Atti 17 Berea ed Atene- Samuel Simoni-

Introduzione:

La scorsa volta abbiamo visto a grandi linee le tappe del secondo viaggio missionario di Paolo

Lo scopo era quello di visitare le città in cui Paolo aveva precedentemente predicato. E in queste riflessioni ci stiamo concentrando sui capitoli 17 e 18 di Atti, i quali parlano della visita di Paolo di 4 città: Tessalonica, Berea, Atene e Corinto. La volta scorsa abbiamo anche visto come era consuetudine di Paolo predicare il vangelo nelle sinagoghe delle città in cui andava e che approccio usava quando parlava ai Giudei di Cristo: con pazienza, con le Scritture alla mano, con ragionamenti tratti dal vecchio testamento, e tenendo fermo il punto su Cristo con pazienza e perseveranza. Abbiamo anche visto che una parte della città reagisce con una rivolta, mentre un’altra parte di persone crede al vangelo. Infine abbiamo visto anche che il vangelo ha un costo.

Atti 17:10-34

Paolo e Sila a Berea

10 Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. 11 Ora questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così.

12 Molti di loro dunque credettero, e così pure un gran numero di nobildonne greche e di uomini. 13 Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che la Parola di Dio era stata annunciata da Paolo anche a Berea, si recarono là, agitando e mettendo sottosopra la folla.

14 I fratelli allora fecero subito partire Paolo, conducendolo fino al mare; ma Sila e Timoteo rimasero ancora là. 15 Quelli che accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e, ricevuto l’ordine di dire a Sila e a Timoteo che quanto prima si recassero da lui, se ne tornarono indietro.

Oggi continuiamo il viaggio di Paolo attraverso le città di Berea e Atene.

Personalmente mi hanno incoraggiato molto 3 lezioni che troviamo nei versetti che vedono Paolo e Sila a Berea:

 

  • Nonostante tutto

Vediamo che dopo le vicende di Tessalonica, Paolo e Sila devono scappare dalla città per evitare di essere perseguitati e giungono alla città di Berea. La prima cosa che Paolo e Sila fanno appena giunti a Berea qual è? Ormai lo sappiamo, è quella di entrare in una sinagoga. È interessante notare che, nonostante tutto, Paolo e Sila non si sono lasciati scoraggiare dalle vicissitudini appena passate.

E anche se avevano alcuni Giudei di Tessalonica alle calcagna, che li volevano probabilmente morti, Paolo e Sila appena arrivati a Berea entrano nella sinagoga, non curandosi molto della loro situazione. Questo denota una dedizione incredibile alla chiamata che Paolo e Sila avevano ricevuto dal Signore. Essi non si preoccupavano che le circostanze fosse favorevoli o sfavorevoli per svolgere il loro compito. Paolo e Sila erano uomini sicuramente tenaci per carattere, ma davanti alla persecuzione e alla morte chiunque può vacillare.

Quindi Paolo e Sila aveva sicuramente trovato la loro piena convinzione in Cristo Gesù ed erano arrivati al punto nel quale erano totalmente consapevoli che le circostanze erano nelle mani di Do e che loro dovevano semplicemente seguire le indicazioni del Signore. Noi forse saremmo scappati il più lontano possibile, e sicuramente non ci saremmo trattenuti in una città così vicina, rischiando così di essere raggiunti dai nostri persecutori.

Paolo e Sila invece non ragionano così. Non si lasciano scoraggiare dalle circostanze, anzi continuano a predicare il vangelo con convinzione. Anche solo aver potuto predicare in una sinagoga di una città, dove magari qualcuno aveva mai sentito il vangelo, valeva il prezzo del biglietto, come si suol dire.

 

  • L’attaccamento alla Parola fa la differenza

I Giudei della sinagoga di Berea erano diversi da quelli di Tessalonica. Il testo dice che erano di “sentimenti più nobili” di quelli di Tessalonica. Erano un gruppo di persone con un cuore pronto alla ricerca della verità, ed erano alla costante ricerca di Dio. È degno di nota il fatto che conoscessero molto bene le Scritture e che avessero già un attaccamento sincero all’antico testamento.

Anche in questa circostanza, come a Tessalonica, Paolo non cambia il suo approccio nell’evangelizzare i Giudei, perché anche a Berea usa le Scritture per dimostrare che Gesù Cristo è il salvatore. Usa le Scritture per convincerli che Gesù Cristo è il messia promesso che avrebbe salvato il suo popolo, morendo sulla croce e liberando ogni uomo, donna e bambino che avrebbe creduto nel suo nome, dalle catene del peccato e dal giudizio di Dio.

