Cosa dimostrano le nostre azioni – Luca 3:1-20

In alcuni contesti lavorativi è normale periodicamente avere un colloquio con il capo per riflettere sul proprio
lavoro, e a volte lo si fa rispondendo a dei documenti preparati dall’addetto alla risorse umane. Una sorta di
checklist per vedere come stai avanzando con il lavoro, se stai raggiungendo i tuoi obiettivi, se stai facendo
quello che richiede il tuo contratto, ma anche per vedere se quali sono le nostre motivazioni, come stiamo
ecc.
Quando è stata l’ultima volta che ti sei chiesto come stai lavorando per il Signore? Se stai vivendo
effettivamente per il Signore? Il testo di oggi ci fornisce una breve checklist da usare per valutare il nostro
“lavoro” per il Signore. Le domande ce le pone Giovanni Battista, l’ultimo grande profeta prima di Gesù, il
ponte tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. Sei pronto?

3:1 Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, quando Ponzio Pilato era governatore della
Giudea, ed Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e
Lisania tetrarca dell’Abilene, 2 sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu diretta a Giovanni,
figlio di Zaccaria, nel deserto. 3 Ed egli andò per tutta la regione intorno al Giordano, predicando un
battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati, 4 come sta scritto nel libro delle parole del profeta
Isaia [che dice]: «Voce di uno che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi
sentieri. 5 Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato; le vie tortuose saranno fatte
diritte e quelle accidentate saranno appianate; 6 e ogni creatura vedrà la salvezza di Dio”». 7 Giovanni
dunque diceva alle folle che andavano per essere battezzate da lui: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a
sfuggire l’ira futura? 8 Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi:
“Noi abbiamo Abraamo per padre!” Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad
Abraamo. 9 Ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene
tagliato e gettato nel fuoco». 10 E la folla lo interrogava, dicendo: «Allora, che dobbiamo fare?» 11 Egli
rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne faccia parte a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto».
12 Vennero anche dei pubblicani per essere battezzati e gli dissero: «Maestro, che dobbiamo fare?» 13 Ed
egli rispose loro: «Non riscuotete nulla di più di quello che vi è ordinato». 14 Lo interrogarono pure dei
soldati, dicendo: «E noi, che dobbiamo fare?» Ed egli a loro: «Non fate estorsioni, non opprimete nessuno
con false denunce e accontentatevi della vostra paga». 15 Ora il popolo era in attesa e tutti si domandavano
in cuor loro se Giovanni fosse il Cristo. 16 Giovanni rispose, dicendo a tutti: «Io vi battezzo in acqua; ma
viene colui che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei calzari. Egli vi
battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17 Egli ha in mano il suo ventilabro per ripulire interamente la sua aia e
raccogliere il grano nel suo granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile». 18 Così, con molte e
varie esortazioni evangelizzava il popolo; 19 ma Erode il tetrarca, rimproverato da lui a proposito di
Erodiade, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso, 20 aggiunse a tutte le altre
anche questa: rinchiuse Giovanni in prigione.

Abbiamo visto la volta scorsa l’unico episodio della gioventù di Gesù, e poi abbiamo qualche anno di
silenzio prima dell’avvento di Giovanni Battista. Si tratta dell’entrata in scena di un nuovo profeta. Abbiamo
accennato più volte che Israele non aveva più ricevuto rivelazioni o messaggi da Dio. E Luca, con la sua
descrizione, aiuta il lettore a capire che Giovanni è davvero un nuovo profeta.
Come per i profeti dell’Antico Testamento, Luca definisce bene il periodo in cui Giovanni inizia il suo
ministero, siamo molto probabilmente tra il 27 e il 29 d.C. Veniamo poi a sapere, al versetto 2, che Giovanni
aveva ricevuto la parola di Dio, elemento fondamentale per il ministero di un profeta. Leggendo il testo
abbiamo anche visto che ci sono altri elementi tipici di un profeta come l’annuncio di una futura salvezza e
la condanna del peccato del popolo.
