La volta scorsa abbiamo concluso con questa domanda:
In che modo (praticamente) il nostro amore può crescere, abbondando in conoscenza e discernimento, in moda da essere limpidi, ricolmi di frutti di giustizia?
“12 Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo; 13 al punto che a tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo; 14 e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell’annunciare senza paura la parola di Dio.
15 Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità; ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo. 16 Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo; 17 ma quelli annunciano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente, pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene. 18 Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora; 19 so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo, 20 secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. 21 Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.”
Abbiamo detto la volta scorsa che Paolo sta scrivendo questa lettera mentre si trova rinchiuso in una prigione. Paolo, dal modo in cui viene descritto nella Bibbia, sembra essere stata una persona molto attiva, che si dava continuamente da fare, sia prima di diventare cristiano sia dopo la sua conversione.
In questo momento si trova invece incatenato, paralizzato fisicamente. Eppure, la gioia è uno degli elementi più presenti della lettera. E nel testo che stiamo affrontando oggi capiamo anche il perché di questa gioia: il progresso del vangelo.
Paolo rassicura i filippesi, facendo loro sapere di stare bene, che il vangelo sta progredendo, nonostante la prigionia. Anzi, questa prigionia è stata usata dal Signore, al punto che tantissime persone hanno saputo che il motivo delle catene di Paolo non era da ricercare in un reato, in un crimine, ma era frutto della sua fede in Cristo. Quindi per Paolo la prigionia è già una vittoria, perché il suo scopo, la sua missione continua: Cristo è annunciato e per questo, come dice al versetto 18, Paolo si rallegra e si rallegrerà.
Ma l’opera di Dio non si ferma qui. L’esempio di Paolo, la sua sofferenza, viene usata dal Signore per spronare la maggioranza dei fratelli nel Signore a proclamare la parola di Dio con maggiore zelo, maggiore entusiasmo, maggior coraggio.
L’opposizione che Paolo affronta non è però solo esterna, ma anche interna. Fra i credenti ce ne erano alcuni che pensavano di sfruttare la condizione di Paolo per proclamare il vangelo con lo scopo di recargli qualche afflizione (attrito) nelle sue catene. Queste persone erano forse spinte da invidia, o rivalità, o ancora forse credevano che la condizione di Paolo, che era in prigione e quindi non degno di proclamare la potenza di Cristo, lo screditasse. O forse gli attacchi non erano rivolti specificatamente contro Paolo, ma l’esempio di Paolo era preso per attaccare i giudei che lo avevano accusato ingiustamente o i romani che lo avevano imprigionato. Il testo può essere interpretato in maniera diversa ma la sostanza è chiara: qualcuno stava proclamando Gesù per il motivo sbagliato, cercando di screditare Paolo. Eppure, anche questa opposizione interna non demoralizza Paolo.
Spesso sono proprio le sfide interne quelle più difficili da digerire e da affrontare. Quando sono dei credenti a “metterci il bastone fra le ruote”, è sempre una brutta cosa.
La prima cosa sulla quale dovremmo riflettere è, quindi, il nostro atteggiamento. Sto proclamando il Signore per il motivo sbagliato? Come stiamo incoraggiando, valorizzando il lavoro che fanno i miei fratelli e le mie sorelle? All’interno della nostra chiesa abbiamo già diverse attività, sia per tutti sia rivolte nello specifico agli uomini o alle donne. In che modo stiamo incoraggiando queste attività che hanno come obiettivo il progresso del vangelo? Come sto motivando le persone che sono impegnate? E guardando oltre la nostra realtà, come sto facendo lo stesso con altre chiese, come sto facendo lo stesso con delle realtà missionarie che ci sono particolarmente vicine come Impatto, OM, il GBU? Io per esempio conosco poco il GBU, e una delle cose che sto cercando di fare è mostrare apprezzamento verso questo ministero, conoscere meglio le persone che lo rappresentano e così via.
Però è vero che quando ci sono dei fratelli che ci feriscono non è mai facile. Mi ricordo una volta quando dei fratelli molto coinvolti nelle loro chiese si sono comportate in un incontro in un modo che mi ha lasciato allibito e deluso. Poco dopo l’incontro parlavo di questa cosa con un mio amico, il quale mi ha incoraggiato a ricercare Gesù, a fissare lo sguardo su Gesù e sul progresso del vangelo. È quello che Paolo sta dicendo in questi versetti. Ci possono essere dei credenti che agiscono per rivalità, dei credenti dubbiosi, ma questo non dovrebbe paralizzarci, perché i nostri occhi dovrebbero essere fissi sul vangelo che cresce, e questo dovrebbe renderci gioiosi.
