Inizio oggi leggendo il testo che ci accompagnerà in queste due ultime settimane di Luglio. Siamo nell’Antico Testamento e più precisamente siamo osservatori interessati di uno dei momenti più incredibili della Bibbia, descritto in Esodo 20, dal versetto 1 al 17. Leggiamo:
Esodo 20:1 Allora Dio pronunciò tutte queste parole:
2 «Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù.
3 Non avere altri dèi oltre a me.
4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
7 Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.
8 Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. 9 Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, 10 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; 11 poiché in sei giorni il Signore fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato.
12 Onora tuo padre e tua madre[a], affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
13 Non uccidere[b].
14 Non commettere adulterio[c].
15 Non rubare[d].
16 Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
17 Non concupire[e] la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo».
Il termine decalogo si usa spesso nella vita di tutti i giorni. Spesso allenatori, squadre, imprenditori o aziende hanno decaloghi per indicare la via verso il successo.
Oppure, se siete in procinto di partire per le vacanze, è possibile leggere articoli del tipo “Esodo estivo, ecco il decalogo di Polizia e Autostrade per viaggiare sicuri.”
Per decalogo si intende “Serie di dieci precetti ( estens., anche più o meno), che riassume norme o direttive impartite a fondamento di un’attività o di una professione”. Ovviamente il decalogo più importante è quello di cui abbiamo appena letto. i 10 comandamenti o le 10 parole che Dio da a Mosè per il popolo d’Israele. Molti di noi ci sentiamo immediatamente soffocare quando sentiamo parlare di regole, leggi e comandamenti. La nostra libertà, la nostra volontà, la nostra gioia sembra essere messa subito a repentaglio quando qualcuno vuole imporci delle regole. è veramente così? è questo il senso dei comandamenti e della legge di Dio? E in che modo Cristo rientra in tutto ciò?
La domanda alla quale tu devi rispondere in queste due predicazioni è: decalogo divino, limitazioni o benedizioni?
Un po’ di contesto: il popolo di Israele è ormai schiavo in Egitto da centinaia di anni. Il faraone, che da tempo aveva dimenticato la storia di Giuseppe, opprime il popolo d’Israele e ordina addirittura di uccidere i figli maschi degli ebrei. In questo contesto ostile nasce Mosè, che viene risparmiato dalla madre e finisce alla corte del faraone. Mosè scappa dall’Egitto dopo aver ucciso un Egiziano e dopo anni, mentre fa il pastore, incontro personalmente il Signore presso il pruno ardente. Il Signore gli comunica di avere una missione da affidargli: guidare il suo popolo verso la liberazione dalla schiavitù.
Dopo 10 terribili calamità, il faraone si decide a far partire il popolo di Israele, prima di pentirsi e inseguirlo con il suo esercito. Il popolo, dopo la gioia, sperimenta lo sconforto e la disperazione fino a quando Dio non apre le acque del Mar Rosso per far passare, illeso e intatto, il suo popolo. Israele inizia il cammino verso la Terra Promessa ma dimostra ben presto di essere un popolo ingrato, peccaminoso, dal collo duro e di poca fede.
Arriviamo così ad Esodo 19, che è un capitolo chiave per capire il contesto dei dieci comandamenti e dei seguenti capitoli pieni di istruzioni per Israele. Nel capitolo 19 il Signore, dopo aver liberato il popolo, stabilisce il suo patto con Israele.
Mosè funge da mediatore tra il popolo e Dio sul monte Sinai.
Esodo 19:3 Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: «Parla così alla casa di Giacobbe e annuncia questo ai figli d’Israele: 4 “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me. 5 Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; 6 e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa[a]”. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele».
Mosè scende dal monte e dà le istruzioni al popolo, che si prepara per incontrare il Signore.
Esodo 19:16 Il terzo giorno, come fu mattino, ci furono tuoni, lampi, una fitta nuvola sul monte e si udì un fortissimo suono di tromba. Tutto il popolo che era nell’accampamento tremò. 17 Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento per condurlo a incontrare Dio; e si fermarono ai piedi del monte. 18 Il monte Sinai era tutto fumante, perché il Signore vi era disceso in mezzo al fuoco; il fumo saliva come il fumo di una fornace, e tutto il monte tremava forte.
