Atti 18 Paolo a Corinto – Samuel Simoni-

Atti 18

Paolo a Corinto

1 Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. 2 Qui trovò un Giudeo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro. 3 Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare con loro. Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende.

4 Ma ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. 5 Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo. 6 Ma poiché essi facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani».

7 E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che temeva Dio e aveva la casa attigua alla sinagoga. 8 Ma Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia. Molti Corinzi, udendo, credevano e venivano battezzati.

9 Una notte il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; 10 perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città». 11 Ed egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando tra di loro la Parola di Dio. 12 Poi, quando Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei, unanimi, insorsero contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale, dicendo: 13 «Costui persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario alla legge».

14 Paolo stava per parlare, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche cattiva azione, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, come vuole la ragione. 15 Ma se si tratta di questioni intorno a parole, a nomi e alla vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste cose».

16 E li fece uscire dal tribunale. 17 Allora tutti afferrarono Sostene, il capo della sinagoga, e lo picchiavano davanti al tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose.”

 

Titolo: Tra sfide e incoraggiamenti nel servizio

 

Siamo finalmente giunti all’ultima tappa importante del secondo viaggio missionario di Paolo. Abbiamo visto come l’obiettivo del viaggio di Paolo fosse quello di evangelizzare le città che si sarebbero trovate sul suo cammino, oltre a fare visita ai credenti.

Le città che abbiamo visto le scorse volte sono state Tessalonica, Berea e Atene. Paolo in queste città è stato usato da Dio per portare il Vangelo e infatti insieme ai suoi collaboratori ha potuto assistere a diverse conversione sia tra i giudei sia tra i greci.

Quindi Paolo si lascia alle spalle Atene, e giunge all’ultima importante tappa che è Corinto.

Corinto era un’importantissima città portuale dell’epoca. Aveva due porti che si affacciavano su due golfi diversi e quindi era una città ricca, fatta di commercio, piena di lusso e di cultura. In questa città Paolo arriva da solo e incontra una coppia che è scappata da Roma perché l’imperatore romano Claudio aveva ordinato che tutti i giudei lasciassero Roma.

Paolo va ad abitare e lavorare con questa coppia perché facevano lo stesso mestiere: fabbricavano tende. Una cosa in particolare mi ha colpito di questa faccenda è, a parte il fatto che Paolo fosse un fabbricante di tende e questo dettaglio mi era completamente sfuggito, che Paolo si mette a lavorare. È un evento singolare del suo secondo viaggio, che non abbiamo mai incontrato fino ad oggi.

Quindi volevo ricavare insieme a voi delle considerazioni a riguardo. In realtà questo aspetto mi ha colpito per tre sfide che hanno rappresentato per Paolo e che rappresentano per noi oggi:

  • La prima sfida che ci viene lanciata è l’umiltà nel servizio. Paolo era sicuramente stato trasformato da Dio in uno strumento potente per portare il Vangelo ai Giudei e ai Gentili e questo poteva essere un motivo di orgoglio per Paolo. Poteva pensare di non doversi più occupare di cose secolari perché aveva un mandato più importante.Ma Dio è anche intervenuto durante il servizio di Paolo per abbassare il più possibile l’orgoglio che poteva nascere nel suo cuore e che può nascere nel cuore di tutti noi. L’esempio più famoso è la spina nel fianco di Paolo da cui Dio non ha voluto liberarlo, perché voleva insegargli che doveva vivere per la grazia e per le risorse di Dio e non per le sue stesse forze e capacità. Quindi i frutti dell’azione di Dio nella vita di Paolo si vedono chiaramente nell’approccio umile che aveva nel servizio.Paolo non era un uomo umile perché di natura era così, anzi potremmo anche pensare che fosse un bel caratterino a giudicare dai versetti che lo descrivono prima della sua conversione. Ma Dio ha lavorato nella vita di Paolo e Paolo si è semplicemente lasciato guidare.

