Romani 5 | I frutti della giustificazione per Fede #5 | Samuel Simoni

 

I frutti della giustificazione per fede
Forse ricorderete la nostra prima riflessione sulla lettera ai Romani, nella quale abbiamo parlato più in generale della lettera e di come sia stata paragonata a una scalata su una montagna del nuovo testamento . Infatti, dall’alto della vetta della lettera ai romani si può ammirare il meraviglioso panorama della dottrina, perché romani rappresenta un’incredibile approfondimento del Vangelo. Durante questa scalata cosa abbiamo potuto ammirare? Nel capitolo uno ci viene spiegato che Dio è adirato verso l’uomo idolatra e peccatore che continua a respingerlo, perché si è posto come un nemico verso il suo Creatore. Nel capitolo due abbiamo visto che anche chi pensa di essere migliore degli altri e di scampare al giudizio di Dio attraverso le sue opere, non ha scampo, sia esso giudeo o gentile, perché nessun uomo si riesce ad attenere alla legge, sia essa quella di Mosè, sia quella interiore.

 


Nel capitolo tre Paolo dichiara che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, cioè che tutti dovremmo comparire in giudizio davanti a Dio in quanto trasgressori della legge, perché abbiamo un debito di giustizia di fronte a Dio. Ma l’uomo circonciso nel cuore, citato nel capitolo due, se ha fede in Cristo Gesù sarà giustificato, perché Cristo si è sostituito nella pena che spettava all’uomo peccatore e questa giustificazione è applicata per grazia mediante la fede. Mentre, le opere davanti a Dio, rappresentate dall’adempimento della legge, non potranno mai essere il mezzo per la giustificazione. Quindi, alla fine del capitolo tre, tutti, sono invitati a essere giustificati per grazia mediante la fede in Cristo Gesù, sia giudei che greci. Nel quarto capitolo Paolo, ci racconta che da millenni, ancora prima della legge, la giustificazione si ottiene per fede, e l’esempio di ciò e Abramo. Alla fine del capitolo quattro siamo chiamati ad avere la stessa fede di Abramo, il quale ha creduto che Dio potesse resuscitare i morti. Allo stesso modo noi siamo chiamati a credere nella risurrezione di Cristo, la quale è la conferma definitiva e incontrovertibile delle parole e delle opere di Gesù, e della conferma che il sacrificio di Cristo è stato pienamente accettato davanti a Dio. Quindi noi siamo pienamente giustificati davanti a Dio essendo Cristo colpevole al posto nostro ed essendo noi rivestiti della sua giustizia.
Con i primi versetti del capitolo 5 siamo arrivati al cosiddetto campo base. Quando si scala l’Everest, ci sono dei luoghi nei quali gli scalatori possono riposarsi e piantare la propria tenda, prima di riprendere la scalata. i primi 11 versetti di questo capitolo li ho un po’ interpretati così. in queste poche righe Paolo si prende del tempo per soffermarsi sulla bellezza della giustificazione per grazia mediante la fede in Cristo Gesù, e di quali conseguenze porta nella vita del credente.