19 Il suono della tromba si faceva sempre più forte; Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. 20 Il Signore dunque scese sul monte Sinai, in vetta al monte; e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte, e Mosè vi salì.
Questo incontro, questa conversazione tra Dio e Mosè sono chiave per capire quello che succederà dopo. Il Signore non era solamente interessato a liberare il popolo dalla schiavitù, ma era altrettanto interessato al rapporto da instaurare con il suo popolo. Le istruzioni che Dio sta per dare non sono una serie di regole per limitare, annoiare, smorzare gli uomini e le donne che sono state liberate. Sono istruzioni per garantire che questo rapporto fra Dio e uomo, tra Creatore e creatura, tra Liberatore e liberato, tra Padre e Figli possa continuare, essere vivo e prosperare. Questa verità è evidente anche all’inizio dei dieci comandamenti, quando il Signore afferma: io sono il Signore, il tuo Dio.
Questa cosa è ancora più vera oggi. I comandamenti che seguiamo, le istruzioni della Parola di Dio non sono mai delle regole che ci limitano o dei modi per raggiungere la salvezza. Israele era già stato salvato e liberato. Noi credenti siamo già liberati e salvati. Non conquistiamo la libertà dalla schiavitù del peccato, Cristo lo ha fatto. Ma ci impegniamo per godere appieno delle benedizioni relazionali della salvezza che Cristo ci dona.
Un ultimo commento che credo sia importante. Il decalogo, i 10 comandamenti sono famosi, famosissimi. Sono anche abbastanza chiari. Forse la domanda ermeneutica più critica è: in che modo si applicano a noi i comandamenti? Visto che i 10 comandamenti non sono che l’inizio di una lunga serie di istruzioni e leggi che sono descritte nei capitoli successivi ma anche nei capitoli e libri che vengono dopo, in che modo si applicano a noi?
A volte si divide la legge in 3 tipi: legge morale, legge cerimoniale, e legge civica. Secondo questa distinzione, la legge morale si applica anche ai credenti oggi,mentre la legge cerimoniale e civica non si applica più. Si tratta di una distinzione utile, ma un pò macchinosa e imposta al testo biblico.
Come abbiamo detto i 10 comandamenti vengono dati ad un popolo specifico, Israele, e vengono dati in un periodo ben preciso, dopo la liberazione dall’oppressione egiziana. Si applicano anche a noi? Se sì, come, visto che il Nuovo Testamento dichiara in Ebrei 8:13 “ Dicendo: «Un nuovo patto», egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è prossimo a scomparire.”?
Prendendo spunto da un testo che ho consultato[1], voglio commentare insieme a voi questi comandamenti osservando innanzitutto cosa questi comandamenti significano per Israele, cosa possono significare per noi, qual è il nostro problema e come Cristo adempie alla legge.
Comandamento
1) Non avere altri dèi oltre a me.
Cosa significava per Israele?
La libertà ricevuta dal Signore, ricevuta dall’unico Dio che era in grado di compiere tutte le gesta descritte dal libro dell’Esodo, imponeva una lotta serrata contro ogni altro dio.
La mancata obbedienza a questo comandamento voleva dire vivere secondo i dettami di dei corrotti, malvagi, violenti, in un mondo nel quale i più forti opprimevano i più deboli e voleva dire allontanarsi dalla comunione con Dio.
Cosa significa per noi?
Significa non amare di più o dare più importanza a qualcuno o qualcosa che non sia Dio.
Significa riconoscere in ogni istante, in ogni sfida, in ogni esame fallito, in ogni colloquio cannato, in ogni dispiacere, che Dio è il nostro Dio e credere che lui è sufficiente.
Qual è il problema?
Spesso il problema è che amiamo noi stessi più di ogni altra cosa. Il nostro io si erge al di sopra di Dio.
Pensiamo di poter avere il controllo sopra ogni situazione, pensiamo di poter dire a Dio cosa fare e cosa non fare.
Ci riteniamo onnipotenti e onniscienti.
Come adempie Cristo questo comandamento?
Gesù, fattosi uomo, adempie alla sua missione onorando, glorificando e sottomettendosi in ogni istante a Dio padre.