Con Emanuele stiamo studiando la lettera agli Ebrei, e non so se lo avete notato, ma la lettera è costellata di riferimenti dell’AT volti a dimostrare che Gesù Cristo è Dio, è il messia promesso, il sacrificio espiatorio per eccellenza, il sommo sacerdote, il fondamento di un nuovo patto, e così via.. E non a caso una lettera di questo tipo, che riassume probabilmente le considerazioni che faceva Paolo nelle sinagoghe, è una lettera indirizzata agli Ebrei.

Quindi da una parte abbiamo Paolo che porta la buona notizia nella sinagoga e dall’altra parte troviamo l’approccio cauto dei giudei di Berea, che è quasi diventato iconico. Però definirlo un approccio solo cauto secondo me è un po’ riduttivo e non rappresenta forse pienamente il loro atteggiamento. Quando sentono il messaggio di Paolo, qual è la prima cosa che i giudei di Berea fanno? Vanno alle Scritture per vedere se quello che diceva Paolo corrispondesse al vero. E perché vanno prima di tutto alle scritture? Perché erano convinti che la Parola di Dio fosse l’autorità assoluta. I giudei di Berea erano pronti a ricevere il vangelo con il cuore giusto, perché avevano già posto le Scritture come autorità sulla loro vita e infatti da lì cominciano a valutare accuratamente il messaggio di Paolo, proprio dalle Scritture.

La Bibbia non è solo un compendio di regole che dice cosa devi fare o cosa non devi fare, non è uno sterile elenco di dottrine. Essa è una lampada che illumina il cammino di ogni uomo perché tutto quello che insegna la Bibbia è vero! I giudei di Berea lo avevano capito molto bene, perché non usano la Bibbia come un corollario di regole da cui tutta la legge farisaica è stata tratta, come tanti giudei erano soliti fare, ma la usano come guida per la loro vita, come una strada maestra da cui non deviare.

Questo denota un rapporto molto bello e molto sano con la Scrittura e alla fine vediamo che la predicazione di Paolo porta a numerose conversioni. L’attaccamento alla Parola e usarla come riferimento nella nostra vita fa veramente la differenza. Non solo perché la Bibbia è il gold standard di misura dei nostri pensieri e delle nostre azioni, ma la Parola ti fa diventare saggio, avveduto, ti insegna come vivere praticamente la vita, a cosa dare la priorità, ecc..

A un certo punto però, questo magnifico quadro che ci hanno regalato questi versetti, cambia. Paolo riceve la notizia che alcuni Giudei della sinagoga di Tessalonica lo stanno venendo a cercare e lui è costretto nuovamente a scappare.

 

  • Il servizio poco in vista è fondamentale

Ora vorrei fare una cosa che di solito si fa alle serate di gala o altri contesti e cioè fare una menzione d’onore. Una menzione d’onore a quei fratelli che hanno accompagnato Paolo per queste città, vegliando in qualche modo su di lui. Che lo avvisavano dei pericoli e che lo aiutavano a scappare. Dio si è servito costantemente di questi fratelli per far evitare alcune persecuzioni a Paolo e sarebbe interessante notare in altre parti della Bibbia se Paolo si è trovato in grosse difficoltà proprio perché non era circondato da questi fratelli. Paolo aveva un compito importante affidatogli da Dio e proprio per questo il Signore lo ha circondato di persone che lo aiutavano e lo sostenevano.

Anche in un compito così speciale e particolare, Paolo non poteva smarcarsi dai fratelli, perché erano pur sempre parte dello stesso corpo che coopera all’unisono. Questo ci insegna che a prescindere dal ruolo che abbiamo e dal compito che Dio ci ha affidato, da soli non possiamo farcela. Avremo sempre bisogno dei fratelli e delle sorelle della chiesa per affrontare le sfide del servizio, qualunque esso sia. Gli accompagnatori di Paolo avevano un ruolo fondamentale per far funzionare al meglio il suo ministero di evangelizzazione.

Non erano uomini molto in vista, di tanti non conosciamo neppure il nome, ma credevano nella causa del vangelo tanto quanto Paolo. Pur stando “dietro alle quinte” rischiavano comunque la loro vita e svolgevano il loro servizio con costanza. Si facevano centinaia di chilometri tra i pericoli di ogni tipo pur di aiutare Paolo a raggiungere anche solo la città successiva.  A volte vorremmo essere un po’ come Paolo, ed è una nobile aspirazione, ma delle volte dovremmo anche desiderare di essere come questi uomini, i cui nomi anche se non sono scritti nella Bibbia sono comunque scritti nel cieli.

