Rut_1:1-22
Introduzione
Di cosa parla il libro di Rut?
Il libro di Rut racconta una storia che si svolge al tempo dei Giudici. Un tempo oscuro della storia di Israele, in cui le tribù di Israele disubbidivano costantemente al Signore e come ripetuto più volte nel libro dei Giudici “In quel tempo non c’era un re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio.”
Il paese era completamente allo sbando e addirittura le tribù di Israele si facevano la guerra tra di loro. Spesso, in questo periodo storico, il Signore non era preso minimamente in considerazione. Tuttavia, Dio continuava a prendersi cura del suo popolo suscitando i giudici, ossia persone chiamate a guidare il popolo da un punto di vista spirituale e militare.
In questo contesto troviamo la storia di Rut. Una storia, che all’apparenza sembra una storia fra tante, di poco conto, fatta di sofferenza, fedeltà e redenzione che riguarda principalmente tre protagonisti: Naomi, Rut e Boaz. Ma Dio ha voluto tramandare questa storia fatta di vita quotidiana, di tragedie e consolazioni, di battaglie personali e famigliari, per dirci cose importanti. Con questa storia il Signore vuole dimostrarci che è con noi anche nelle difficoltà più grandi e che vigila nelle sfide quotidiane della nostra vita.
Il libro di Rut è diviso in 4 capitoli.
Il primo capitolo parla delle afflizioni di Rut e Naomi, sua suocera; il secondo parla da un lato dell’operosità e dell’umiltà di Rut e Naomi in tempi difficili di povertà, dall’altro della rettitudine di Boaz e della sua fedeltà al Signore. Nel terzo capitolo vediamo come si approfondisce il rapporto tra Rut e Boaz e nel quarto vediamo che Boaz prende in moglie Rut tirando fuori dalla loro condizione sia Rut sia Naomi.
Più in generale nel libro troviamo la costante cura di Dio nelle difficoltà concrete che stavano vivendo Rut e Naomi e di come il piano di Dio per le loro vite si svela poco a poco, ogni giorno, per, alla fine, avere una portata eterna.
“1 Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i suoi due figli. 2 Quest’uomo si chiamava Elimelec, sua moglie, Naomi, e i suoi due figli, Malon e Chilion; erano efratei, di Betlemme di Giuda. Giunsero nelle campagne di Moab e si stabilirono là.
3 Elimelec, marito di Naomi, morì, e lei rimase con i suoi due figli. 4 Questi sposarono delle moabite, delle quali una si chiamava Orpa, e l’altra Rut; e abitarono là per circa dieci anni. 5 Poi Malon e Chilion morirono anch’essi, e la donna restò priva dei suoi due figli e del marito.
6 Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane. 7 Partì dunque con le sue due nuore dal luogo dov’era stata, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda.
8 E Naomi disse alle sue due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; il SIGNORE sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti, e con me! 9 Il SIGNORE dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa di un marito!» Le baciò; e quelle si misero a piangere ad alta voce, 10 e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». 11 E Naomi rispose: «Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste con me? Ho forse ancora dei figli nel mio grembo che possano diventare vostri mariti?
12 Ritornate, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi; e anche se dicessi: “Ne ho speranza”, e anche se avessi stanotte un marito, e partorissi dei figli, 13 aspettereste voi finché fossero grandi? Rinuncereste a sposarvi? No, figlie mie! Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me». 14 Allora esse piansero ad alta voce di nuovo; e Orpa baciò la suocera, ma Rut non si staccò da lei.
15 Naomi disse a Rut: «Ecco, tua cognata se n’è tornata al suo popolo e ai suoi dèi; torna indietro anche tu, come tua cognata!» 16 Ma Rut rispose: «Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch’io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio; 17 dove morirai tu, morirò anch’io, e là sarò sepolta. Il SIGNORE mi tratti con il massimo rigore, se altra cosa che la morte mi separerà da te!»
18 Quando Naomi la vide fermamente decisa ad andare con lei, non gliene parlò più. 19 Così fecero il viaggio assieme fino al loro arrivo a Betlemme. E quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu commossa per loro. Le donne dicevano: «È proprio Naomi?» 20 E lei rispondeva: «Non mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza.
21 Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?» 22 Così Naomi se ne tornò con Rut, la Moabita, sua nuora, venuta dalle campagne di Moab. Esse giunsero a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.”
