Mentre venivo in macchina all’incontro in radio è passato il primo singolo di Sting, “If you love somebody, set them free”. Ovvero, se ami qualcuno, liberalo. E pensavo che è proprio quello che Gesù ha fatto. è venuto per amore ed è venuto per liberarci. Per liberarci da rigide leggi umane che tolgono la gioia dal servizio al Signore. Nel momenti in cui togliamo Gesù dall’equazione, tutto il resto cade. è quello che vediamo oggi insieme, finendo il quinto capitolo di Luca.
Luca 5: 33 Essi gli dissero: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e pregano, così pure quelli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono[g]». 34 Gesù disse loro[h]: «Potete far digiunare gli amici dello sposo[i], mentre lo sposo è con loro? 35 Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto; allora, in quei giorni, digiuneranno». 36 Disse loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio[j], altrimenti strappa il nuovo e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. 37 Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino nuovo fa scoppiare gli otri e si spande, e gli otri vanno perduti. 38 Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi. 39 {E} nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: “Il vecchio è buono”».
Nei primi capitolo i farisei non sono mai stati nominati. La prima volta che li abbiamo esplicitamente incontrati è stato durante il miracolo del paralitico che era stato portato dagli amici da Gesù e che Gesù aveva salvato e guarito. Da quel momento in poi essi assumono un ruolo importante nella narrazione di Luca. E diventano sempre più forti nella loro opposizione. Inizialmente avevano avuto dei pensieri negativi riguardo a Gesù, poi avevano attaccato i discepoli di Gesù. Ora, continuando il discorso scaturito dalla chiamata di Levi, si rivolgono direttamente a Gesù però senza attaccare ancora direttamente Gesù ma i suoi discepoli.
A Gesù non viene fatta una domanda, ma solo fatto notare che i discepoli di Giovanni il Battista digiunavano e pregavano. Anche i discepoli dei farisei digiunavano e pregavano. è facile immaginare che entrambe le categorie, i discepoli di Giovanni e dei farisei, praticassero queste discipline spirituali imitando i loro leader. I discepoli di Gesù, invece, non digiunavano e non pregavano e questo si rifletteva in malo modo sul loro leader, Cristo.
Ma, in che senso, i discepoli non digiunavano e non pregavano? Abbiamo già visto chiaramente in questi primi 5 capitoli del Vangelo di Luca quanto sia importante la preghiera per Gesù e per le persone che seguono Dio. Abbiamo anche visto che il ministero di Gesù aveva avuto inizio con 40 giorni di digiuno nel deserto. I farisei erano rinominati per le loro pratiche religiose, perché si assicuravano che tutti potessero notare quanto fossero devoti. Per loro il digiuno era il digiuno che si dimostrava a tutti quanti, e la preghiera quella fatta in pubblico. è possibile immaginare che anche i discepoli di Giovanni, che erano cresciuti in questo contesto, avessero continuato a praticare in maniera visibile il digiuno e la preghiera. Gesù avrebbe quindi potuto poggiare su questa cosa la propria risposta, usando magari le sue stesse parole, come quelle che troviamo in Matteo 6:5-6
«Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno.
E poi dal versetto 18
16 «Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità: questo è il premio che ne hanno. 17 Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, 18 affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa[f].
Oppure avrebbe potuto rispondere raccontando si una parabola, come ha fatto, ma usando le parole della parabola riportata sempre da Luca al capitolo 18:
Luca 18:9 Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: “O Dio, ti
ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. 12 Io digiuno due volte la settimana, pago la decima su tutto quello che possiedo”. 13 Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” 14 Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato, ma chi si abbassa sarà innalzato».
Queste parole avrebbero chiuso il discorso e mostrato tutta l’ipocrisia dei farisei. Oppure il Signore avrebbe potuto far notare ai farisei che l’Antico Testamento prevedeva un solo giorno di digiuno l’anno, e che quindi il Signore non richiedeva affatto che le persone digiunassero due volte a settimana.