 

Paolo ad Atene

Il discorso nell’Areòpago

16 Mentre Paolo li aspettava ad Atene, lo spirito gli s’inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli. 17 Frattanto discorreva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano. 18 E anche alcuni filosofi epicurei e stoici conversavano con lui. Alcuni dicevano: «Che cosa dice questo ciarlatano?» E altri: «Egli sembra essere un predicatore di divinità straniere», perché annunciava Gesù e la risurrezione.

19 Presolo con sé, lo condussero su nell’Areòpago, dicendo: «Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? 20 Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose». 21 Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità.

Paolo arriva finalmente ad Atene! In questa metropoli viva , stimolante, cuore pulsante della cultura e del pensiero greco. Paolo, ormai lo sappiamo, una volta arrivato ad Atene si reca nella sinagoga per portare il messaggio del vangelo ai Giudei e alle persone pie, cioè alle persone che in qualche modo sono alla ricerca del Dio d’Israele. Ma Paolo si reca anche alla piazza della città per discorrere con i greci. La piazza rappresentava il centro vitale della città, in cui si andava anche solo per parlare delle novità. Era un po’ quello che sono i social al giorno d’oggi, o i forum su internet. Qui si parlava di tutto, dalla politica alle questioni filosofiche esistenziali, al gossip.

 

 

 

Di questo brano vorrei solo condividere 2 incoraggiamenti:

 

  1. La verità del vangelo emerge sempre

Paolo mentre aspettava ad Atene, lo spirito gli s’inacerbiva dentro nel vedere la città piena di idoli. Perché gli ateniesi e i greci più in generale per cercare di dare un senso alla loro esistenza e al mondo che li circonda hanno inventato una serie incalcolabile di idoli e di miti. Paolo era estremamente infastidito da un grado di idolatria così estesa che addirittura più avanti dice che c’era una statua dedicata al dio sconosciuto.

Potremmo dire che ormai avevano finito la fantasia. Ma Paolo non si lascia dominare da questo sentimento, e persiste nella sua missione di evangelista e continua a predicare il vangelo a tutti, senza lasciarsi scoraggiare da questa situazione. Magari avrebbe potuto pensare “tra tutti questi idoli e in mezzo a tutta questa confusione chissà chi mi ascolta e chissà se la gente capirà che quello che dico è la verità”. Ma in un mondo pieno di confusione in cui la parola “verità” sembra una parolaccia, possiamo stare pure certi che la verità del vangelo emerge sempre.

 

Episodio dei serpenti: Esodo 7

8 Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: 9 «Quando il faraone vi chiederà: Fate un prodigio a vostro sostegno! tu dirai ad Aronne: Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!».

10 Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente. 11 Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell’Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa.

12 Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.

Mosè e Aronne avevano il compito di andare dal faraone per liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù e la prima volta che ci vanno, Dio ha dato loro il bastone. Ora: la traduzione più consona di bastone è in realtà scettro. Quindi Aronne getta lo scettro che diventa serpente in presenza del faraone, e gli incantatori fanno lo stesso: gettano i loro bastoni che diventano serpenti. Ma il serpente di Aronne e Mosè inghiottisce i serpenti degli incantatori, vincendoli.

Qui abbiamo la stessa situazione perché Dio ha un messaggio di autorità e verità, cioè uno scettro che si trasforma in serpente. Un messaggio forte e veritiero. Sembra un parallelismo azzardato però ricordiamoci che Gesù stesso si è paragonato al serpente di bronzo che era innalzato nel deserto, in mezzo al popolo, affinché chiunque guardasse a quel serpente fosse guarito dai morsi dei serpenti, giudizio che Dio aveva mandato su Israele.

Quindi vediamo che l’autorità di Dio sotto forma di scettro si trasforma in serpente. Ma anche dall’altra parte ci sono i serpenti, menzogne, che confondono l’uomo affinché non creda al vero messaggio di Dio. Ma davanti all’autorità e alla verità del vangelo queste menzogne non possono sussistere.

Quindi Paolo si trova in mezzo a questa città piena di idoli, piena di menzogne che confondono l’uomo, ma davanti all’autorità del messaggio di Dio questi idoli non possono stare in piedi. E come il bastone di Dio che aveva Mosè è diventato serpente e ha inghiottito i bastoni degli incantatori d’Egitto così la verità del vangelo vince sulle menzogne del nemico. Poi il serpente prendendolo per la coda ritorna bastone/scettro nelle mani di Aronne e Mosè.