Romani 5
1 Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, 2 mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; 3 non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza, 4 la pazienza, esperienza, e l’esperienza, speranza. 5 Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato.
6 Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. 7 Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; 8 Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 9 Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. 10 Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11 Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione.
Paolo al versetto 1 ovviamente sta parlando a coloro che sono giustificati per fede, accogliendo l’invito della fine del capitolo 4, ad avere fede in colui che ha risuscitato Gesù dai morti (cioè Dio), il quale (Gesù) è stato dato al posto nostro sulla croce. Quindi la nostra condizione è di giustificati, in pace con Dio. Dio non ha più niente e non avrà mai più niente contro di noi, e quella ira, descritta nel capitolo 1, che pendeva su di noi non esiste più, perché Cristo Gesù si è sostituito a noi sulla croce ed è stato il sacrificio propiziatorio del capitolo 3, cioè il sacrificio che placa l’ira e il giudizio di Dio.
La nostra condizione era quella di nemici nei confronti di Dio, con il quale non c’era pace. Qui pace non è inteso come senso interiore di tranquillità, ma proprio di una condizione del rapporto tra noi e Dio. Dio è in pace con noi, perché Cristo ha pagato pienamente il debito di giustizia davanti a Lui. E Paolo usa la parola pace nel senso che c’è stata la cessazione di un conflitto legale e morale causato dalla trasgressione della legge.
Ma non solo, Paolo parla anche di una nuova relazione con Dio. Perché è ripetuto più volte che siamo stati riconciliati con Dio per mezzo di Gesù. Grazie a questa giustificazione per fede siamo entrati in una nuova relazione con Dio, intima e profonda, fatta di grazia, speranza e amore (vs2 a 5). La parola riconciliazione usata da Paolo, significa che quello che era rotto è stato aggiustato e unito nuovamente insieme. La nostra relazione con Dio era rotta, noi andavamo per la nostra strada come nei capitoli 1-3, mentre accumulavamo trasgressioni e peccati davanti a Lui. Ma Dio, mentre eravamo in questa circostanza di lontananza da Lui, mentre eravamo nemici, aveva preso su di sé la colpa e portando la croce è morto sul Golgota. Egli quindi ha dato la sua vita per i suoi nemici, affinché i suoi nemici potessero ottenere la pace con Dio e la riconciliazione. Cristo si è dato per prendere ciò che era rotto in due parti e riunirlo insieme. Quanto è profondo l’amore di Dio.
Quindi per mezzo di Gesù e attraverso la giustificazione per fede abbiamo accesso alla grazia (vs2), dalla quale nessuno potrà mai smuoverci o sottrarci. La grazia di Dio è stata resa pienamente accessibile e da essa ormai non ci muoviamo più. Non siamo più sotto la legge, dirà più avanti Paolo, ma siamo sotto la grazia, e non torneremo mai più nella condizione di dover cercare una giustificazione nostra attraverso la legge e il suo adempimento.
La nostra tendenza come esseri umani caduti è quella di riguadagnare l’accesso a Dio con le nostre forze e siamo sempre alla rincorsa di quello che dobbiamo fare per guadagnare il favore di Dio, degli altri, e a volte di noi stessi. Se Dio ci ha fatto accedere alla grazia, nella quale staremo per l’eternità, perché ci comportiamo a volte come se dovessimo guadagnarci qualcosa? Perché facciamo agire prima le nostre opere senza tenere conto che siamo giustificati per fede? Perché spesso non è la nostra fede che opera, ma siamo noi a operare? Noi vogliamo i meriti delle nostre azioni e della nostra capacità di attenerci alla legge interiore o mosaica. Noi vogliamo per forza punirci quando sbagliamo e continuare a pensare di essere indegni. Dobbiamo uscire da questa logica, perché non siamo più sotto la legge ma sotto la grazia nella quale dobbiamo stare fermi, anche con i nostri pensieri. I nostri pensieri vanno sottomessi a Cristo e devono essere sempre volti alla croce, dove abbiamo trovato grazia. Dobbiamo uscire dalla logica della legge: sei bravo, hai guadagnato Dio, gli altri e te stesso, hai fatto male devi essere punito e punirti.
Se hai fede sei completamente giustificato e accettato da Dio e sarà la tua fede a operare nello Spirito Santo per la grazia di Dio. Ma quindi posso peccare quanto voglio perché tanto sono nella grazia? Paolo guidato dallo Spirito Santo ci ha visto lunghissimo e tratterà questa domanda nel prossimo capitolo.
