Gioele 2 – Come comportarsi nell’afflizione

 

Verso la fine della preparazione di questo messaggio sono incappato in una predicazione mentre
cercavo un versetto. La predicazione era di Alistair Begg, un ottimo predicatore, su un testo di 1
Samuele 5, uno dei libri più antichi della Bibbia.
E in questa predicazione, che ho finito per ascoltare interamente, Begg cita un versetto all’inizio del
suo messaggio che voglio citare anche io.
Sono delle parole di Paolo, che dice riguardo all’Antico Testamento che “tutto ciò che fu scritto nel
passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione che ci
provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.” (Romani 15:4).                                                                                                                                E credo che è proprio quello che vedremo anche noi oggi, un testo che non ha assolutamente nulla in comune con noi, ci può
comunque parlare in modo da darci, attraverso la pazienza e la consolazione dello studio della
Parola di Dio, di conservare la speranza al giorno d’oggi.

L’umiliazione del popolo di Dio per la volontà di Dio a causa del peccato del popolo di Dio
2:1 Suonate la tromba a Sion! Date l’allarme sul mio monte santo! Tremino tutti gli abitanti del
paese, perché il giorno del Signore viene, è vicino,
2 giorno di tenebre, di densa oscurità, giorno di nubi e di fitta nebbia! Come l’aurora, si sparge sui
monti un popolo numeroso e potente, quale non se n’è mai visto prima, e non se ne vedrà mai più in
appresso negli anni delle generazioni future.
3 Davanti a lui un fuoco divora, dietro divampa una fiamma. Prima di lui il paese era come il
giardino di Eden, dopo di lui è un deserto desolato; nulla gli sfugge.
4 A vederli, sembrano cavalli, corrono come dei cavalieri.
5 Sembra un fragore di carri, quando saltano sulle vette dei monti; crepitano come la fiamma che
brucia la stoppia. Sono come un popolo poderoso, schierato in battaglia.
6 Davanti a loro tremano i popoli, ogni volto impallidisce.
7 Corrono come prodi, danno la scalata alle mura come guerrieri; ognuno va diritto davanti a sé e
non devia dal proprio sentiero.
8 Nessuno spinge il suo vicino, ognuno avanza per la sua strada; si slanciano in mezzo alle frecce,
non rompono le file.
9 Invadono la città, corrono sulle mura; salgono sulle case, entrano per le finestre come ladri.
10 Davanti a loro la terra trema, i cieli sono scossi, il sole e la luna si oscurano, le stelle perdono il
loro splendore.
11 Il Signore fa sentire la sua voce davanti al suo esercito, perché le sue schiere sono innumerevoli,
perché l’esecutore della sua parola è potente, perché il giorno del Signore è grande, davvero
terribile! Chi potrà sopportarlo?
Come dicevo la volta scorsa il giorno del Signore è uno dei temi principali del libro del profeta
Gioele. E attorno a questo tema che ruota questa prima parte di Gioele 2. E si tratta del giorno del
Signore che sta per abbattersi sul popolo di Dio, il quale deve tremare (1). Di nuovo notiamo come
in questa fase del popolo di Dio, in questo profeta, il giorno del Signore è un giorno del giudizio.
Un giorno di tenebre, un giorno in cui il paese passa dell’essere un giardino dell’Eden ad un deserto
desolato.
Il giorno del Signore sembra proprio essere il giorno in cui il popolo di Giuda verrà sterminato
dall’attacco di un numerosissimo esercito straniero. Gioele descrive l’arrivo di un popolo numeroso
e potente, poderoso, ordinato e inarrestabile. Quello che Gioele vuole che sia chiaro, è che in
questo caso il popolo non sta subendo un attacco ingiusto, che questa volta il Signore non è dalla
loro parte. Anzi, il Signore fa sentire la propria voce davanti a questo esercito nemico, è il Signore
che guida la carica contro il suo popolo, “perché il giorno del Signore è grande, davvero terribile!
Chi potrà sopportarlo?”.
Mi domando se anche a noi capita di sentirci come si deve essere sentito il popolo di Giuda. Se ci
sentiamo schiacciati sotto la mano di Dio a causa dei nostri peccati. E so bene che la situazione di Giuda era diversa dalla nostra.