    La stessa cosa accade nella nostra vita: noi non abbiamo umiltà intrinseca, dentro di noi, per natura, ma è Dio che lavora nei nostri cuori se diamo spazio allo Spirito Santo di operare e di donarci umiltà nel servizio che svolgiamo nella chiesa.

 

  • La seconda sfida che emerge dal curioso fatto che Paolo si mette a lavorare, proprio in un viaggio missionario, è la fiducia.Nel versetto 4 dice “4 Ma ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. 5 Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo.”.Il mandato di Paolo era sicuramente di una certa urgenza. Doveva portare il Vangelo ai gentili e ai giudei che vivevano fuori dalla Palestina. Era sicuramente un compito importante, impegnativo, a cui dedicare la propria vita. Ma a questo punto del suo viaggio, Paolo prende la decisione, sicuramente guidata dallo Spirito Santo, di lavorare. Cioè spende parte del suo tempo e delle sue energie per fare qualcosa che da un punto di vista logico in un viaggio missionario, può risultare abbastanza incomprensibile.

    Quindi Dio mette Paolo in una nuova condizione che potrebbe limitare in qualche modo la sua missione e il suo servizio e Paolo deve solo avere fiducia che questa, in realtà, è la condizione migliore possibile per la sua vita spirituale e per l’avanzamento del regno di Dio. A volte Dio ci mette in una circostanza in cui ci richiede di avere fiducia e di vivere un’attesa gioiosa.

    Non solo di vivere un’attesa e basta, ma di vivere un’attesa in quella speranza certa che la condizione in cui siamo è la migliore per noi in questo momento. Certo le cose possono cambiare, e anche repentinamente, come succede a Paolo nei versetti successivi, ma intanto Paolo ha vissuto il cambiamento, attendendo di riprendere il servizio di evangelizzazione a tempo pieno, concentrandosi sul vivere al meglio la condizione in cui Dio lo aveva messo in quel momento. L’attesa fiduciosa in Dio ci permette, non solo di vivere bene un cambiamento inaspettato, ma anche di svolgere fedelmente il compito che Dio ci ha affidato, seguendo però i tempi di Dio e non i nostri. Sono abbastanza sicuro che anche durante le sue dure ore di lavoro Paolo avesse in mente nient’altro che evangelizzare. Infatti nel versetto 4 c’è scritto che “ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci.”.

    Questo è un chiaro segno che Paolo non stava vivendo la nuova condizione in cui era, in preda all’insofferenza, ma stava vivendo la situazione serenamente, sfruttando le occasioni che aveva per evangelizzare. Similmente anche noi abbiamo bisogno di imparare a vivere le fasi del nostro servizio o in generale della nostra vita con un’attesa gioiosa, fatta di quella speranza certa che la nostra condizione momentanea è la migliore condizione possibile per gli scopi di Dio.

 

  • La terza sfida è data dal valore dell’esempio e della testimonianza nel servizio. Quando mi sono imbattuto in questi versetti mi è sorta una domanda spontanea: perché Paolo si mette a lavorare? Quali potrebbero essere le sue motivazioni? Ho trovato alcuni versetti che danno un’idea dell’attitudine di Paolo a riguardo:

 

2Tess 37 Infatti voi stessi sapete come ci dovete imitare: perché non ci siamo comportati disordinatamente tra di voi; 8 né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di nessuno, ma con fatica e con pena abbiamo lavorato notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi. 9 Non che non ne avessimo il diritto, ma abbiamo voluto darvi noi stessi come esempio, perché ci imitaste.”

 

1Co “11 Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, è forse gran cosa se mietiamo i vostri beni materiali? 12 Se altri hanno questo diritto su di voi, non lo abbiamo noi molto di più? Ma non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi, sopportiamo ogni cosa per non creare alcun ostacolo al vangelo di Cristo.”