Invece Gesù risponde in maniera inaspettata ai farisei. Gesù inizia a parlare di matrimoni, vestiti, e vini. E lo fa per dimostrare che i farisei, con la loro presunzione, con la loro attenzione ai dettagli, con le loro rigide regole, stavano completamente mancando il bersaglio.
Conoscete l’espressione “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”? Beh è proprio quello che stava accadendo. Il Signore Gesù era il Messia, il Figlio di Dio, il grande profeta venuto a rivelare la grandezza e la bellezza del piano di Dio, e i farisei si ostinava a osservare, giudicare, misurare, guardare il dito piuttosto che la luna.
Lo sposo e il matrimonio
34 Gesù disse loro: «Potete far digiunare gli amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro? 35 Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto; allora, in quei giorni, digiuneranno».
Come sapete ultimamente sono stato ad un matrimonio insieme ai Giannone, in Sicilia. Il matrimonio è stato celebrato nel mezzo delle restrizioni COVID di questo periodo. Queste restrizioni tendono, per forza di cose, a smorzare un po’ l’entusiasmo. Non ci si può abbracciare, non si possono creare assembramenti, non si può avere il buffet, non si può avere l’angolo bar, non si può andare da un tavolo all’altro, non si può ballare. Mi chiedo se i promessi sposi non avessero timore di sposarsi con un evento che non assomigliasse più ad un funerale che ad una festa matrimoniale, mi chiedo se i promessi sposi non temessero di essere ricordati come quelli del matrimonio più triste di sempre.
Invece, e Sergio e Aliona credo che confermeranno quello che sto dicendo, è stata una giornata gioiosa. Quando due persone si uniscono in matrimonio, quando questo avviene tra amici e parenti, quando si riflette sull’immagine biblica di un matrimonio, quando si loda insieme, quando si mangia insieme, è davvero difficile smorzare l’entusiasmo. è difficile impedire alle persone di fare dei gruppetti, è difficile impedire degli abbracci da parte di genitori e parenti emozionati, è impossibile non essere contenti per il buon cibo che viene servito.
Gesù ci ricorda che la sua venuta equivale alla presenza dello sposo al matrimonio. Che la sua venuta è una cosa da festeggiare, e che niente dovrebbe fermare questa festa. Il matrimonio per tanti è uno dei giorni più attesi della propria vita. Israele era da tanto, tantissimo tempo che stava aspettando questo giorno. Il popolo di Dio aspettava da secoli l’avvento del Messia. E ora che era finalmente arrivato, piuttosto che capire quello che stava succedendo e gioire perché Dio aveva mantenuto la parola data, i farisei mugugnavano e borbottavano.
E poi Gesù annuncia anche lo sposo non resterà per sempre con gli amici, ma che verrà tolto. Sappiamo che Gesù verrà tolto di mezzo. Sappiamo che il nostro Signore è stato strappato dai suoi amici con la forza, per venire ingiustamente condannato, torturato e poi appeso ad una croce. Sappiamo che gli amici di Gesù, i discepoli, in quel momento hanno fatto cordoglio e probabilmente digiunato anche.
Il problema quindi non è tanto il digiuno di per se. Anzi, il digiuno è una disciplina che come credenti faremmo bene a praticare. Perché? Perché lo sposo ci è stato tolto. Anche se Gesù è resuscitato, anche se Gesù è vivo e presente nelle nostre vite, in questo momento viviamo una vita in esilio, in una terra che, per quanto bella, non ci appartiene completamente. Il digiuno ci aiuta a rifocalizzarci su ciò che è importante, sullo sposo che deve tornare.
Il problema quindi non era il digiuno, ma il fatto che i farisei si stavano concentrando su delle pratiche umane piuttosto che celebrare quello che Dio stava facendo.
Il vestito vecchio e la pezza nuova
Disse loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio[j], altrimenti strappa il nuovo e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio.
Io sono cresciuto in una chiesa nella quale si usava tanto riciclare i vestiti. Quindi gli stessi vestiti che venivano comprati per un bambino o un ragazzo nel corso degli anni venivano poi indossati da ragazzi più giovani. Le nostre mamme non buttavano via niente e cercavano di essere più efficienti possibili con quello che avevano a disposizione.