Tutti e quattro i Vangeli citano Isaia 40 parlando di Giovanni, e Luca è quello che cita più versetti di tutti. In
Isaia 40 si parla della futura salvezza, consolazione, libertà per il popolo di Dio, e si annuncia anche la figura
di Giovanni, colui che avrebbe preparato la strada al Signore dal deserto, deserto nel quale viveva appunto
Giovanni Battista. Il lavoro di Giovanni si svolge nella regione del Giordano, probabilmente con forma
itinerante, ed era basato sulla predicazione della rivelazione di Dio e su un battesimo che testimoniava un
ravvedimento e un cambiamento morale. Giovanni inizia a predicare la Parola di Dio, inizia a battezzare, una
usanza che era già in pratica all’epoca, coloro che si ravvedono.
Folle iniziano a venire da Giovanni, tante persone diverse, come vedremo, si rivolgeranno a lui per sapere
come comportarsi e in che modo vivere secondo la volontà di Dio. Ad un certo punto il popolo, che era in
attesa, inizia a domandarsi se l’uomo che vedevano nel deserto, vestito di pelli, non fosse il Messia che era
stato promesso.
Ma Giovanni sa bene che non è lui la soluzione al problema, sa bene che il suo è un lavoro in vista di Gesù,
sa bene che non era nemmeno degno di sciogliere i calzare del Messia che sta per arrivare. Un detto
rabbinico dice “Ogni servizio che uno schiavo rende al suo padrone, un discepolo lo farà per il suo maestro,
tranne quello di sciogliergli i lacci dei sandali.”
In pratica era normale per i discepoli di un maestro ebreo
svolgere dei servizi come quelli dei servi, ma sciogliere i lacci era considerato troppo umiliante, mentre per
Giovanni sarebbe un gesto troppo onorevole quello di togliere i calzari di Gesù.
Le persone non si battezzavano per ricevere il perdono dei peccato o per risolvere il problema del peccato in
maniera definitiva. Matteo 3:6 ci dice che “erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro
peccati.”
Giovanni Battista è colui che prepara la strada. In Italia purtroppo molto spesso le strade sono messe male, e
vengono rifatte solo prima delle elezioni. Però almeno ci sono. 2000 anni fa fra i motivi che portavano a
creare una strada era la visita di un re, o di un governatore, o di un imperatore. Ed è quello che Isaia sta
descrivendo e che Luca attribuisce a Giovanni. Il Re che sta arrivando è Gesù, e con l’arrivo di Gesù ogni
ostacolo, ogni scusa, ogni barriera che impedisce di vedere o raggiungere la salvezza di Dio viene distrutta.
Immaginate di dover arrivare a Dio, ma di dover attraversare valli e scalare montagne, passando per vie
tortuose e impervie. Sarebbe un viaggio impossibile. Gesù elimina tutti questi ostacoli. Gesù permette di
vedere la salvezza di Dio a tutti, tutti i popoli sono inclusi in questa opera.
Ma Gesù non si è ancora rivelato al mondo, e quindi il lavoro svolto da Giovanni è più da Vecchio
Testamento che da Nuovo. Le parole di Giovanni vengono pronunciate in un momento ben definito. Ma noi
oggi possiamo leggere questi versetti e capirli ancora meglio a causa dell’opera di Cristo.
Il problema di Israele in questo momento non è che non potevano avere la salvezza, perché in tutto il
Vecchio Testamento vediamo che il vero popolo di Dio è salvato per fede, come è scritto in Ebrei 4:2
“Poiché a noi come a loro è stata annunciata una buona notizia; a loro però la parola della predicazione
non giovò a nulla, non essendo stata assimilata per fede da quelli che l’avevano ascoltata.” Il problema era
che nonostante l’offerta di salvezza da parte del Signore, il cuore del popolo non era dedito a Dio e quindi il
popolo non si comportava come avrebbe dovuto.
Anche noi, che siamo stati salvati dopo la venuta di Gesù, corriamo il rischio di cadere negli stessi errori del
popolo di Israele. Giovanni non è il primo profeta del popolo di Israele, ma si inserisce in una lunghissima
schiera di profeti, sacerdoti, guide del popolo di Israele che avevano parlato da parte del Signore. E noi
abbiamo accesso, tramite la Bibbia, a tutte le esortazioni e gli insegnamenti che il Signore ha voluto dare alla
sua chiesa. Eppure anche noi tendiamo a comportarci come si comportava il popolo di Israele.
Giovanni come abbiamo detto non è Gesù. E in un certo senso la valutazione di Giovanni è sulle opere, su
quello che si vede esternamente, sul frutto che rivelano il tipo di pianta che siamo. Quando arriverà Gesù sarà
lui a conoscere i cuori delle persone, a rivelare la vera essenza delle persone. Con Gesù la pula non si può
fingere grano, e il grano non può essere scambiato per pula. Ma il frutto delle persone, le nostre azioni, sono
spesso già un ottimo indicatore di chi siamo veramente. Ed è lì che si concentra Giovanni.
Nei versetti 7-9 Giovanni dice: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura? 8 Fate dunque
dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: “Noi abbiamo Abraamo per padre!”
Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad Abraamo. 9 Ormai la scure è posta alla
radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».
Le parole di Giovanni sono forti, razza di vipere. Perché? Perché gli ebrei avevano iniziato a sfuggire l’ira
futura, ovvero avevano iniziato a pensare di essere in pace con Dio, di non meritare l’ira di Dio quando
invece le loro vite dimostravano ben altro. Su cosa si basava questa certezza di salvezza degli ebrei? Sul fatto
di essere discendenti biologici di Abramo. Ma il vero popolo di Dio non è mai stato composto dai
discendenti biologici di Abramo, ma da coloro che hanno creduto per fede nel Signore e alla sua promessa
rivolta ad Abramo. E per non ripetere gli errori del passato, appunto, dobbiamo prendere spunto da storie
come questa. Perché anche noi possiamo pensare di sfuggire dalla giustizia di Dio per i motivi sbagli.
Non c’è niente di peggio che presentarsi ad un esame avendo studiato il materiale sbagliato! Non c’è niente
di peggio he presentarsi all’esame del Signore presentando le prove sbagliate della nostra salvezza, pensando
che la nostra salvezza sia garantita dal fatti che siamo dei bravi cristiani evangelici, che conosciamo il vero
vangelo, che facciamo parte di una chiesa e serviamo in essa, che sappiamo citare la Bibbia. Ma se le nostre
azioni non dimostrano che siamo figli di Dio per fede in Cristo Gesù, allora siamo nei guai.
Per Giovanni le azioni del popoli di Israele non dimostravano fede in Dio. E quindi con varie e molte
esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo (18), evangelizzava condannando il peccato e esortando a
cambiare stile di vita, a cambiare azioni e atteggiamenti. Una evangelizzazione così piena di speranza da
attrarre le folle, ma così forte nei confronti di un mondo peccaminoso da farsi nemici potenti e finire in
prigione.
Per ben tre volte nel testo troviamo la domanda rivolta a Giovanni: che dobbiamo fare? E per tre volte
Giovanni risponde con delle indicazioni molto pratiche. Tre risposte che sono ottime per riflettere sul nostro
modo di vivere, contestualizzando al 2021, in Italia, a Pisa i principi espressi da Giovanni Battista. Si tratta di
cose pratiche, ma non vorrei che il messaggio che passasse sia moralistico, “devi fare questo” “fai quello e
sarai un credente migliore”. Piuttosto è un messaggio di cambiamenti e di santità Cristocentrici.

In che modo usi ciò che hai?
La prima volta è la folla ad interrogare Giovanni (10), il quale risponde: «Chi ha due tuniche ne faccia parte
a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». La tunica di cui parla Giovanni era una specie di
camicia che si si indossava sotto il vestito, qualcuno ne indossava due per stare più caldo, qualcuno ne aveva
una per ricambio. A questa domanda Giovanni ordinando di fare qualcosa, mentre nelle altre due volte ordina
di non fare determinate cose.
La prima cosa di cui Giovanni parla è la generosità, la ricchezza, l’uso di quello che si ha. Non tanto la
generosità dei milionari, che possiedono case, macchine, jet privati. Ma una ricchezza molto più comune.
Giovanni parla di una persona che non ha mille tuniche, ma due e si priva di una per darla a chi non ce l’ha,
una persona che ha qualcosa da mangiare e lo condivide con chi non ha niente da mettere sotto i denti. Un po’
come chi decide di donare un rene. Non è che ha mille reni, e nell’abbondanza ne dona uno. Ma ne ha
soltanto due, e ne sacrifica uno rimanendo con uno soltanto per aiutare qualcuno.
Qual è la tua ricchezza? In che modo usi la tua ricchezza? In che modo sei generoso? Nessuno di noi vive in
condizioni di estrema povertà, tutti noi abbiamo molto più di tuniche o qualcosa da mangiare. I nostri armadi
sono probabilmente pieni di vestiti, le nostre dispense piene di cibo, le nostre giornate piene di ore.
Per Giovanni il credente è riconoscibile dal fatto che mette a disposizione quello che ha in modo da
condividerlo con chi non ha. Sacrifica qualcosa del suo, per aiutare chi è nel bisogno.
Paolo in un suo discorso afferma: “In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli
lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: “Vi è più gioia nel dare
che nel ricevere”».” Atti 20.35
Gesù è l’esempio perfetto di questo. Gesù non ha sacrificato qualcosina, ma ha donato tutto se stesso per noi,
e se diciamo e crediamo che l’ha fatto per noi, per me e per te, allora dobbiamo imparare a sacrificare quello
che abbiamo per chi è nel bisogno.

In che modo usi il tuo lavoro?
La seconda volta sono i pubblicani a chiedere a Giovanni cosa dovessero fare. Il Battista risponde dicendo:
«Non riscuotete nulla di più di quello che vi è ordinato». I pubblicani erano quei giudei che raccoglievano le
tasse per conto dell’Impero Romano. Era un lavoro che era malvisto da tutti, perché non soltanto questi
uomini erano visti come traditori della Patria perché collaboravano con il nemico, ma anche perché
svolgevano spesso il loro lavoro in modo corrotto, tassando più del dovuto le persone in modo che potessero
arricchirsi.
Forse se vogliamo pensare ad una categoria del giorno d’oggi potrebbe essere facile pensare a dei politici,
che tassano i cittadini per il proprio tornaconto. Ma anche qui, mi piace pensare anche a tutti noi, ai nostri
lavori “normali.”
Il secondo punto è: in che modo usi il tuo lavoro? Qual è il tuo lavoro o qual è la tua occupazione principale?
In che modo il tuo lavoro ti permette di arricchirti in maniera disonesta? In Italia siamo bravissimi a trovare
mille sotterfugi, mille modi per aggirare le norme e le regole al punto da dare quasi per scontati dei modi di
fare. Magari usi la macchina aziendale per scopi personali, o ti fai rimborsare delle spese che non ci sono, o
usufruisci di benefici che non ti appartengono.
In Colossesi 3 Paolo descrive la vita di coloro che sono resuscitati insieme a Cristo. E alla fine di questo
capitolo afferma:
23 Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, 24 sapendo che
dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore![g] 25 Infatti chi agisce
ingiustamente riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto, senza che vi siano favoritismi.
Il lavoro come lo capiamo oggi nasce dalla corruzione del peccato, e siamo spesso tentati di usare il lavoro
facendoci influenzare da dinamiche peccaminose. Ma il lavoro che definisce il nostro modo di operare è il
lavoro svolto da Cristo sulla croce, che ci porta usare il nostro lavoro alla gloria di Dio e non per il nostro
tornaconto personale

In che modo usi la tua forza?
La terza domanda a Giovanni gli viene rivolta dai soldati, al versetto 14: «E noi, che dobbiamo fare?» Ed
egli a loro: «Non fate estorsioni, non opprimete nessuno con false denunce e accontentatevi della vostra
paga». I soldati possono essere dei soldati romani, ma molto più probabilmente in questo episodio sono dei
soldati giudei, forse assoldati dai pubblicani per svolgere il loro lavoro. Anche qui, se vogliamo pensare ad
una corrispondenza contemporanea potremmo pensare a quelle persone delle Forze dell’ordine che usano la
posizione di forze e di autorità che ricoprono per opprimere, per ricattare, per avvantaggiarsi.
Ma anche in questo caso, non voglio fermarmi a questo esempio, visto che non abbiamo soldati o carabinieri
in mezzo a noi. Ma la domanda di fondo è: in che modo usi la tua forza? Tutti noi abbiamo posizioni di
vantaggio, momenti, relazioni in cui esercitiamo forza: pastori sulla chiesa, insegnanti sugli studenti,
genitori sui figli, nativi su stranieri, credenti maturi su neo credenti, esseri umani sul resto del creato, fratelli
maggiori su fratelli minori, persone dal carattere forte che si impongono su persone dal carattere più mite.

In che modo eserciti la tua forza?
L’esempio da seguire è quello di Dio. Lo vediamo nella Trinità, come abbiamo visto la scorsa volta,
nell’amore del Padre verso il Figlio. Lo vediamo nella creazione, nella quale il Signore, l’essere più potente
che esiste, delega la sua autorità all’uomo e gli chiede di governare sulla Terra nello stesso modo in cui lui
governa sull’essere umano, con cura, con attenzione, per il bene delle persone. Lo vediamo nell’esempio di
Gesù, che nonostante fosse il più sommo dei Maestri, si inginocchia davanti ai discepoli per pulire i loro
piedi sporchi e puzzolenti per poi dire
13 Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, che sono il Signore e il
Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Infatti vi ho dato un
esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. (Giovanni 13)
Lo vediamo anche in altre parole di Gesù. Cosa dice Gesù a coloro che sono oppressi e affaticati? Cosa dice
Gesù a coloro che sono inferiori a lui, peccatori, indegni, traditori, bugiardi, oppressi dal peso degli sbagli,
ovvero tutti gli esseri umani?
28 Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. 29 Prendete su di voi il mio giogo
e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le anime vostre; 30
poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero». (Matteo 11)
Gesù ci chiama a lui per governare nelle nostre vite in modo che noi possiamo sperimentare un governo, un
gioco, un carico dolce e leggero. è questo il modello che dobbiamo seguire quando siamo in una posizione di
forza, quando abbiamo la responsabilità su persone più deboli.
Giovanni ci porta a riflettere su tre domande molto pratiche, domande attraverso le quali possiamo
domandarci se stiamo vivendo per il Signore e nel modo in cui il Signore vuole.
In che modo sei generoso?
In che modo usi il tuo lavoro?
In che modo usi la tua forza?
Cosa dimostrano le nostre azioni del nostro rapporto con Dio? Forse abbiamo bisogno di ravvederci.
Ravvediamoci. Se non l’hai mai fatto, questo significa venire in preghiera a Cristo, parlare con lui,
confessargli di essere un peccatore che ha bisogno di un salvatore.
Ma molti di noi l’abbiamo già fatto. E forse c’è bisogno di un nuovo ravvedimento, perché tendiamo a cadere
nelle stesse trappole del popolo di Israele. Solo che nel nostro caso non andiamo nel Giordano per farci
battezzare da Giovanni, ma siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua grazia.

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