Ed è necessario essere fermi nella grazia per poter gustare e vivere pienamente i 3 “e ci gloriamo”:
v2 e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio;
v3 non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni
v11Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio
“ci gloriamo” è il risultato della giustificazione e della grazia, e vuol dire “vantarsi” “esultare”; e nel nuovo testamento gli autori delle lettere usano questa parola può riferendosi a un vanto proprio o improprio, a seconda dell’oggetto del vanto.
La stessa parola la troviamo in Romani 2 v17: “Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge e ti glori in Dio”. E ancora in Romani 2:23: “Tu, che ti glori della legge, disonori Dio trasgredendo la legge?”
I giudei trasparivano un vanto umano, nella propria identità nazionale e in quanto popolo scelto da Dio. Invece, il “gloriarsi” del capitolo 5 è diverso, perché è di persone che hanno ottenuto la propria giustificazione solo per grazia e che non possono avere altri motivi di gloriarsi, se non nell’opera di Dio, perché non hanno opere o retaggio di cui vantarsi, ma solo la grazia ricevuta. “Ci gloriamo” si riferisce a quella gioia ed esultanza profonda di essere stati giustificati da Dio per mezzo di Cristo e non avere altra speranza o base su cui esultare se non l’opera di Gesù. Quindi l’effetto della giustificazione è vantarsi/esultare per quello che Dio ha fatto per noi.
1) Il primo motivo per gloriarci ed esultare è nella speranza della gloria di Dio:
Abbiamo visto nel primo capitolo che l’uomo ha mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. L’uomo ha pensato di paragonare il Dio eccelso, creatore dei cieli e della terra, colui che abita una luce inaccessibile, perfetto e infinito in tutte le caratteristiche, e l’ha messo sul piatto della bilancia equiparando la sua gloria, il suo peso specifico incalcolabile, con statue e animali. E quindi, nel capitolo 3, Paolo dice che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio. Quella strada di accesso per vivere la gloria di Dio appresentata dalla sua maestà, santità e perfezione divina, è stata sbarrata, perché siamo trasgressori della legge e in quanto tali, siamo indegni.
Ma in Cristo Gesù, Dio ci invita a riconsiderare la sua gloria e a gioire della bellezza della sua persona, e del fatto che la storia non è finita con l’uomo che adora gli idoli, ma che l’uomo riconciliato con il suo Creatore torna ad adorare solo Lui. Dio incarnato è passato per la croce per mostrarci la grandezza della sua gloria, il peso specifico della sua persona, affinché potessimo tornare a Lui e guardando alla croce e alla risurrezione, con fede, potessimo essere giustificati. E la nostra speranza è quella di vedere un giorno la gloria di Dio che riempirà tutta la terra nella persona di Gesù, e noi saremo partecipi di quella gloria per l’eternità. L’invito è quello di sperare di una speranza certa basata sulle promesse di Dio, nella gloria futura che ci attende con Cristo Gesù, nella quale i nostri corpi saranno trasformati, dove non ci sarà più il peccato, la morte, e la malattia, ma solo la gioia di stare alla presenza di Dio. Questo gloriarsi nella speranza della gloria di Dio ci fa subito guardare avanti e alla speranza di quella vita eterna che il Signore Gesù Cristo ci ha promesso.
Possiamo vantarci di tante cose nella nostra vita come macchina, casa, lavoro, voti a scuola o università, promozioni, amici, moglie, marito, bravura in qualcosa, hobby, capacità, ec.., ma qui ci viene insegnato che dobbiamo vantarci della speranza della gloria di Dio e avere una profonda esultanza nell’attesa del giorno nel quale Dio si rivelerà in tutta la sua gloria e noi potremo vivere in una creazione ripiena della gloria di Dio, dove ogni pianta, animale, stella, galassia, angelo e ogni uomo redento darà gloria a Dio per l’eternità.
2) Ci gloriamo anche nelle afflizioni
E’ forse più facile gloriarsi nella speranza della gloria di Dio, piuttosto che gloriarci nelle afflizioni e nelle difficoltà. Paolo ci dice che l’afflizione, la tribolazione, e le difficoltà del credente giustificato per fede, risultano nella speranza (vs4). Infatti, ci viene detto che l’afflizione produce pazienza, la pazienza, esperienza, e l’esperienza, speranza.
Veniamo modellati in un processo che dura una vita, nel quale il nostro carattere viene formato. Tutto il nostro essere viene plasmato da Dio attraverso l’afflizione, per poter farci gloriare della speranza certa in Dio, cioè che la fedeltà e nell’amore di Dio. Il senso è quello di esprimere una gioia profonda del fatto che la nostra sofferenza non è fine a sé stessa e che in noi Dio produce il carattere di Cristo.