 

Paolo voleva dare prima di tutto un esempio e una testimonianza. Paolo aveva il dovere, come apostolo di Cristo, di portare il Vangelo, a tempo pieno, fino alle estremità della terra. Al tempo stesso, però, aveva anche il diritto di non lavorare e vivere dei doni che facevano le chiese, per supportarlo in questa missione.

Ma come abbiamo letto, Paolo spesso non si avvaleva di questo diritto, perché voleva dare un esempio ai credenti e una testimonianza a quelli di fuori. Paolo aveva imparato a rinunciare anche a un suo diritto per non essere d’ostacolo all’avanzamento del regno di Dio. Sarebbe stato terribile per lui scoprire che un modo di condurre la propria vita sarebbe stato un motivo per cui le persone potessero dubitare del messaggio del Vangelo.

Anche solo nel dubbio che questo potesse accadere lui rinunciava anche ai suoi diritti fondamentali. Ovviamente non siamo qui a dire che dobbiamo rinunciare per forza di cose ai nostri diritti, ci mancherebbe. La scelta di Paolo era legata al suo mandato così delicato e in vista, e anche al momento storico cruciale in cui i cristiani erano guardati con molto sospetto.

Ma vorrei anche considerare con voi il fatto che il discorso di Paolo ha una radice molto profonda: Paolo in un altro versetto dice “siate miei imitatori…come anch’io lo sono di Cristo.”. Cristo ha rinunciato a tutto ed è in virtù dell’esempio di Cristo che Paolo agisce. Non agisce così perché è un uomo straordinario, ma perché ha un Maestro straordinario da cui imparare.

Quali sono nella nostra vita dei diritti perfettamente leciti a cui possiamo rinunciare per dare una testimonianza ai non credenti e un esempio ai credenti? Se riflettiamo bene su questo concetto ci accorgiamo che qui non si parla più di integrità morale, fare ciò che è giusto o ciò che è sbagliato. Qui si va oltre, fare una cosa perfettamente lecita che, in qualche modo però potrebbe non essere la cosa ideale in quel momento per la chiesa e/o i non credenti.

Mi rendo conto che rappresenta una bella sfida da vivere e che il Signore ci dia saggezza anche in questo.

 

Dal versetto 5 vediamo che Sila e Timoteo finalmente raggiungono Paolo, il quale può dedicarsi completamente all’evangelizzazione, perché supportato dai suoi collaboratori più intimi: “5 Quando poi Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo si dedicò completamente alla Parola, testimoniando ai Giudei che Gesù era il Cristo.”

Come abbiamo già imparato ad apprezzare, vediamo Paolo che ogni sabato andava alla sinagoga e  che in tutti i modi, con la guida dello Spirito Santo e con la Scrittura alla mano, dimostrava ai Giudei che Gesù è il Cristo, il Messia che tanto stavano aspettando.

Qui vediamo anche la solita opposizione, fatta di insulti, che Paolo incontrava quando portava il Vangelo. Come abbiamo visto anche nelle altre città, insieme alla proclamazione del Vangelo, spesso seguivano le persecuzioni e in generale le difficoltà.

Le sfide e l’opposizione all’annuncio del Vangelo le abbiamo ampiamente considerate nelle volte scorse, e infatti vediamo che il testo si concentra questa volta più sugli incoraggiamenti che sull’opposizione al Vangelo. Ci sono almeno due incoraggiamenti per Paolo nel suo servizio e per noi:

  • Il primo incoraggiamento sono le Infatti c’è scritto “6 Ma poiché essi facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani». 7 E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che temeva Dio e aveva la casa attigua alla sinagoga. 8 Ma Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia. Molti Corinzi, udendo, credevano e venivano battezzati.”

