C’era una volta, tanti tanti anni fa, una ragazzina che si chiamava Myriam. Myriam era nata in una piccola famiglia semplice, che viveva in campagna e tirava avanti senza particolari alti o bassi. La vita di tutti i giorni scorreva via tranquilla, tra il lavoro, le visite ai vicini, le storie su Dio che si raccontavano e a volte faticava a credere, i momenti di preghiera, le feste nel villaggio. Myriam era una ragazza timida ma molto gentile e sempre propensa ad aiutare il prossimo. Amava giocare con i bambini del villaggio e ascoltare le donne più anziane quando raccontavano storie. Da poco era stato ufficializzato il suo fidanzamento e Myriam non vedeva l’ora di metter su la propria famiglia in quel contesto rurale e tranquillo.
Era proprio a quello che pensava Myriam mentre camminava verso il fiume poco fuori il villaggio. Era così sovrappensiero che nemmeno si accorse di quello che stava succedendo, non si accorse della fatalità che avrebbe stravolto la sua vita…
A poche centinaia di km dal villaggio di Myriam, in una grande città, in uno dei palazzi più imponenti, viveva un uomo anziano facoltoso, influente e potente. Era nato in una famiglia importante ed era cresciuto alla corte del re. Sin da giovane si era distinto per la sua forza fisica e per il valore nei combattimenti. In varie battaglie aveva risolto situazioni complicate per il re ed era addirittura diventato generale del suo esercito, nonché uno dei suoi consiglieri più fidati. In tutto il paese era conosciuto per essere severo e rigoroso, ma anche leale e giusto. Un uomo che aveva costruito e basato tutta la sua vita e tutto il suo successo sul duro lavoro, sul valore, sulla disciplina, sulla capacità umana di gestire la propria vita. Un vita nella quale Dio non esisteva, e se esisteva sicuramente non si interessava della vita degli esseri umani. Secondo il generale, ogni uomo era responsabile della sorte della propria vita. È proprio per questo motivo che la sua vita era stata stravolta da una malattia sulla quale non aveva alcun controllo, una malattia che aveva iniziato a intensificarsi, mettendo in crisi tutta la sua esistenza…
Da una parte una giovane ragazza semplice e ingenua, dall’altra un uomo all’apice del successo. Accomunati da una sola cosa: la fatalità e la sofferenza della vita.
Tim Keller, un pastore e teologo americano, ha scritto qualche anno fa:
Non importa quali precauzioni prendiamo, non importa quanto bene abbiamo costruito una bella vita, non importa quanto duramente abbiamo lavorato per essere sani, ricchi, a nostro agio con gli amici e la famiglia e avere successo nella nostra carriera: qualcosa inevitabilmente lo rovinerà. (Tim Keller).
Che effetto fanno queste parole nella tua vita? Magari pensi siano delle parole di un vecchio cinico, di una persona che pensa sempre al peggio. Oppure stai vivendo un momento di sofferenza, di prova, di circostanze inaspettate e pensi che siano estremamente vere?
I due personaggi che vi ho descritto non sono mai esistiti. O meglio, sono esistiti ma tanti dei dettagli che vi ho raccontato sono verosimili ma romanzati. Addirittura, nel racconto che sto per leggervi la ragazza non ha un nome mentre il capo dell’esercito si.
2 Re 5:1-19
2 Re 5:1 Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo tenuto in grande stima e onore presso il suo signore, perché per mezzo di lui il Signore aveva reso vittoriosa la Siria; ma quest’uomo, forte e coraggioso, era lebbroso. 2 Alcune bande di Siri, in una delle loro incursioni, avevano portato prigioniera dal paese d’Israele una ragazza che era passata al servizio della moglie di Naaman.
Ecco i nostri due personaggi. Da una parte una ragazza ebrea, senza nome, che viene fatta prigioniera e portata lontana da casa, schiava in terra straniera e pagana.
Dall’altra parte Naaman, il capo dell’esercito siriano: forte, coraggioso, intimo con il re ma malato, lebbroso.
Sopra ad entrambi, però, un Dio sovrano. Naaman pensava forse di avere il controllo sulla propria vita e sul proprio successo, ma i versetti ci dicono che Dio aveva usato Naaman per portare avanti il suo piano. Quello stesso Dio aveva permesso la prigionia di una povera ragazzina e aveva permesso la malattia di Naaman.
E qui la prima domanda: sei consapevole che quello che stai sperimentando nella tua vita rientra nella sovranità di Dio?