Solo quando siamo giustificati per fede e siamo radicati nella grazia, l’afflizione produce in noi la pazienza e la perseveranza nelle sfide della vita cristiana. E il nostro carattere piano piano viene formato attraverso le esperienze delle difficoltà della vita vissute con Dio. E questo processo porta alla speranza. Nel mondo, il processo della sofferenza potrebbe portare disperazione, ma se siamo giustificati per fede mediante la grazia che troviamo in Cristo, nella sofferenza sperimentiamo l’amore di Dio.
La sofferenza è un tema difficile da affrontare, sia in quanto credenti quando ci troviamo nella tribolazione, sia quando parliamo con i nostri amici e famigliari non credenti. Anche da un punto di vista della difesa della nostra fede è uno dei temi cruciali che fa dire alle persone “Dio non esiste, perché se esistesse non permetterebbe tutta questa sofferenza nella mia vita e nel mondo”. E spesso è proprio in mezzo alla sofferenza che dubitiamo della guida di Dio e del suo amore nella nostra vita. Per questo Paolo dai vs 5 al 10 spende diverse parole riguardo a questo.
Al vs 5 è scritto che la speranza alla quale noi siamo a chiamati a vantarci e nella quale esultare non è una nostra invenzione umana. Non è un essere positivi alla vita e dire che andrà tutto bene, è un’opera dello Spirito Santo che porta nella nostra vita l’amore di Dio. La speranza alla quale siamo chiamati non ci deluderà semplicemente perché Dio conferma il suo amore per noi attraverso l’opera dello Spirito.
Infatti, lo Spirito Santo agisce nella nostra vita e cosa fa? Ci convince dell’amore di Dio. E come fa a farlo? Ricordandoci l’opera di Cristo che è stata compiuta mentre noi conducevamo le nostre vite da peccatori e ribelli. Quando non eravamo consapevoli dell’opera di Cristo per noi, Dio è intervenuto proprio nel momento esatto nel quale avevamo bisogno di Lui.
Lo Spirito Santo ci ricorda che mentre eravamo senza forza nell’ottenere l’accesso alla gloria di Dio, Cristo è morto per noi, e non è morto per delle buone e brave persone, è morto per gli empi e i peccatori. La morte del Signore Gesù è stato il mezzo per la riconciliazione e per l’ottenimento della pace con Dio descritto al vs1. E Paolo nei vs 9 e 10 si ricollega a quella speranza che non delude, perché ci dice che noi saremo salvati dall’ira di Dio. Mediante la sua vita, cioè, per mezzo della risurrezione di Cristo, abbiamo la garanzia della salvezza futura dal giusto giudizio di Dio.
Dio sa esattamente quello che fa. Perché quando avevamo più bisogno di Lui, senza che noi chiedessimo qualcosa, mentre noi lo odiavamo, Dio è intervenuto mostrandoci il suo immenso amore sulla croce, provvedendoci la giustificazione di cui avevamo bisogno.
Quindi nella prova e nella difficoltà lo Spirito Santo ci ricorda l’amore di Dio, del quale non dovremmo mai dubitare. Se Cristo ha preso il giudizio al posto nostro e se il Padre ha mandato suo Figlio per fare ciò, perché dubitiamo dell’amore di Dio? Sicuramente spesso non capiamo il perché delle nostre afflizioni, ma non dobbiamo permettere che questo metta in dubbio l’amore di Dio, abbondantemente dimostrato sulla croce.
Se esistesse un luogo sulla terra dove ci sia stato il dolore più grande, sicuramente è alla croce. Il luogo dove Dio non si è sottratto alla sofferenza fisica e spirituale quasi insostenibile. Il luogo dove la vita di Cristo si è spezzata, per rimettere insieme quello che era già spezzato da un pezzo, cioè il nostro rapporto con Dio.
Noi potremmo non capire il perché di tanto dolore che c’è a volte nella nostra vita e sicuramente non posso darvi una risposta, né posso comprenderlo fino in fondo. Ma una cosa vi posso dire, che Dio non si è sottratto al dolore, alla sofferenza e alla pena della croce e se Egli sta permettendo qualche sofferenza io posso essere sicuro di credere in un Dio che non si è risparmiato e non si è sottratto al momento più duro possibile. Paolo ci ricorda che noi crediamo in un Dio che ha abbracciato a pieno la sofferenza della vita umana, dell’umiliazione e della condanna a morte per amore nostro.
Se dubitiamo dell’amore di Dio nella sofferenza chiediamo a Lui di ricordarci il suo amore sulla croce mediante lo Spirito Santo, perché ne abbiamo bisogno. Noi non abbiamo bisogno che i nostri problemi scompaiano, noi abbiamo bisogno di guardare alla croce e vedere quanto Dio ci ha amato, perché i nostri problemi se ne andranno quando saremo con Dio, ma il nostro guardare alla croce sarà eterno ed è da lì che nasce la nostra esultanza e il nostro vanto, dell’essere eternamente e perfettamente giustificati dal sangue di Cristo Gesù.

