5 caratteristiche di un discepolo fedele – Luca 9:23-27/46-62

Quanti di noi vorrebbero sentire queste parole da parte di Gesù:
“Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. (Matteo 25:21)?

Quanti di noi vogliono essere discepoli degni di questo elogio? Quali sono le caratteristiche di questo tipi di discepoli? Cosa caratterizza quelle persone che vivono in maniera radicale per il Regno di Dio, che in questi giorni di guerra viaggiano per l’Ucraina rischiando la vita per portare da mangiare a chi non ne ha, o che fanno migliaia di chilometri per dare una mano, per portare dei materassi, per ospitare dei bisognosi?

Finora in Luca 9 abbiamo analizzato due tematiche: l’opera dei discepoli e l’identità di Gesù. Abbiamo visto che l’opera dei discepoli ha radice nel mandato ricevuto da Gesù, nel suo lavoro e nella sua croce. Abbiamo anche visto che una volta tolto il velo di mistero ed equivocità, l’identità di Gesù è definita dal suo essere il Cristo, il Figlio di Dio, morto in croce. A questo punto arriviamo al 3 ed ultimo messaggio su Luca 9, un messaggio nel quale vogliamo parlare delle caratteristiche del discepolo. Abbiamo visto che l’opera dei discepoli è legata a Gesù e ovviamente anche le caratteristiche che contraddistinguono i discepoli lo sono. Gesù è il perno sul quale girano sia le cose che facciamo sia chi siamo.

La propria croce

23 Diceva poi a tutti: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. 24 Perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi avrà perduto la propria vita per causa mia la salverà. 25 Infatti, che serve all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde o rovina se stesso? 26 Perché se uno ha vergogna di me e delle mie parole, il Figlio dell’uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli. 27 Ora io vi dico in verità che alcuni di quelli che sono qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbiano visto il regno di Dio».

Questa prima caratteristica è la caratteristica base, senza la quale non si va da nessuna parte e senza la quale non ci possono essere le altre. Il ministero terreno di Gesù è definito da una croce, e i discepoli di Gesù sono essi stessi definiti dalla sua croce. Però non basta guardare alla croce di Cristo. La croce di Cristo è la nostra speranza, ma Gesù poi ci invita non soltanto a guardare la sua croce ma anche a prendere ognuno la propria croce e seguirlo. Noi contempliamo la croce di Cristo come unica fonte di salvezza. Ma chi ha capito cosa vuol dire contemplare Cristo e la sua croce, non rimane fermo, ma prende anche lui la croce e lo segue.

La croce definisce l’identità, la natura del discepolo. Non una verga, non uno scettro, ma una croce. Prendere la croce vuol dire essere pronto a seguire Gesù ogni giorno, vuol dire vivere intenzionalmente un processo di morte. Si sembra assurdo, ma non lo è. Prendendo la croce noi moriamo a noi stessi, in modo da guadagnare la vita eterna. Moriamo noi, con le nostre priorità e le nostre aspettative, per fare posto a Dio, le sue priorità e le sue aspettative. Perdiamo, in modo da vincere.

Moriamo con la croce sulla spalla, facendo sì che non ci curiamo più di quello che pensano gli altri, ma di quello che pensa Dio di noi. Moriamo con la croce sulla spalla, facendo morire il nostro orgoglio, per portare con fierezza l’orgoglio di Dio. Moriamo con la croce sulla spalla, sapendo che questa vita è solo un passaggio verso la gloria del ritorno di Cristo, la gloria di Dio e dei suoi angeli.

Paolo in 1 Corinzi 15 parla del seme, che deve morire per dare vita a qualcosa di più bello, un albero. Lo stesso vale per i discepoli di Cristo, che muoiono in questa vita, in modo da resuscitare in vita futura.

“l corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; 43 è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; 44 è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. “ (1 Corinzi 15)

Prendere la croce e seguirlo vuol dire essere pronti a morire, a sacrificare ogni cosa, per Cristo. Gesù ha vinto morendo sulla croce, e ci chiama a fare lo stesso.

Umiltà

46 Poi cominciarono a discutere su chi di loro fosse il più grande. 47 Ma Gesù, conosciuto il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo pose accanto e disse loro: 48 «Chi riceve questo bambino nel nome mio, riceve me; e chi riceve me, riceve Colui che mi ha mandato. Perché chi è il più piccolo tra tutti voi, quello è grande[i]».

In netto contrasto con la croce è l’atteggiamento dei discepoli, che discutono su chi sia il più grande. Questi discorsi da parte dei discepoli sembrano assurdi. Ma lo sono veramente? Quante volte agiamo per il Signore per un tornaconto personale?