Sconfigge il diavolo che lo tenta e ci offre la sua vittoria in modo che noi ora possiamo vivere la nostra vita diminuendo in modo che Egli cresca, vivere la nostra vita in modo che lui sia il nostro unico Dio.
Spesso si dice che dovremmo mettere Dio al primo posto. Capisco cosa si intende e probabilmente l’ho detto anche io. Ma si corre il rischio di pensare che Dio è simile agli altri elementi che compongono la nostra lista.
Un’immagine più corretta invece è quella di un giardino acquatico. Al centro di questo giardino c’è una roccia, stabile. La roccia rappresenta Dio. Tutto attorno a questa roccia ci sono dei fiori di loto che galleggiano. Questi fiori rappresentano tutte le cose presenti nella nostra vita: la nostra famiglia, la nostra chiesa, il nostro lavoro, i nostri hobby. A volte il fiore di loto che rappresenta la nostra famiglia è più vicino al centro e prende tanto del nostro tempo. In altri periodo può essere il lavoro. In altri momenti uno svago. Ma al centro c’è sempre la roccia, c’è sempre Dio. Tutto il resto cambia di importanza, ma Dio no.
Comandamento
2) 4 Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Cosa significava per Israele?
Per Israele questo voleva dire non conformarsi ai popoli circostanti, i quali avevano tutti idoli fatti di pietra, di legno, di metalli o che adoravano agenti atmosferici o ancora elementi naturali come montagne, fiumi, etc…
Erano idoli senza alcun potere, che però ricevano l’adorazione e la piena attenzione e devozione delle persone.
Cosa significa per noi?
Un commentario ha scritto queste parole:
“Non confondere il Creatore con il creato, la tentazione dell’idolatria è quella di confinare Dio alla nostra umanità, di concepirlo in termini nostri, rivelando tra l’altro la religiosità inerente del cuore umano.” [2]
Qual è il problema?
Come ha detto un famoso teologo: “il nostro cuore è una fabbrica di idoli.” Creiamo e adoriamo di continuo dei che non ci possono soddisfare.
Siamo fatti per adorare ma la nostra ricerca non ci porta che ad allontanarci da Dio, come ci ha ricordato Samuel predicando su Romani 1.
Cerchiamo in cose create che vediamo attorno a noi la nostra gioia, la nostra speranza, la nostra identità: una squadra di calcio, un ristorante, un lavoro, una relazione, un titolo di studio.
Creiamo e amiamo dei dei che possiamo controllare e gestire e che possano servirci, invece di prostarci e servire noi l’unico vero Dio, che è un Dio geloso, che non merita e non vuole essere tradito e che invece benedice chi lo ama.
Come adempie Cristo questo comandamento?
Gesù è venuto, si è mostrato in maniera molto più chiara del monte Sinai. é venuto in modo da mostrarci la Gloria di Dio.
“14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.” (Giovanni 1).
Non solo abbiamo contemplato la sua gloria, ma come abbiamo detto domenica scorsa abbiamo anche sperimentato il suo amore.
Immaginate un re che, con tutto il suo splendore, la sua ricchezza, la sua sfarzosità, viene a sporcarsi le mani con te a lavoro, si siede vicino a te per aiutarti a studiare, dorme nella tua stanza per rassicurarti quando sei vittima dell’ansia.
è quello che ha fatto Gesù. E visto che abbiamo contemplato la sua gloria, visto che abbiamo sperimentato il suo amore e il suo conforto, non dovremmo più sentire il bisogno di creare altri dei da adorare, e quando lo facciamo dobbiamo abbatterli e distruggerli come farà Mosè con il vitello d’oro.
Comandamento
3) 7 Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.
Cosa significava per Israele?
Significava non usarlo nelle promesse, non nominarlo per cose futili e che non onoravano Dio. Significava che le guide sia spirituali che terrene del popolo non potevano usare il nome di Dio per sfruttare il popolo o per offrire insegnamenti sbagliati al popolo.
Cosa significa per noi?
Viviamo in una regione in cui le bestemmie, purtroppo, sono pronunciate continuamente.
è utile però ricordare che questi comandamenti sono indirizzati a delle persone che hanno sperimentato la liberazione di Dio. Il problema dei nostri amici non credenti non è tanto l’atto della bestemmia, ma un cuore ribelle al Signore.
La domanda quindi è: cosa significa per noi che, come Israele, abbiamo sperimentato la liberazione e redenzione di Dio? Per noi questo comandamento vuol dire non usare il nome del Signore con leggerezza, non usarlo in modo sbagliato, non usarlo in modo che possa danneggiare l’onore e la testimonianza del Signore. è un comandamento che ha a che fare con quello che noi diciamo, ma anche con il modo in cui noi viviamo la nostra vita.
Letteralmente l’originale è “non portare il suo nome in modo sbagliato.” Non fare niente che possa nuocere la reputazione di Dio.
Qual è il problema?
Qual è il problema? è evidente.
Di continuo usiamo il nome del Signore per giustificare delle nostre idee, dei nostri comportamenti o delle nostre scelte.
La frase “il Signore mi ha detto” oppure “il Signore mi ha fatto capire” o ancora “il Signore vuole” vengono purtroppo anche usate per difendere scelte scellerate ed egoistiche.
Col nostro comportamento poi non onoriamo il Signore: siamo persone poco coerenti con la Legge di Dio, persone che non sono un esempio di integrità, di amore, di umiltà.
Come adempie Cristo questo comandamento?
In che modo Gesù ha adempiuto al terzo comandamento?
Gesù non ha mai usato il nome del Padre invano, non ha mai citato l’AT in modo incorretto o per giustificare una sua scelta egoistica o sbagliata.
Gesù ha vissuto una vita perfetta, onorando in ogni cosa il Padre celeste. In questo modo ha vissiuto la vita perfetta che noi avremmo dovuto vivere, in modo che, uniti a lui, potessimo godere dei meriti di questa sua vita perfetta.
Gesù è stato il Sommo Sacerdote per tutti noi, in modo che noi oggi potessimo diventare, tutti, suoi sacerdoti in questo mondo, come anticipato in Esodo 19 e confermato in 1 Pietro 2: Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; 10 voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
Comandamento
4) 8 Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. 9 Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, 10 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; 11 poiché in sei giorni il Signore fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato.
Cosa significava per Israele?
Per il popolo d’Israele questo comandamento significava non conformarsi ai popoli circostanti, non vedere il lavoro come un modo per arricchirsi solamente e per opprimere il prossimo, ma vedere il lavoro come qualcosa creato da Dio e che deve rispettare ed onorare Dio.
Cosa significa per noi?
Significa riconoscere che Dio è sovrano, che è lui che provvede ai nostri bisogni anche attraverso il lavoro. Significa che il lavoro non dovrebbe controllarci o che non dovremmo controllare altri con il lavoro.
Significa usare bene il lavoro, ma saper godere anche del riposo. Significa non essere schiavi del lavoro, ma dimostrare anche nei fatti che crediamo che il Signore è sovrano è provvederà, dalla salvezza delle persone ai nostri bisogni quotidiani.
Qual è il problema?
Dovremmo trovare il nostro riposo in Dio, invece pensiamo di riuscire ad avere il controllo sulle nostre vite per mezzo del nostro lavoro, il nostro impegno, le nostre opere.
Diciamo di fidarci di Dio ma con la nostra vita dimostriamo il contrario, e questo è vero sia per le cose spirituali che per le cose terrene.
Come adempie Cristo questo comandamento?
Gesù afferma in punto di morte: tutto è compiuto. Il lavoro è stato fatto, non c’è nulla da aggiungere. Cristo diventa attraverso la sua morte e resurrezione il nostro perdono, la nostra Terra Promessa, la nostra identità, il nostro valore e il nostro riposo.
Ebrei 4:4 Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso… 7 Dio stabilisce di nuovo un giorno – oggi – dicendo per mezzo di Davide[e], dopo tanto tempo, come si è detto prima:
«Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!»[f]
La legge di Dio si adempie in Cristo in modo che noi possiamo trovare in lui il giusto equilibrio nella vita e nel lavoro.
Decalogo divino: limitazioni o benedizioni?
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Come adempie Cristo questo comandamento? |
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[1] Exodus for you, Tim Chester
[2] Esodo, il Dio del patto, Gian Paolo Aranzulla, 83.
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