Vediamo insieme 3 insegnamenti che possiamo trarre da questo primo capitolo del libro di Rut
- Le scelte che facciamo nelle difficoltà che ci allontanano da Dio
Come abbiamo già accennato, la vicenda si svolge al tempo dei giudici dove ci fu una carestia che colpì il paese. Così, una famiglia che abitava a Betlemme, che paradossalmente tradotto vuol dire “casa del pane”, fece quello che era solito fare in tempi di carestia: spostarsi in zone più fertili dove si può trovare del cibo. Elimelec, sua moglie Naomi e i loro due figli si spostano da Betlemme per andare a Moab. Moab era un paese straniero, discendente di Lot, nipote di Abramo, e non apparteneva a Israele. Era una nazione con i propri costumi e i propri dèi.
Sicuramente per Elimelec non era stata una scelta facile, quella di trasferirsi con tutta la famiglia in un paese straniero, pagano, che non conosceva Dio. Probabilmente non era la scelta ottimale, così come non lo è stata per Abramo quando si è trasferito in Egitto, sempre per una carestia. Troviamo spesso che le persone che fanno la scelta di scappare dalla condizione in cui si trovano, non fanno che peggiorarla, soprattutto da un punto di vista spirituale.
Infatti, da un punto di vista spirituale non è stato un bel periodo per Abramo quando è sceso in Egitto e non lo sarà stato nemmeno per Elimelec e la sua famiglia a Moab. Al versetto 21 Naomi dice “io partii nell’abbondanza” e questo aggiungerebbe un dettaglio abbastanza tragico alla situazione, perché forse Elimelec e la sua famiglia non erano nemmeno nell’indigenza quando hanno lasciato Israele, ma volevano semplicemente continuare a vivere nell’abbondanza come avevano sempre fatto.
A volte ci basta poco per allontanarci dalla presenza di Dio o dalle persone che ci fanno del bene spiritualmente, perché basta che qualcosa vada per il verso sbagliato e subito pensiamo che siamo nella circostanza sbagliata. A volte ci basta poco per allontanarci da un luogo che non ci fa stare bene o in modo ideale, come per esempio i fratelli e le sorelle, per volgere il nostro sguardo verso il mondo.
Alcune volte la nostra reazione è cambiare posto, pensando che staremo meglio perché allevia momentaneamente il nostro disagio. E forse come nel caso di Elimelec e la sua famiglia, non ci serve nemmeno essere nella tempesta delle difficoltà per fare delle scelte che ci allontanano da Dio, ci basta vedere i nuvoloni neri in lontananza, e pensare che non staremo per sempre a Moab, lontano da Dio.
A volte raccontiamo a noi stessi che è temporaneo, finché la tempesta non passa. Sto male e mi allontano, non leggendo, non avendo comunione con il Signore, non frequentando la chiesa, ecc.. cercando di alleviare la circostanza frequentando di più gli amici, il lavoro, hobby, svago, ecc.. Invece dovrebbe essere tutto il contrario. È Dio il luogo sicuro dove andare sempre, quando la carestia colpisce più o meno duramente.
È Lui che fornisce il nutrimento per la nostra anima quando ne abbiamo bisogno. Elimelec pensando di saziarsi a Moab non ha fatto altro che attraversare una carestia spirituale. Ma Cristo è nato proprio a Betlemme, la casa del pane. Egli è il pane della vita, che sazia la nostra esistenza completamente. Non è un pane che viene mai meno, nemmeno quando nella nostra vita c’è una carestia che sembra non finire mai. Gesù Cristo è capace di renderci sazi anche se lo stomaco della nostra vita continua ad essere vuoto e non abbiamo quello che vorremmo.
- Le scelte che facciamo nelle difficoltà che ci avvicinano a Dio
In terra straniera, Elimelec, il marito di Naomi purtroppo muore. Successivamente alla morte di Elimelec i due figli sposano due moabite, ossia due estranee al popolo di Dio. Non essendoci più la guida del padre e stanziando nel paese prima o poi i figli subiscono l’influenza dell’ambiente che li circonda e fanno qualcosa che non dovevano fare come israeliti, ossia prendere in moglie una donna che non fosse del popolo.
Un piccolo compromesso, cioè quello di andare a vivere a Moab, si è trasformato in un compromesso più grande. E vediamo che spesso, purtroppo, le nostre scelte sbagliate hanno delle ricadute sulle persone che ci stanno intorno.
I figli di Naomi al vs5 muoiono. Giusto a scanso di equivoci, non sto suggerendo alcun tipo di relazione tra la morte di Elimelec e i suoi figli e le loro azioni. I figli di Elimelec e Naomi si chiamavano Malon e Chilion che vuol dire rispettivamente “malattia” e “ consunzione, deperimento”. Forse i figli si chiamavano così perché avevano già dei problemi fisici evidenti fin dalla nascita ed erano destinati a una morte prematura.
Sicuramente per Naomi e le nuore è stato un durissimo colpo, anche perché Rut e Orpa sono rimaste vedove senza nemmeno avere dei figli. A un tratto si sono ritrovate a essere tre donne sole.