“della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo. 6 Esso è in mezzo a voi, e nel mondo intero porta frutto e cresce, come avviene anche tra di voi dal giorno che ascoltaste e conosceste la grazia di Dio in verità” (Colossesi 1)
Il vangelo sta crescendo, troviamo la nostra gioia nel Signore e nella sua opera, in modo da non essere paralizzati o bloccati o resi cinici dalle offese, dalle delusioni o dalle discordie con i nostri fratelli.
“16 Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo; 17 ma quelli annunciano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente, pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene. 18 Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora;”
Il versetto successivo, il 19, è particolare:
“19 so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo,”
Le prime volte che l’ho letto sembrava quasi che Paolo stesse dicendo che la sua salvezza sia stata conquistata dalle avversità che stava affrontando. In realtà ci sono due interpretazioni più corrette.
Una è che per salvezza si intenda la sua definitiva vittoria in tribunale. Per vittoria in tribunale non si intende necessariamente il rilascio, possibilità che non era certa per Paolo come vedremo nei versetti successivi (il morire è guadagno). Piuttosto questa vittoria in tribunale risulterebbe con l’essere riconosciuto giusto, anche di fronte ad una condanna ingiusta. Nelle parole di Paolo troviamo un eco di Giobbe, un uomo giusto che deve affrontare tutta una serie di sfide terribili.
“16 Anche questo servirà alla mia salvezza; poiché un empio non ardirebbe presentarsi a lui. 17 Ascoltate attentamente il mio discorso, porgete orecchio a quanto sto per dichiararvi. 18 Ecco, io ho predisposto ogni elemento per la causa; so che sarò riconosciuto giusto.”
Giobbe voleva dimostrarsi giusto di fronte a Dio, Paolo voleva che la sua giustizia in Cristo potesse essere chiara a tutti.
La seconda interpretazione, che non esclude necessariamente la prima e che anzi può integrarsi ad essa, è che per salvezza si intenda la salvezza eterna. Ovvero, tutto quello che sta succedendo a Paolo contribuisce a percorrere il percorso di santificazione e di glorificazione che Dio ha preparato per l’apostolo.
È sempre Paolo che nella lettera ai Romani afferma che
“Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Romani 8:28).
Paolo è convinto che quello che sta attraversando, per quanto pazzo, doloroso, strano, incomprensibili fa parte del buon piano di Dio per la sua vita. Questa certezza non veniva certamente modellata dalle circostanze della vita, ma veniva modellata dalla affidabilità di un Dio d’amore. Le nostre circostanze non devono modellare la nostra filosofia di vita, essa deve essere modellata dalla nostra comprensione di Dio.
In entrambi questi casi, sia per la salvezza di fronte al tribunale sia per la salvezza eterna, Paolo fa affidamento non sulle sue capacità, ma sulle preghiere dei credenti e sull’aiuto dello Spirito Santo per raggiungere questi obiettivi. Le preghiere dei credenti lo sostengono e lo Spirito Santo, che aveva riempito completamente Gesù durante la sua vita terrena, lo assiste, letteralmente lo aiuta, circondando e rafforzandolo, un po’ come il sostegno che si mette con dei pali per sostenere la crescita dei pomodori nell’orto. Questo è l’opera dello Spirito, che ci circonda non perché vuole soffocarci ma perché vuole rafforzarci.
La combinazione del progresso del Vangelo, il sostegno della chiesa e l’aiuto dello Spirito Santo portano Paolo ad avere una viva attesa, una ardente attesa, una “appassionata attesa del futuro”. Paolo però non si attende di essere rilasciato, o di stare meglio. Paolo “non è preoccupato del suo destino, ma preso piuttosto dal desiderio che tutto ciò che accadrà risulti alla gloria del suo Maestro”
ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. 21 Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.
Progresso del vangelo, preghiera dei santi e aiuto dello Spirito Santo. Un bel modo di mettere la nostra prospettiva ed essere gioiosi!
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