 

  1. Il vangelo ci rende deboli ma è potenza di Dio

Leggendo questo episodio in particolare, ci rendiamo conto che Paolo non si faceva problemi a parlare con tutti. Non disdegnava le conversazioni anche con i filosofi, ma lo faceva con un obiettivo ben preciso, cioè parlare di Cristo e della sua morte e della sua resurrezione. Infatti annunciava Gesù e la resurrezione e questo divideva le persone.

Esattamente come a Tessalonica, le persone non rimangono indifferenti al vangelo. Alcuni provano interesse nella “novità” della predicazione di un dio straniero, altri lo prendono in giro considerando Paolo un ciarlatano.

Paolo era ormai molto consapevole che per forza di cose il vangelo provoca delle reazioni, anche poco piacevoli. A volte parlare di Gesù agli altri costa. Io lo dico prima di tutto a me stesso, perché vorrei avere quella forza e quella franchezza che molte volte mi manca per parlare apertamente di Gesù, senza imbarazzo.

Ma Paolo era diretto e senza troppi giri di parole predicava Gesù e la resurrezione, senza aspettarsi di sentirsi intelligente facendolo, perché sapeva benissimo che il messaggio del vangelo annienta qualunque maschera, qualunque artificio umano che ci costruiamo per farci apparire al meglio possibile davanti agli altri. È una rinuncia a noi stessi ogni volta dover proferire le parole del vangelo. Non esiste un modo per farci apparire brillanti quando parliamo di Cristo agli altri. Paolo l’aveva imparato molto bene questo e può scrivere con un certo grado di consapevolezza in 1 Corinzi:

21 Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. 22 I Giudei infatti chiedono segni miracolosi e i Greci cercano sapienza, 23 ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia; 24 ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

È stato stabilito da Dio stesso, nel suo piano e nella sua infinita saggezza, che il vangelo, che racconta di Cristo crocifisso, fosse scandalo e pazzia per gli uomini. Ed è implicito che anche la sua resurrezione dai morti sia qualcosa di inammissibile per la logica umana. Ma Paolo ribadisce invece che per noi, che siamo stati chiamati, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.

Qualche mercoledì fa abbiamo visto il capitolo 5 di Apocalisse e nell’immagine che ci descrive Giovanni vediamo che al centro della scena c’è il Padre con il Figlio. Il Figlio ha l’aspetto di un agnello immolato. Al centro di tutto l’universo, visibile e non, c’è Dio che viene rappresentato come un agnello immolato ma vittorioso.

Questo è il pensiero di Dio. Dio ha voluto rivelarsi in Cristo Gesù in questi termini. Dio ha stabilito che questo fosse il modo migliore per farsi conoscere da persone limitate. In Cristo si trova la completa rivelazione di quello che è la persona di Dio ed è il modo in cui Dio ha voluto farsi conoscere nelle sue infinite caratteristiche, di amore, compassione, misericordia, pazienza, santità.. Perché Gesù si descrive come la verità? (“io sono la via la verità e la vita”). Perché qual è la verità per eccellenza se non quella di sapere chi è Dio? Che carattere ha? Quali sono le sue caratteristiche? Come agisce?

Quindi il vangelo è quel serpente che dobbiamo prendere per la coda ogni volta. È un messaggio che ci rende vulnerabili e deboli, ma nello stesso tempo è un messaggio che se preso per la coda si trasforma in uno scettro, nell’autorità e sovranità di Dio sull’universo intero. E ogni volta dobbiamo gettare questo scettro, come fa Paolo, e questo scettro ogni volta diventa un serpente che dobbiamo prendere per la coda. È faticoso, ci vuole sempre ogni volta fiducia in Dio, e questo ci rende dipendenti da Dio, ma è quello che Dio ci ha chiamato a fare. E credo che questo discorso valga anche per il servizio in generale per il Signore.

 

Conclusione:

Questi versetti sono stati molto di incoraggiamento per me personalmente perché mi hanno dato modo di riflettere sulle sfide che riguardano la predicazione del vangelo e come in Dio le possiamo affrontare vittoriosi.

Abbiamo visto che

  • nonostante tutte le persecuzioni, Paolo e Sila non perdono di vista l’importanza di svolgere il loro servizio di predicazione del vangelo in modo fedele.
  • L’attaccamento alla Parola può fare la differenza nella nostra vita, come l’ha fatto con i credenti di Berea
  • Il servizio che non è in vista, è fondamentale per l’espansione del regno di Dio.
  • La verità del vangelo emerge sempre. La potenza del vangelo può vincere tutte le menzogne che cerano di confondere l’uomo.
  • Il vangelo ci rende deboli e allo stesso tempo dipendenti da Dio, ma è comunque potenza di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

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