Ed è molto bello il modo in cui Gesù risponde al desiderio del cuore dei discepoli, il desiderio di voler primeggiare ed essere il più grande. Gesù non usa solo le parole, ma anche un simbolo concreto.

Gesù prende un bambino che rappresenta la piccolezza. I bambini potevano esser visti come un intralcio al ministero di Gesù, come un fastidioso problema rispetto all’opera più grande che Gesù doveva fare.

Non per Gesù. Gesù insegna e mostra praticamente a più riprese che ciò che è piccolo, umile, emarginato, debole agli occhi del Regno di Dio e per mezzo dell’opera di Cristo è centrale, forte, stabile. Gesù, il Re Servitore, è venuto per servire. Gesù predica che i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi. Quando ci sacrifichiamo per i piccoli, lo stiamo facendo per Cristo. Perché questo modo di agire va contro la nostra natura e contro la nostra società, ma rispecchia fedelmente la nuova natura spirituale e la nuova società del Regno di Dio.

In queste ultime settimane ci è capitato di sentire “Voi siete speciali, siete diversi.” E non lo sto dicendo per metterci in mostra, altrimenti andrei contro quell’umiltà di cui stiamo parlando. Ma lo dico perché i discepoli che agiscono con questa umiltà rivelano qualcosa di contrario ai principi di questo mondo. 1 Pietro 3:15 dice

Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni

Il nostro modo di agire umile, semplice, contro culturale di tanto in tanto dovrebbe portare a delle domande. Il nostro stile di vita dovrebbe essere così radicale da suscitare della curiosità alla quale rispondere con il Vangelo.

Inclusività

49 Allora Giovanni disse: «Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava demòni[j] nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perché non ti segue con noi». 50 Ma Gesù gli disse: «Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi[k]».

Alla croce e all’umiltà, Luca 9 aggiunge un’altra caratteristica dei discepoli di Cristo: l’inclusività. Non inteso come universalismo o inclusivismo soteriologico, ovvero l’idea che tutti si salveranno alla fine o che ci si possa salvare senza fede in Cristo. Ma, piuttosto, l’inclusività del Regno di Dio, tra coloro che fanno parte del Regno di Dio..

Abbiamo una tendenza naturale e carnale a costruire muri, fare divisioni, escludere persone. Lo vediamo nelle classi sociali, nel razzismo, nello sport etc. Nel regno di Dio non c’è divisione legata a etnia, lingua, classe sociale, stipendio, squadre del cuore. Ciò che unisce è il fatto che siamo uniti a Cristo. Giovanni nel suo Vangelo riporta queste parole di Gesù

“Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35).

Troppo spesso all’interno del Regno di Dio facciamo settarismo. Mi rendo conto che questo è un rischio molto concreto per me. Prendo sul serio la Parola di Dio e la dottrina, e questo mi porta ad allontanarmi da alcuni ambienti o a guardarne altri con scetticismo. Ovviamente dobbiamo rimanere vigili, perché sappiamo che il nemico è al lavoro non solo fuori la chiesa ma anche dentro la chiesa. Troviamo molte esortazioni nella Bibbia a essere attenti ai falsi dottori. Ma chiunque è di Cristo, opera veramente nel nome di Cristo, fa parte della nostra squadra, fa parte della nostra famiglia, fa parte del nostro stesso Regno.

So che è obiettivamente difficile da mettere in pratica. Però possiamo iniziare da delle piccole, fondamentali cose. Tutti noi credenti preghiamo, possiamo condividere soggetti di preghiera e pregare insieme .Magari in questa settimana potresti chiedere a qualcuno di un “ambito” diverso per cosa puoi pregare. Possiamo passare del tempo con persone di altre chiese. Possiamo trovare delle forme di collaborazione sane, anche se semplici. Possiamo gioire per il successo degli altri, perchè il loro successo è il nostro successo, e il nostro successo non è altro che il successo di Cristo e del suo Regno contro il male.

Grazia, non giudizio

51 Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme. 52 Mandò davanti a sé dei messaggeri, i quali, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani per preparargli un alloggio. 53 Ma quelli non lo ricevettero perché era diretto verso Gerusalemme[l]. 54 Veduto ciò, i [suoi] discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?» 55 Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò 56 E se ne andarono in un altro villaggio.
Per quale motivo è stato mandato Gesù sulla terra? Forse il versetto più famoso della Bibbia dice così:
16 Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio[e], afinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.