Naomi al versetto 6 riparte per Betlemme ‘perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane.’.
Naomi si fa forza e torna nel suo paese dopo più di 10 anni in terra straniera. Capisce che a Betlemme può trovare il pane che cercava da tempo. Ed è così anche per noi, non è mai troppo tardi per tornare al vero pane, cioè Cristo.
Lui è sempre lì, dove l’abbiamo lasciato quando siamo partiti, ad aspettarci. Non esiste un periodo troppo lungo di allontanamento o sbaglio troppo grande per cui non possiamo più avere accesso a Dio e godere della pienezza che Lui vuole portare nella nostra vita. Perché quell’accesso è segnato indelebilmente dal sangue di Cristo e la cortina del tempio è stata spezzata da cima a fondo quando Cristo è morto sulla croce. Così abbiamo accesso al luogo santissimo, cioè alla presenza di Dio, per la grazia di Dio e gustare il pane della vita che è disceso dal cielo, cioè Cristo Gesù.
Dal vs8 vediamo che Naomi invita le sue nuore a lasciarla andare e a tornare alle rispettive famiglie essendo giovani e avendo ancora speranza per il futuro. Al vs 11 dice
“Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste con me? Ho forse ancora dei figli nel mio grembo che possano diventare vostri mariti?”
Naomi a questo punto non ha più niente da offrire a alle sue nuore. Secondo Naomi non c’è più nessun vero legame tra le lei e loro. Vediamo che Orpa dopo aver insistito per rimanere con Naomi, se ne torna a malincuore dalla sua famiglia e ai suoi dèi. Vediamo invece al vs 16 la risposta di Rut
“Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch’io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio; 17 dove morirai tu, morirò anch’io, e là sarò sepolta. Il SIGNORE mi tratti con il massimo rigore, se altra cosa che la morte mi separerà da te!”
Rut umanamente parlando non ha nessun motivo per continuare a stare con Naomi, perché ha ancora un futuro, può cercare un altro marito e ricominciare da capo la sua vita. Invece, vediamo che Rut fa una scelta diversa da quella di Orpa, perché è mossa da qualcosa di più nobile e alto, perché ha capito il valore di Dio nella sua vita.
Rut aveva capito che tra lei e Naomi c’era più che un semplice rapporto famigliare, avevano in comune lo stesso desiderio di fare di Dio il centro delle loro esistenze. Rut non era affatto spaventata dal futuro, anche se avrebbe potuto esserlo.
In fondo cosa mai avrebbe potuto ottenere seguendo Naomi? Ha promesso di stare accanto a una donna anziana, ormai privata di tutto. Probabilmente non avrebbero saputo di che vivere o dove abitare una volta tornate in Israele. Ecco che Rut fa la scelta inversa rispetto alla famiglia di Naomi quando si è trasferita a Moab, perché Rut lascia la sua famiglia, il suo futuro i suoi dèi, e le sue certezze, per guadagnare qualcosa di più, cioè vivere con il popolo di Dio e per Dio, come straniera ma adottata.
In tempo di carestia Elimelec aveva lasciato il suo popolo e trascurato il suo rapporto con Dio per cercare di ottenere qualcosa di più, perdendo poi tutto. Rut aveva capito che perdendo tutto avrebbe guadagnato tutto, cioè Dio. Questa cosa ci riguarda spesso da vicino, perché abbiamo paura di perdere la nostra vita se seguiamo Dio, e abbiamo paura di fare delle rinunce così grosse che non ci permettono di vivere la nostra appieno e in maniera ricca e abbondante.
Gesù ha detto in Giovanni 12
“Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà in vita eterna.”
Questo versetto in un quadro più ristretto riguarda la persecuzione, ma possiamo estendere il discorso a tutto ciò che nella vita diamo più valore di quanto non ne diamo a Dio. Quante benedizioni ci perdiamo solo perché non c’è Dio come scopo e fine delle nostre vite, ma c’è qualcos’altro che attira i nostri pensieri, i nostri obiettivi e la nostra esistenza a volte.
Ovviamente non è sbagliato avere degli interessi e degli obiettivi, ma quando questi prendono spazio nella nostra vita fino a catturarci completamente, ne usciamo danneggiati, affamati e impoveriti. Impariamo da Rut a fare le scelte per Dio nelle difficoltà della nostra vita.
- L’onnipotenza di Dio nelle nostre diffcoltà
Concludiamo il capitolo con Naomi che al vs20 dice
“Non mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza. 21 Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?”
In questo momento della sua vita Naomi sta passando un periodo veramente tosto: non ha più un marito, dei figli e non ha visto una discendenza. Il suo nome, Naomi, che vuol dire “dolcezza” “piacevolezza”, l’ha cambiato in Mara che vuol dire “amarezza” “tristezza”. Naomi, o meglio, Mara, non nasconde la sua situazione, il suo disagio e la sua tristezza per quello che l’è capitato.
