del traguardo, il premio eterno. E che mentre lo facciamo la nostra chiesa possa coinvolgere sempre più persone attraverso l’opera salvifica di Dio, e che queste persone possano portare alla nascita di nuove chiese, che inizieranno a camminare, e poi correre, e poi correre sempre meglio, e poi correre sempre di più verso il traguardo.
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