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Gioia
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Unione in Cristo
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Unità fra i fratelli
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Vangelo
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Il ritorno di Cristo
15 Anche voi sapete, Filippesi, che quando cominciai a predicare il vangelo, dopo aver lasciato la Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di nulla per quanto concerne il dare e l’avere, se non voi soli; 16 perché anche a Tessalonica[c] mi avete mandato, una prima e poi una seconda volta, ciò che mi occorreva. 17 Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che abbondi a vostro conto. 18 Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell’abbondanza. Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a Dio. 19 Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù. 20 Al Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.”
In questa ultima sezione della lettera Paolo ringrazia esplicitamente la chiesa per il dono economico che aveva ricevuto per mezzo di Epafrodito. Non era la prima volta che la chiesa raccoglieva dei soldi da mandare a Paolo, avendo già mandato qualcosa a Tessalonica in altre due occasioni. Era però da un po’ che Paolo non riceveva un dono da parte dei Filippesi.
Alcuni di noi in questa chiesa sono persone che portano avanti un ministero sostenuti economicamente da chiese a amici, altri sono nel processo di diventarlo. Penso che tutti noi abbiamo ricevuto dei soldi da parte di parenti o amici per studiare, comprare casa o macchina, trasferirci in una nuova città. E quindi sappiamo che trattate il tema economico spesso non è semplice. In questi versetti Paolo parla del dono che ha ricevuto dai filippesi e dal tono sembra anche in questo caso trapelare un po’ di imbarazzo. Ma forse l’imbarazzo di Paolo è dato da dei motivi diversi.
D’altronde a chi non fa piacere ricevere dei soldi. Ma da cosa era dovuta questa gioia? Dall’aver ricevuto dei soldi? Dall’essere più ricco? Chiaramente no.
Paolo era contento di aver ricevuto questo dono perché esso era una dimostrazione del vangelo che cresceva nella chiesa di Filippi e portava frutto. Paolo poteva gioire perché nel gesto dei filippesi vedeva una chiara opera buona, frutto di una relazione con il Dio che ha amato dando tutto sé stesso, donando tutto sé stesso.
Qualche mese fa con la chiesa a Lucca abbiamo dovuto decidere se e come sostenere economicamente la fondazione di Pisa. Una domanda è stata “come siete messi economicamente a Pisa?” Grazie a Dio ho potuto dire che non abbiamo necessariamente bisogno di altri soldi. Con i nostri doni riusciamo a coprire le spese che abbiamo. Ma i soldi non si donano solo perché c’è un bisogno, ma anche perché è la cosa giusta da fare, perché è un frutto del nostro vivere con Cristo.
L’offerta economica della chiesa di Filippi può essere paragonata all’amore e al sacrificio di Cristo di fronte a Dio. Dovremmo pensare anche a questo quando con i nostri soldi sosteniamo una chiesa, un progetto, un missionario. Investiamo, bruciamo, in un certo senso, i nostri soldi come un sacrificio per il Signore.
Dio ci ha già dato tutto quello di cui abbiamo bisogno in Cristo. Dio ci ha dato tutto il suo amore, tutta la sua giustizia, tutta la sua santità, in Cristo che, come abbiamo visto mercoledì sera all’incontro, è morto per noi sulla croce.
Paolo è quindi gioioso per la forza che riceve in Cristo, per il frutto della chiesa di Filippi e per la provvidenza di Dio nei confronti dei suoi figli.
Arrivati alla fine di questa lettera mi domanda: e io come voglio vivere? Voglio trovare la mia gioia nell’avanzamento del vangelo in Cristo, come ha fatto Paolo?
Se la risposta è si, devo trovare allora la mia gioia nel Signore. In particolar modo questo testo ci esorta a trovare la nostra forza nel Signore, a sapere che qualsiasi fase della mia vita io stia affrontando, posso farlo con il Signore. Forse mi mancano dei soldi, forse sto cercando del sostegno per poter lavorare come missionario, forse, come nel mio caso in questo periodo, non ho quella casa che vorrei poter avere per servire di più il Signore, forse sto affrontando degli esami all’università particolarmente difficili. In qualsiasi situazione posso fare affidamento nella forza che ho nel Signore. Che non vuol dire che sono invincibile, imbattibile, non vuol dire che posso fare qualsiasi cosa, ma che posso fare ogni cosa nella quale Dio mi chiama e attraverso la quale Dio mi fortifica in Cristo.
Se la risposta è si, devo trovare la mia gioia, come Paolo, nell’avanzamento del vangelo nella sua chiesa. Devo imparare a incoraggiare, spronare, ringraziare, sostenere, edificare i miei fratelli e le mie sorelle non per tornaconto personale ma per il loro tornaconto spirituale e per la gioia che Dio ne prova. È una gioia che va oltre quello che provo io e faccio io, ma che si manifesta in ugual misura quando il vangelo di Dio risplende in altre persone della chiesa. Quando parlo con potenziali sostenitori dovrei parlare non soltanto del mio bisogno, che comunque è nelle mani di Dio, ma anche di come un eventuale sostegno è un frutto evidente del vangelo e una cosa gradita a Dio.
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