E poi continua

17 Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

La prima venuta del Figlio è la venuta della grazia, attraverso la quale uomini, donne e bambini possono ricevere la salvezza. La seconda venuta di Cristo sarà la venuta del giudizio. Ma fino ad allora siamo nel tempo della grazia e di conseguenza dobbiamo essere anche noi discepoli della grazia. Nell’Apocalisse vediamo che un giorno giudicheremo insieme a Gesù, ma per ora possiamo al massimo pregare insieme ai santi “«Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sulla la terra?»” (Apocalisse 6:10)

Ma soprattutto agiamo come discepoli della grazia di Dio. Amiamo chi ci rigetta e ci rifiuta, annunciamo il Vangelo a chiunque. Non ci fermiamo se qualcosa va storto o se ci sono degli ostacoli. Siamo persone di grazia quando qualcuno ci viene a parlare. Questo non vuol dire fare finta di niente di fronte al peccato, ma vuol dire essere seri riguardo al peccato ma trattare le persone con grazia, con comprensione, con amore, sapendo che viviamo in un mondo fatto, purtroppo, di sbagli e di peccato.

Prima ho letto un versetto in 1 Pietro 3 che diceva

Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni

E Pietro, che era presente con i discepoli quando volevano far venire giù dal fuoco anche se per una volta l’idea malsana non esce dalla sua bocca, continua in quel passo dicendo

Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo una buona coscienza; afinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. 17 Infatti è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male.

Dobbiamo accogliere le persone nello stesso modo in cui siamo stati accolti da Gesù. Con verità, con sincerità, ma anche con tanta, tanta grazia.

La priorità è il Regno di Dio

57 Mentre camminavano[n] per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò[o] dovunque andrai». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59 A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «{Signore,} permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Ma egli[p] gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va’ ad annunciare il regno di Dio». 61 Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». 62 Ma Gesù {gli disse}: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro è adatto per il regno di Dio».

Siamo arrivati all’ultima caratteristica dei discepoli di Gesù: la priorità è il Regno di Dio..Se pensate al Regno di Dio, esso è contraddistinto, tra le varie cose, dalle varie caratteristiche che abbiamo visto oggi: croce, umiltà, inclusività, grazia.

Il Regno di Dio, nel quale entriamo per mezzo di Cristo, mette sotto sopra i nostri valori e le nostre priorità. E le parole di Gesù sono abbastanza dure. Avere una casa nella quale dormire è considerato un bene primario, mentre per Gesù i discepoli devono essere disposti a non averlo. I legami famigliari e anche dire addio ai morti sono qualcosa di importante. Abbiamo sentito tante storie commoventi di persone che non hanno potuto salutare i propri cari a causa del COVID. Eppure per Gesù la priorità è annunciare il Regno di Dio.

Una volta mi hanno raccontato la storia di un missionario di OM che era in Asia, e mentre si trovava lì gli è stata comunicata la morte di un familiare, un genitore mi pare. A questa persona non fu dato il permesso di tornare in aereo, ma in nave, perdendo così il funerale, perché costava meno e i soldi dovevano essere risparmiati per usarli nell’evangelizzazione e nella missione. Forse un pò esagerato, e non sto dicendo che sia stata la scelta giusta. Ma questo è il tipo di approccio e riflessione che dobbiamo fare quando ci domandiamo che cosa vuol dire che il Regno di Dio ha la priorità.

Forse razionalmente ci rendiamo conto che salutare i morti è qualcosa a cui dovremmo essere disposti a rinunciare. Eppure Gesù riprende anche l’uomo che voleva salutare i suoi famigliari ancora in vita.

62 Ma Gesù {gli disse}: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro è adatto per il regno di Dio».

C’è un prezzo da pagare, e Gesù infatti nel parallelo di questo testo nel vangelo di Luca, chiede a chi lo segue di calcolare il costo prima di seguirlo, così come si calcola il costa prima di iniziare una nuova costruzione.

Che il Regno di Dio possa essere la nostra priorità. C’è una canzone dei Rend Collective che dice

“Ti seguirò attraverso il dolore, porterò la mia croce…Gesù, prendi il mio tutto, prendi il mio tutto. Ho contato il costo e tu vali tutto.”

Una volta che abbiamo calcolato il costo, una volta che abbiamo capito che Gesù vale più di ogni altra cosa, dobbiamo incamminarci risolutamente verso la nostra meta. Tutto il resto passa in secondo piano. Non diventa irrilevante o non importante, ma diventa secondario.

Dobbiamo essere discepoli che muoiono con la croce in spalla, discepoli umili, inclusivi, pieni di grazia e con il Regno come priorità. Non sono parole facili da digerire ma sono le parole di Gesù per noi. Non sono cose semplici da fare, ma Gesù le ha già fatte, in modo che anche noi potessimo farle.

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