Proprio quando Paolo era arrivato a un picco di frustrazione ed era bisognoso di un incoraggiamento, perché trovava sempre opposizione e insulti ogni volta che metteva piede nella sinagoga, vediamo che Crispo, il capo della sinagoga, si converte con la sua famiglia e anche tanti Corinzi. Paolo poteva finalmente vedere il frutto del suo lavoro evangelistico, nella sinagoga e nella città di Corinto. Vediamo come il Vangelo colpisce i cuori delle persone a prescindere dallo stato sociale o dalla condizione in cui si trovano. Nella città di Corinto e nelle altre città del secondo viaggio missionario di Paolo, abbiamo visto come si convertivano giudei, capi della sinagoga, greci, nobildonne greche, forse qualche filosofo ateniese, ecc..

Possiamo immaginare persone di ogni strato sociale, occupazione, appartenenza etnica e religione venire colpiti dal messaggio unico del Vangelo: cioè Dio Figlio incarnato che si carica dei peccati di tutti gli uomini, che viene condannato a morte sulla croce, giudicato da Dio Padre per redimere gli uomini e riconciliarli con Dio, che poi risorge il terzo giorno e viene elevato in gloria sopra ogni cosa dal Padre stesso.

Nessuno avrebbe mai potuto inventare un messaggio così forte, netto, assurdo, ma pieno di grazia, di amore profondo per il genere umano. Questo stesso messaggio colpiva nel profondo queste persone 2000 anni fa e colpisce nel profondo ancora oggi.

 

  • Il secondo incoraggiamento viene da Dio stesso. Leggiamo che “Il Signore disse in visione a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; 10 perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città». L’aspetto più bello è che Dio stesso si cura di Paolo e lo incoraggia ad andare avanti con il servizio.Dio dice a Paolo di non fermarsi e di non scoraggiarsi perché è con lui. E spesso vediamo nella Parola, che gli incoraggiamenti di Dio sono legati a doppio filo con le sue promesse. In tutta la Bibbia, Dio si impegna con noi, facendoci delle promesse di sua spontanea volontà, mosso dalla sua compassione e dalla sua grazia.Dio prende l’iniziativa di farci delle promesse, non perché come facciamo spesso noi, ci sentiamo mancanti o nel torto. Spesso quando sono mancante nelle faccende domestiche ed Ester giustamente si arrabbia rispondo “tranquilla quella cosa la faccio” “oppure “ti prometto che lo faccio”. Dio non fa così, Dio è motivato dalla sua stesse caratteristiche perfette come la generosità, perché la mano di Dio è sempre larga nel dare, la sua compassione, infatti le sue compassioni si rinnovano ogni mattina e non si esauriscono mai, la sua grazia, perché è pronto a donare a chi non merita, e così via..

    E vediamo che le promesse di Dio verso Paolo si esaudiscono puntualmente, infatti nei versetti successivi leggiamo “12 Poi, quando Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei, unanimi, insorsero contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale, dicendo: 13 «Costui persuade la gente ad adorare Dio in modo contrario alla legge».

    14 Paolo stava per parlare, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche cattiva azione, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, come vuole la ragione. 15 Ma se si tratta di questioni intorno a parole, a nomi e alla vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste cose».

    16 E li fece uscire dal tribunale. 17 Allora tutti afferrarono Sostene, il capo della sinagoga, e lo picchiavano davanti al tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose.”

Paolo miracolosamente scampa al processo e alla violenza fisica perché Dio ha mantenuto la sua promessa che nessuno gli avrebbe messo le mani addosso.

Quindi con le promesse di Dio concludiamo il secondo viaggio missionario di Paolo. Paolo dopo Corinto torna ad Antiochia che era la città da cui era partito. Personalmente ho trovato questi capitoli molto incoraggianti e penso che gridino a gran voce in tutte le loro parti “fidati della potenza di Dio e del Vangelo”, perché senza la potenza di Dio e del messaggio del Vangelo Paolo avrebbe solo fatto una bruttissima vacanza per tutta la Grecia.

Concludendo riflettiamo sulle sfide nel servizio che possiamo avere: essere umili, fiduciosi in Dio nella condizione in cui siamo in questo momento, essere di esempio e testimonianza, sapendo che Dio non smetterà mai di incoraggiarci con le sue meravigliose promesse

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *