Veniamo da un periodo di festività e quindi, visto che non ci vediamo da un pò, vorrei farvi qualche domanda.
Con chi avete trascorso le festività? Chi avete invitato o da chi siete stati invitati? Con chi avete passato il vostro tempo? Di chi vi siete circondati? Per chi avete cucinato, o chi vi ha cucinato? In chi avete investito il vostro tempo, le vostre risorse, i vostri soldi?
Nel Vangelo di Luca leggiamo la storia di un sabato, giorno di festa, che il Signore Gesù decide di passare a casa di un fariseo attorno a del cibo. Nel vangelo di Luca i pasti assumono una funzione importante, infatti è stato notato che in tale Vangelo “Gesù o va a un pasto, o è a un pasto o viene da un pasto.”[1] In questa occasione Gesù si trova presso un fariseo, non un fariseo qualunque, ma bensì uno tra i più importanti, una persona di un certo livello, riconosciuta dal popolo. E il pasto diventa la cornice nella quale inserire una serie di discorsi che hanno proprio il pasto come immagine ricorrente.
14:1 Gesù entrò di sabato in casa di uno dei principali farisei per prendere cibo, ed essi lo stavano osservando; 2 ed ecco, davanti a lui c’era un uomo idropico. 3 Gesù prese a dire ai dottori della legge e ai farisei: «È lecito o no far guarigioni in giorno di sabato?» Ma essi tacquero. 4 Allora egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5 Poi disse loro: «Chi di voi, se gli cade nel pozzo un figlio o un bue, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?» 6 Ed essi non potevano rispondere nulla in contrario.
Per molti ebrei questo sarebbe stata un’occasione importante, un evento da ricordare e nel quale potersi mettere in mostra. Per Gesù si tratta invece di una situazione ostile. Il testo ci dice che i presenti stavano osservando Gesù, una traduzione inglese dice che Gesù era osservato con attenzione. Non so se vi è mai capitato di entrare in una stanza o di essere invitati ad una cena da persone che non vi hanno in simpatia. Immaginate la tensione nella stanza, con i farisei che non aspettavano altro che vedere Gesù commettere qualche sbaglio, fare qualche affermazione teologica sbagliata. I farisei erano come lupi, che studiavano Gesù pronti per sbranarlo al minimo passo falso.
Entrato nella casa del fariseo Gesù si trova di fronte un uomo malato, un idropico. Un uomo con del liquido sieroso, il liquido non rosso, ma chiaro in corpo. E quindi si ripropone il solito dilemma: cosa si può fare nel giorno di sabato? è la quarta volta che Luca ci racconta di un episodio simile e quindi abbiamo capito che il modo di operare e di pensare di Gesù era in contrasto con quello dei leader religiosi dell’epoca. Per Gesù è scontato che la legge di Dio non impedisca di amare e prendersi cura di chi è nel bisogno nel giorno di sabato.
La domanda che mi è venuta invece in mente è: perchè un uomo malato, che era considerato impuro e maledetto a causa del proprio peccato o del peccato dei suoi genitori si trovava a casa del fariseo, di sabato? La Bibbia non ce lo dice, ma non è improbabile che quest’uomo sia stato messo lì apposta per mettere alla prova Gesù.
Osservare Gesù in questi versetti è quasi commuovente. è messo alle strette, si trova in una stanza dove in molti lo osservano con scetticismo, odio, antipatia. Sarebbe stato facile, quasi naturale, ingraziarsi le persone facendo diventare il malato il focus della conversazione. Quante volte anche noi, di fronte ad una situazione imbarazzante o di tensione, abbiamo fatto una battuta su qualcun’altro?
Invece Gesù fa una domanda che non pone l’attenzione direttamente sul malato, dicendo, al versetto 3, «È lecito o no far guarigioni in giorno di sabato?». I farisei non rispondono e all’improvviso sono loro ad essere sul banco di prova. Il nostro Signore Gesù non può essere messo alle strette, non può essere sorpreso, non può essere “fregato.” La sapienza del Signore che guida le nostre vite è infinita.
E nel silenzio generale, Gesù prende la mano del malato, dell’emarginato, dell’uomo di cui non interessava niente ai farisei, lo guarisce e lo lascia andare.
7 Notando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: 8 «Quando sarai invitato a nozze da qualcuno, non ti mettere a tavola al primo posto, perché può darsi che sia stato invitato da lui qualcuno più importante di te, 9 e chi ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedi il posto a questo!” e tu debba con tua vergogna andare allora a occupare l’ultimo posto. 10 Ma quando sarai invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, affinché quando verrà colui che ti ha invitato, ti dica: “Amico, vieni più avanti”. Allora ne avrai onore davanti a tutti quelli che saranno a tavola con te. 11 Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato».
Gesù ha già rovinato la festa degli ipocriti farisei, ma non si ferma. Ripeto che il posto in cui si svolge questo episodio era importante. E quindi le persone facevano a gara per accaparrarsi i posti migliori. La società ebraica era, per molti versi, molti simile alla nostra. Era una società assetata di potere, di fama, di gloria. Una società che cozza, per forza di cose, con la società del regno di Dio.
Il regno di Dio sulla terra si manifesta per mezzo del Dio eterno che si fa uomo, che nasce nella povertà e nell’anonimato, che spende la sua vita per guarire e aiutare il prossimo e poi muore per redimere l’umanità dal peso e dalla condanna del peccato. Altro che potere e gloria. La società, la famiglia di Cristo è contraddistinta non dalla ricerca della propria gloria, ma dall’abbassarsi, per poi essere innalzati. è il movimento verso il basso di Gesù, per poi poter essere innalzato.
Ovviamente ne parla l’apostolo Paolo in Filippesi 2
5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome.
Ne parla anche Pietro, nella sua prima lettera al capitolo 5:
E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri[c], perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili.
6 Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi innalzi a suo tempo,
Verso il basso, in questa vita, su questa terra, fino ad arrivare alla morte, per poi essere esaltati e innalzati, verso la gloria del trono di Dio, seguendo l’esempio e il movimento di Cristo. In che modo possiamo cercare e mettere in pratica questa umiltà, non fine a se stessa, non masochista, ma come imitazione del nostro Signore. Umiliarsi, abbassarsi per poi essere innalzati dal Re dei Re, Signore dei Signori. Visto che il contesto della storia è quello del pasto e abbiamo parlato di feste e di pasti, in che modo abbiamo imitato Cristo? Quando veniamo invitati a casa di qualcuno, cerchiamo di impressionare gli altri con le nostre storie, i nostri successi, i nostri regali, o siamo disposti ad umiliarci, a non essere al centro dell’attenzione, a essere amorevoli nei confronti degli emarginati piuttosto che cercare l’attenzione di coloro che reputiamo simpatici o potenti?
12 Diceva pure a colui che lo aveva invitato: «Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi, perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio; 13 ma quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi, 14 e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti».
Dopo aver parlato degli invitati che cercavano i posti migliori, Gesù si rivolge direttamente al padrone di casa. L’esortazione è chiara: non usare la tua ospitalità per un tornaconto personale. è facile invitare amici, famigliari, persone benestanti. Sono persone che possono ricambiare in un modo o nell’altro. E qui torniamo alla domanda iniziale: con chi hai passato le feste, chi hai invitato a casa?
Ovviamente non c’è nulla di male a passare del tempo con i propri famigliari e con gli amici. Sono relazioni queste che sono il frutto della benedizione di Dio, e dobbiamo goderne!
Ma qui Gesù vuole sottolineare che seguirlo, fare parte della sua famiglia, del suo regno e della sua società ha un costo. Se qualcuno vuole, in questi giorni, può leggere il resto del capitolo 14 di Luca, dove si vede chiaramente il costo dell’essere discepolo di Gesù.
Abbiamo da poco festeggiato il natale, l’incarnazione di Gesù. Con chi l’abbiamo festeggiato? Chi abbiamo invitato alle nostre tavole, nelle nostre vite?
Secondo voi chi avrebbe invitato Gesù per festeggiare Natale, la sua nascita? Non gli amici, i fratelli, i parenti, i vicini ricchi. Bensì, poveri, storpi, zoppi, ciechi. E nel cercare, nell’amare, nel servire coloro che non possono ricambiare che sta la beatitudine. Perché quando lo facciamo non stiamo fissando il nostro sguardo su questa vita, su questo mondo, su ciò che è terreno, ma su ciò che è eterno, glorioso. Per quale motivo? Per lo stesso motivo che ho spiegato prima: ci abbassiamo e umiliamo per ricevere il premio alla risurrezione dei giusti (14), amiamo chi è nel bisogno per essere accolti un giorno alla presenza del nostro Signore, che ci guarderà con gioia e soddisfazione negli occhi.
L’altro giorno parlavo con un credente che mi ha raccontato di un episodio avvenuto anni fa. Questo credente era pastore di una chiesa, e nella sua comunità c’era un ragazzo rumeno che lui ha iniziato ad aiutare e a discepolare lavorandoci insieme. Quando andavano in macchina da qualche parte capitava di doversi fermare ai semafori, e c’erano spesso dei rom a chiedere elemosina. Il pastore ogni volta li mandava via, mentre questo ragazzo li chiamava e ci parlava. Una volta il ragazzo ha detto al pastore “il messaggio del vangelo è anche per loro, anche loro possono essere salvati!”. Il Signore ha usato le parole di questo giovane per aprirgli gli occhi riguardo alla sua ottusità.
L’estate scorsa questo pastore si è ritrovato a predicare in una chiesa di rom in Romania e ha iniziato la predicazione raccontando questo episodio, raccontandolo con gioia perché Dio è grande e salva chiunque.
Questo episodio narrato da Luca mi ha fatto pensare a dei versetti in Luca 4, che abbiamo studiato a Pisa oramai anni fa. Si tratta della storia nella quale Gesù torna a Nazaret, dopo aver passato 40 giorni nel deserto e dopo aver sconfitto le tentazioni di Satana. Gesù torna a Nazaret per dare inizio al suo ministerio terreno, entra nella sinagoga e gli viene dato il rotolo del profeta Isaia, dal quale legge:
18 «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha inviato [per guarire quelli che hanno il cuore spezzato,] per annunciare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, 19 per proclamare l’anno accettevole del Signore».
Dopo aver letto queste parole, Gesù afferma:
21 «Oggi si è adempiuta questa Scrittura, che voi avete udito»
Il pasto a casa del fariseo mostra quanto sia vero tutto questo. Gesù viene e guarisce, libera, salva, mette sottosopra le consuetudini sociali e terrene proclamando la buona notizia del Regno di Dio. Non gloria, ma umiltà, non innalzamento, ma abbassamento.
Gesù, come sappiamo bene, da qui a poco verrà arrestato, processato, condannato e ucciso. E dopo 3 giorni resuscita, venendo innalzato alla gloria di Dio come era stato promesso. Chi continuerà a prendersi cura dei poveri, dei bisognosi, degli emarginati, dei malati, dei solitari, di coloro che sono oppressi dal peso del peccato, ora che Gesù è salito in cielo per preparare il banchetto con il quale ci accoglierà un giorno?
La sua chiesa, ovvero noi. Luca, dopo aver scritto il Vangelo, scrive anche gli Atti degli Apostoli, dove vediamo chiaramente che Dio opera tramite Gesù, e con la potenza dello Spirito, in questo mondo per mezzo della sua chiesa. Nel libro di Atti ogni tipo di persona è raggiunta dal Vangelo: giudei, romani e gentili, uomini e donne, anziani e giovani, potenti e poveri, malati e sani, colti e illetterati.
Lo fa avanzando il suo Regno creando una società dove tutti si amano come fratelli e sorelle, si aiutano a vicenda, si servono a vicenda e servono, insieme, il mondo.
Quest’anno abbiamo l’opportunità di, ancora una volta, o forse per la prima volta, raggiungere con il Vangelo non soltanto i nostri amici e famigliari, ma anche coloro che non hanno niente da offrirci. Abbiamo l’opportunità di invitare alle nostre tavole, di passare del tempo, di invitare e visitare persone che non lo conoscono e hanno bisogno di lui.
[1] Tim Chester, Un pasto con Gesù.
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