È trasparente e onesta con i suoi amici e con le persone che le sono accanto e mostra la situazione per quella che è. Naomi sta avendo un combattimento spirituale, perché non capisce perché Dio le sta causando tanto dolore nella sua vita ma allo stesso tempo non si nasconde dietro un dito.
Non fa finta di aver incassato perfettamente il colpo dando l’idea che facendo così sia una donna spirituale integerrima, che non vacilla. Dà sfogo alla sua tristezza, ma lo fa senza mai rinnegare la potenza di Dio, perché Naomi chiama Dio l’Onnipotente, cioè colui che può tutto e che ha il potere su tutto.
Dio ha il potere sulla vita di chiunque e può dispensare delle nostre vite nel modo che ritiene più opportuno per eseguire i suoi piani. Però Dio è anche colui che può tutto per ribaltare completamente una situazione disperata nella nostra vita. Situazioni che ci sembrano non cambiare mai, Dio le può cambiare per il meglio in un battito di ciglia.
E questo Naomi lo tiene ben presente. A tal proposito, ci sono diversi esempi di combattimenti con Dio nella Bibbia. Per esempio, Giobbe contende con Dio perché vuole delle spiegazioni per le sue sventure e il suo dolore, e non desidera altro che capire perché Dio gli stia procurando tutto questo dolore nella sua vita. A volte non c’è una spiegazione immediata per quello che ci sta succedendo, e le cose Dio ce le rivela poco a poco. Invece, a volte dobbiamo accettare il fatto che una spiegazione potremmo non riceverla mai.
Mi rendo conto che il tema della sofferenza è un tema difficile, e che a volte rimaniamo esterrefatti e senza parole davanti a certe tragedie, e non ho la pretesa di dire niente di nuovo, però se da una parte possiamo portare i nostri pesi a Dio e gridare a Lui e contendere con Lui per le difficoltà immani che stiamo vivendo, dall’altra parte dobbiamo fidarci del fatto che Dio è onnipotente e che questa sua caratteristica è bene tenerla sempre presente. Dio quando risponde a Giobbe, il quale non capisce perché gli sia capitato tutto quel male, dice
“40:1 Il SIGNORE continuò a rispondere a Giobbe e disse 2 «Il censore dell’Onnipotente vuole ancora contendere con lui? Colui che censura Dio ha una risposta a tutto questo?»
Dio si descrive come l’Onnipotente, colui che può tutto e che ha creato ogni cosa, e che non c’è motivo di dubitare di questa sua caratteristica quando ci capita qualcosa di spiacevole nella nostra vita. Apprezziamo molto l’onnipotenza di Dio quando vediamo il cielo stellato o un tramonto pisano meraviglioso, ma quando ci capita qualcosa che non avremmo mai voluto, cominciamo a mettere in discussione le caratteristiche di Dio.
Forse cominciamo a dubitare della sua sovranità, del suo amore della sua grazia, della sua compassione, della sua comprensione, ecc.. Ma non deve essere così, perché le sue caratteristiche non vengono mai meno quando riguarda la nostra vita, anzi, forse è nei momenti disperati e difficili che possiamo toccare con mano il suo amore sconfinato per noi e la sua grazia.
Ritornando al testo è bello vedere che Naomi non perde di vista l’onnipotenza di Dio nella sofferenza. Egli guida le nostre vite come ritiene più opportuno e non dobbiamo mai dubitare che nel momento giusto agirà per ribaltare qualsiasi situazione, anche se a volte siamo noi stessi a dover essere ribaltati e cambiati. Siamo noi il fine delle difficoltà nella nostra vita che Dio permette nelle nostre vite, perché Dio vuole agire in noi cambiandoci e rendendoci più simili a Cristo.
Conclusioni
Concludendo il primo capitolo di Rut portiamoci a casa questi 3 spunti:
- Ci sono delle scelte che facciamo nella difficoltà che ci allontanano da Dio. Queste scelte hanno un peso nella nostra vita e nella vita di chi ci sta intorno.
- Ma abbiamo visto che è sempre possibile fare delle scelte nelle difficoltà che ci avvicinano a Dio. Nella nostra vita non è mai troppo tardi per tornare a Dio, perché il sacrificio di Cristo è sempre valido.
- In qualunque circostanza difficile dobbiamo sempre tenere a mente che Dio è l’onnipotente. Lui può disporre delle nostre vite come meglio crede, ma alla luce di Cristo sulla croce e risorto dai morti, tutto quello che Dio fa coopera al bene di quelli che lo amano.
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