3 La ragazza disse alla sua padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che sta a Samaria! Egli lo libererebbe dalla sua lebbra!» 4 Naaman andò dal suo signore e gli riferì la cosa, dicendo: «Quella ragazza del paese d’Israele ha detto così e così». 5 Il re di Siria gli disse: «Ebbene, va’; io manderò una lettera al re d’Israele». Egli dunque partì, prese con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci cambi di vestiario; 6 e portò al re d’Israele la lettera, che diceva: «Quando questa lettera ti sarà giunta, saprai che ti mando Naaman, mio servitore, perché tu lo guarisca dalla sua lebbra». 7 Appena il re d’Israele lesse la lettera, si stracciò le vesti e disse: «Io sono forse Dio, con il potere di far morire e vivere, ché costui mi chieda di guarire un uomo dalla lebbra? È cosa certa ed evidente che egli cerca pretesti contro di me».
8 Quando Eliseo, l’uomo di Dio, udì che il re si era stracciato le vesti, gli mandò a dire: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga pure da me, e vedrà che c’è un profeta in Israele». 9 Naaman dunque venne con i suoi cavalli e i suoi carri, e si fermò alla porta della casa di Eliseo. 10 Ed Eliseo gli inviò un messaggero a dirgli: «Va’, làvati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana e tu sarai puro». 11 Ma Naaman si adirò e se ne andò, dicendo: «Ecco, io pensavo: egli uscirà senza dubbio incontro a me, si fermerà là, invocherà il nome del Signore, del suo Dio, agiterà la mano sulla parte malata, e guarirà il lebbroso. 12 I fiumi di Damasco, l’Abana e il Parpar, non sono forse migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei lavarmi in quelli ed essere guarito?» E, voltatosi, se ne andava infuriato.
La storia della ragazza è raccontata in pochissime righe e con pochissime parole. Eppure possiamo intravedere molto in queste poche parole. Nonostante avesse perso tutto, nonostante vivesse come schiava presso una famiglia straniera, nonostante sicuramente stesse sperimentando una grande sofferenza sembra chiaramente trapelare un cuore sorretto dal Signore e sottomesso al Signore. Un cuore che sembrava aver capito che il modo migliore per affrontare la sofferenza è affidandosi a Dio. La ragazza nonostante la difficoltà della vita nella quale era stata catapulta sembra aver lavorato in modo da avere un cuore tenero, morbido, gentile.
Quando infatti viene a sapere che il marito della sua padrona è malato non fa finta di niente, non gioisce segretamente perché il karma aveva fatto il suo, ma invece propone un aiuto concreto e presenta il Signore, il Dio del suo popolo, il Dio che aveva permesso tanta sofferenza nella sua vita, come unica soluzione. Che incredibile storia e incredibile testimonianza! Stai vivendo la tua sofferenza in modo simile? Gesù ti promette riposo e pace se ti senti stanco e afflitto, ma devi andare a lui, “venite a me”. Gesù non si impone, ma aiuta in maniera impensabile chi si affida a lui.
Stai vivendo la tua sofferenza in modo simile?
Oppure sei più simile a Naaman, il quale approccia la sofferenza pensando di poterla risolvere da sé. Naaman dà ascolto alla serva, e poi si mette in azione come davanti a qualsiasi altro problema. Naaman vede la malattia come un altro problema da risolvere, un’altra battaglia da vincere. Tutto dipende da lui e dalle sue capacità. Per prima cosa parla con la persona più influente che conosce, il re, il quale gli scrive una lettera. Poi prepara una grande quantità di ricchezze (circa 340 kg d’argento e 70 kg d’oro) e parte con carri, cavalli e servi.
E cosa fa una volta arrivato in Israele? Per prima cosa si rivolge alla persona che immagina essere più influente e potente nel regno, il Re. Ma il re ha una crisi di panico, non pensando minimamente al Signore.
Ma Eliseo, il profeta, non si lascia spaventare da questa situazione, dimostrando la sua grande fede nell’Eterno.
Il problema, dal punto di vista di Naaman, è che questo profeta non sembra affatto impressionato dalla dimostrazione di forza, ricchezza e potenza. E questa cosa lo innervosisce. E lo innervosisce ancora di più la richiesta assurda del profeta, di bagnarsi per 7 volte nel Giordano.
Tutto questo sembrava assurdo per un uomo abituato a gestire le cose secondo il modo di fare di questo mondo. Tuffarsi in un fiume per guarire dalla malattia? Al massimo, se l’acqua è particolarmente sporca, in un fiume puoi stare male, come successo ai giochi olimpici di Parigi nella Senna.
13 Ma i suoi servitori si avvicinarono a lui e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, tu non l’avresti fatta? Quanto più ora che egli ti ha detto: “Làvati, e sarai guarito”». 14 Allora egli scese e si tuffò sette volte nel Giordano, secondo la parola dell’uomo di Dio; e la sua carne tornò come la carne di un bambino: egli era guarito.