3) Ci gloriamo in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo
Il terzo “ci gloriamo” è di una profondità che lascia senza fiato. Perché i tre “ci gloriamo” sono progressivi e ci fanno entrare sempre di più nell’abbraccio di Dio. Vediamo come dobbiamo esultare per la gloria di Dio che sarà rivelata, ma dall’altra parte, sebbene abbiamo ricevuto la giustificazione, siamo ancora su questa terra e soffriamo, ma la grazia di Dio ci permette di gloriarci delle sofferenze. E infine, che ci gloriamo in Dio.
Il nostro vanto e la nostra esultanza non sono le nostre opere, non sono i nostri sforzi, non è l’attenersi il più possibile alla legge, non sono i nostri successi, la nostra vita, non è la realtà effimera che ci circonda il luogo del nostro vanto e fine, ma è la realtà di Dio, è la sua opera.
Noi siamo in Dio ci vantiamo in Lui, perché Egli è diventato, non solo la nostra meta finale futura e il motivo della sofferenza, ma Dio è diventato il luogo della nostra identità e della ragione della nostra stessa esistenza. Gloriarsi in Dio significa togliere noi stessi dall’equazione, i nostri finti meriti, e vivere pienamente la realtà di Dio nella nostra vita. Considerare tutto come tanta spazzatura di fronte all’eccellenza di Cristo.
Nel suo secondo viaggio missionario, Paolo visita varie chiese ed evangelizza soprattutto in Grecia. A un certo punto si ferma ad Atene e viene portato dagli ateniesi nell’aeropago, cioè il tribunale della città. In Atti 17:28 portando il Vangelo agli ateniesi e usando il loro modo di parlare e intendere le cose, dice “in lui (Dio) viviamo, ci moviamo e siamo”. Parlando un linguaggio filosofico per farsi capire dai greci, cosa voleva dire?
Che la nostra vita spirituale e fisica, il nostro muoverci in questo mondo, il mettere in moto i nostri pensieri e le nostre azioni, siano tutti in Dio. Egli è la ragione dell’esistenza dell’universo momento per momento attraverso la potenza della sua parola, come dice in Ebrei, dove si afferma che Gesù “sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza”. Noi respiriamo, camminiamo, pensiamo e ci muoviamo in questo universo e in questa realtà fisica, perché Cristo permette che tutto esista momento per momento attraverso la sua potente parola creatrice e autorità divina. Ma soprattutto, in lui noi siamo, dice Paolo, in un senso spirituale profondo. Il gloriarsi in Dio significa esultare per il fatto che la nostra stessa esistenza ed essenza è quella di uomini e donne giustificati per il sangue di Cristo. E questa identità è resa possibile solo in Dio, non per opere o meriti individuali, ma solo perché Dio ci ha accolti in sé per avere una comunione intima, attraverso Cristo.
Conclusione
Questi quindi sono gli effetti della giustificazione per fede, resa possibile dal sacrificio di Gesù. Cioè, pace e riconciliazione profonda con Dio. Se siamo radicati nella grazia possiamo vantarci ed esultare, nella speranza della gloria di Dio, nella sofferenza avendo la certa speranza della dimostrazione dell’amore di Dio. E ultimo un vanto in Dio stesso. Colui che ha preso l’iniziativa per giustificarci e riconciliaci a sé, nel quale troviamo una nuova relazione e un’identità eterna, la quale consiste nell’essere uomini e donne giustificati per il sangue di Cristo.

 

 

 

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