Ovviamente nessuna delle nostre mamme avrebbe strappato un pezzo da un jeans o da una felpa nuova per metterlo su uno vecchio. In questo modo avrebbero solo rovinato il vestito nuovo e non avrebbero fatto una cosa ragionevole o economicamente sensata.
Penso che quello che Gesù voglia far capire sia abbastanza chiaro. Il Signore Gesù era venuto per presentare un nuovo Patto, una nuova era per la relazione tra Dio e l’essere umano. Qualcosa di molto meglio di una pezza su un vecchio vestito. Gesù era venuto offrendo un nuovo vestito. Eppure c’erano delle persone che si ostinavano a parlare delle pezze. Quando, come i farisei, ci concentriamo su metodi, pratiche umane, sui 7 passi per pregare meglio, 5 consigli per digiunare, 10 regole per una fede più forte e ci dimentichiamo di Gesù, facciamo come i farisei e guardiamo alle pezze piuttosto che guardare a Gesù.
Gli otri vecchi e il vino nuovo
Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino nuovo fa scoppiare gli otri e si spande, e gli otri vanno perduti. 38 Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi.
Ai tempi di Gesù si usava la pelle degli animali, in genere capre, per creare degli otri, dei contenitori, dove mettere il vino. Con il passare degli anni, con l’usura, il caldo, questi otri tendevano a perdere la proprio elasticità e diventavano duri. E se si metteva del vino nuovo, fresco, che fermenta ancora in questi otri vecchi, si correva il rischio di farli scoppiare e di perdere sia gli otri che, ovviamente, il vino.
Di nuovo, l’immagine usata da Gesù è molto efficace perché rivela chiaramente quello che Gesù vuole dire. Gesù rappresenta un nuovo vino, il nuovo vino del nuovo patto, come ricorderemo tra un attimo con la santa cena. Se si vuole forzare il vino nuovo in degli otri vecchi, come stavano facendo i farisei, se si vuole forzare un nuovo tipo di religione basata sulla grazia su una religione basata su pratiche religiose usate per mettersi in mostra, allora si rischia di perdere tutto.
Gesù continua dicendo:
{E} nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: “Il vecchio è buono”».
Forse questa frase è un po’ più enigmatica. Il vino vecchio è migliore, no? Perché prendere del vino nuovo quando si può avere del vino invecchiato?
Beh, dire che il vino vecchio è sempre più buono non è vero. Il padrone di casa della mia vecchia casa ci aveva lasciato dei vini in casa dicendoci che li avremmo potuti usare.
C’erano diversi vini invecchiati, peccato che non erano vini da invecchiamento e quindi la maggior parte erano diventati aceto.
Ma qui quello che è importante non è tanto capire se sono meglio i vini vecchi o i vini novelli, alla fine sono gusti personali. Il problema è l’atteggiamento di chi ha sempre bevuto vino vecchio e, non conoscendo il nuovo, dice “il vecchio è buono.”
Oggi vogliamo riflettere e ringraziare su quello che il Signore ha portato, annunciato, reso possibile. Il Signore ha portato qualcosa di nuovo: un nuovo vestito, del nuovo vino.
Qualcosa per cui festeggiare, qualcosa per cui essere grati. Non una serie di regole da seguire per dimostrare qualcosa. Non c’è niente che possiamo dimostrare, e non c’è niente che dobbiamo dimostrare. Noi mostriamo solamente quello che Cristo ha dimostrato. I suoi meriti diventano i nostri meriti. Questo non vuol dire che pregare non è importante, anzi. Non vuol dire che il digiuno non è importante, anzi. Non vuol dire che non dobbiamo impegnarci per il suo regno, nella sua chiesa, nella sua missione, anzi.
Vuol dire che tutte queste cose, fatte senza Gesù, non hanno più senso. Vivere secondo la volontà di Dio è difficile, tutti noi lo sappiamo. E ha senso solo se Cristo è al centro di questo stile di vita. Gesù è il singolo elemento della nostra spiritualità che non possiamo dimenticare, che non possiamo trascurare, che non possiamo smettere di ammirare e celebrare.
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