Seguire la via di Dio può sembrare assurdo, ai nostri occhi umani. In che senso la salvezza si riceve solo per fede? In che senso non posso contribuire?! In che senso la salvezza viene da un uomo che è morto crocifisso 2000 anni fa? In che senso se credo in lui devo decidere di affidarmi sempre a lui? In che senso devo sempre credere che lui vuole il mio bene, anche quando sto soffrendo? In che senso devo perdonare i miei nemici e chi è ingiusto nei miei confronti?
Seguire Dio può sembrare assurdo, soprattutto quando si sta soffrendo. Però Naaman lo fa, e viene completamente guarito. Lo fa con poca fede, con dei dubbi, lo fa perché è incoraggiato da un altro servo. Però lo fa e il Signore risponde.
15 Poi tornò con tutto il suo sèguito dall’uomo di Dio, andò a presentarsi davanti a lui e disse: «Ecco, io riconosco adesso che non c’è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele. E ora, ti prego, accetta un regalo dal tuo servo». 16 Ma Eliseo rispose: «Com’è vero che vive il Signore di cui sono servo, io non accetterò nulla». Naaman insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. 17 Allora Naaman disse: «Poiché non vuoi, permetti almeno che io, tuo servo, mi faccia dare tanta terra quanta ne porteranno due muli; poiché il tuo servo non offrirà più olocausti e sacrifici ad altri dèi, ma solo al Signore. 18 Tuttavia il Signore voglia perdonare una cosa al tuo servo: quando il re mio signore entra nella casa di Rimmon per adorare, e si appoggia al mio braccio, anch’io mi prostro nel tempio di Rimmon. Voglia il Signore perdonare a me, tuo servo, quando io mi prostrerò così nel tempio di Rimmon!» 19 Eliseo gli disse: «Va’ in pace!»
Egli se ne andò e fece un buon tratto di strada.
Seguire la via di Dio, fidarsi di lui può sembrare una pazzia ma è l’unico modo per trovare vera consolazione, vera guarigione, vera speranza in mezzo alla sofferenza. Alla fine della storia la ragazza e Naaman sono accomunati non soltanto dalla sofferenza ma anche dall’aver fatto affidamento su Dio nella sofferenza, dall’aver sperimentato la grandezza e la pace di Dio in mezzo alla tempesta.
Questa è una cosa incredibile di Dio. Tanti altri dei possono promettere gioia ed eccitazione. Sono stato a Parigi qualche giorno per le Olimpiadi e l’eccitazione, la frenesia, la gioia erano palpabili. Ma solo il nostro Dio può dare un senso alla sofferenza. È una cosa che rende il cristianesimo unico.
Sempre Keller ha affermato “Il cristianesimo insegna che, in risposta al fatalismo, la sofferenza è schiacciante; in risposta al buddismo, che la sofferenza è reale; in risposta al karma, che la sofferenza è spesso ingiusta; ma in risposta al secolarismo, che la sofferenza è significativa. Ha uno scopo e, se affrontata nel modo giusto, può spingerci come un chiodo in profondità nell’amore di Dio e in una stabilità e un potere spirituale maggiori di quanto si possa immaginare.”
Sia la ragazza sia Naaman sono trasformati per il meglio dalla sofferenza, perché hanno permesso a Dio di operare nella sofferenza. La ragazza riesce a mantenere un cuore gentile nonostante la prigionia, Naaman conosce personalmente il Re dei re e Signore dei signori grazie alla malattia e alla guarigione. Ed è incredibile leggere le parole di Naaman dopo questa esperienza, il quale riconosce pubblicamente che il Dio d’Israele è l’unico vero Dio e addirittura si fa dare della terra in modo da offrire sacrifici a Dio sulla “terra santa” e non sulla terra pagana della Siria.
L’esempio perfetto di questo atteggiamento di fronte alla sofferenza è Gesù, che a distanza di molti anni si immerge anche lui nel Giordano, non perché fosse malato ma per immedesimarsi completamente con gli uomini attraverso il battesimo. L’esempio perfetto di una vita di sofferenza vissuta nel Signore è Gesù, che Isaia 53 3 ci descrive come “disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.” Un uomo familiare con la sofferenza, fino alla morte in croce che però non paralizza l’esistenza di Gesù. Anzi. La sofferenza viene redenta da Dio per darle uno scopo unico, glorioso. Attraverso la sofferenza Gesù rende possibile la nostra salvezza e guarigione.
Nella tua sofferenza vai a Gesù, lui ti capisce. Nella tua sofferenza, trova significato in Gesù. Trovare significato non vuol sempre dire capire o avere le risposte, ma significa abbandonarsi nelle sue braccia, fidarsi di lui, permettergli di guarirti. Questa storia ci esorta ad abbandonarci a Gesù, nella nostra sofferenza, a fidarci di lui, a credere che Lui agirà sempre per il nostro bene.
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