Abbiamo visto la volta scorsa come il Signore Gesù ha subito al
posto nostro il giorno di devastazione, il giorno del Signore, sulla croce. Ma al tempo stesso il
popolo di Giuda era il popolo di Dio, e la chiesa è oggi il popolo di Dio. E anche noi corriamo il
rischio di allontanarci dal Signore.
Magari iniziamo a stimare e amare i soldi che abbiamo o che potremmo avere.
Magari iniziamo a pensare che il nostro lavoro o la nostra università sia la priorità numero uno della
nostra vita.
Magari permettiamo ai social e a internet di avere le redini sui nostri sentimenti, e sono loro a
definire la nostra felicità o la nostra infelicità.
Magari iniziamo a giustificare il peccato nella nostra vita, dicendo che non è così grave, o non è
così grave come il peccato che vedo nella vita di altri credenti.
Magari siamo diventati freddi nel nostro amore verso Dio, o freddi e cinici nei confronti dell’opera
di Dio e dell’avanzamento del suo Regno.
E se avvengono queste cose, il Signore potrebbe farci sentire il peso e la gravità della situazione, di
un popolo che non cammina più alla luce de Signore, ma che preferisce vagare nelle tenebre del
peccato. La gravità di un popolo che si accontenta delle briciole, quando potrebbe godere
dell’abbondanza del banchetto del Signore.
E forse non ci sveglieremo con la casa invasa da locuste o con l’esercito assiro, o fiorentino, alle
porte della città. Ma non di meno il Signore ci può umiliare, e farci capire la gravità del nostro
orgoglio.
Richard Sibbes, un pastore puritano del 17 secolo, parlando di Matteo 12:20 (Non frantumerà la
canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia.)
afferma che
“L’umiliazione che sperimentiamo quando siamo “frantumati” rende Cristo prezioso al nostro
cuore, poiché il Vangelo ci abbassa e ci mostra l’inutilità della moralità delle “foglie di fico”
(Genesi 3:7). Quando, poi, siamo abbassati diventiamo più riconoscenti e portiamo più frutto alla
gloria di Dio. Infatti, cos’è che rende le persone fredde e indifferenti se non la mancanza di questa
esperienza di profonda umiliazione davanti a Dio? Il Signore agisce così verso di noi per farci
comprendere che, lontani da lui, non siamo che pecore senza pastore e per insegnarci a camminare
nelle sue vie.”
E’ quasi assurdo, non è vero? Pensare che qualcosa di negativo, qualcosa che fa soffrire, qualcosa di
umiliante, porta a qualcosa di positivo, porta a frutti alla gloria di Dio. sembra assurdo, ma non lo è,
se stai vivendo con il Signore. Perché tutti coloro che vivono con il Signore hanno sperimentato
questa cosa, nella propria vita e nella vita di altri. Sono testimoni di come si cresca, come ci si
fortifichi, come si glorifichi Dio in maniera soprannaturale nel momento dell’umiliazione, nel
momento in cui realizziamo ancora una volta che non ce la possiamo fare con le nostre forze.
Ma per diventare riconoscenti, per portare frutto alla gloria di Dio non solo dobbiamo sperimentare
queste profonda umiliazione davanti a Dio. Da sola questa non basta. Dobbiamo sfruttare questa
situazione per tornare a Dio, ed è quello che Gioele spiega nella sezione successiva del 2 capitolo.

Tornare a Dio
12 «Nondimeno, anche adesso», dice il Signore, «tornate a me con tutto il vostro cuore, con
digiuni, con pianti e con lamenti!»
13 Stracciatevi il cuore, non le vesti; tornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e
pietoso, lento all’ira e pieno di bontà, e si pente del male che manda.

14 Può darsi che egli torni e si penta, e lasci dietro a sé una benedizione: un’offerta e una libazione
per il Signore, vostro Dio.
15 Suonate la tromba a Sion, proclamate un digiuno, convocate una solenne assemblea!
16 Adunate il popolo, santificate l’assemblea! Adunate i vecchi, i bambini e quelli che poppano
ancora! Esca lo sposo dalla sua camera, e la sposa dalla camera nuziale!
17 Piangano, fra il portico e l’altare, i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Risparmia, o
Signore, il tuo popolo e non esporre la tua eredità all’infamia, allo scherno delle nazioni! Perché
dovrebbero dire fra i popoli: “Dov’è il loro Dio?”».
In che modo dobbiamo tornare a Dio? Nel momento dell’afflizione non dobbiamo lasciarci
scoraggiare e non dobbiamo essere ipocriti. Non dobbiamo lasciarci scoraggiare perchè il nostro
Dio è misericordioso, pietoso, lento all’ira, pieno di bontà. Il Signore aveva appena presentato il
giorno di tenebre e di morte, il giorno che nessuno potrebbe sopportare. Ma queste parole sono
seguite da un dolcissimo “nondimeno”. Abbiamo detto la volta scorsa che Gioele è pregno di
riferimenti ad altri libri dell’Antico Testamento. E queste caratteristiche di Dio non sono certo
presentate per la prima volta.
Già tramite Mosè il popolo di Israele aveva avuto modo di conoscere e gustare queste verità su Dio:
6«Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, 7
che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione
e il peccato, ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e
sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!» (Esodo 34:6-7)
State vendendo la gravità della situazione, nondimeno anche ora potete gustare la mia bontà e la
mia fedeltà. E in che modo dobbiamo avvicinarci a Dio? Sinceramente e senza ipocrisia. Il Signore
non chiede doni più generosi alla chiesa, non richiede opere e buone azioni, non richiede di pregare
più a lungo la domenica. Tutte cose che possono esserci, così come era normale avere delle persone
che si stracciavano le vesti ai tempi di Gioele, ma che devono essere collocate nella loro giusta
prospettiva. Ma quello che deve avere la priorità è di presentarsi a lui senza ipocrisia, con
pentimento, con tutto il nostro cuore, ovvero con la totalità del nostro essere.
Un ritorno al Signore senza scoraggiamento e senza ipocrisia, che vale per il singolo ma ancor di
più per la comunità. Se nel caso di Gioele tutto il popolo viene convocato per implorare il Signore,
oggi è la chiesa a dover rispondere al suono della tromba, ad adunarsi in una santa e solenne
assemblea, a chiedere al Signore di rivelare la sua bontà e la sua misericordia.
Ma anche questo è un processo che il popolo di Dio affronta con tristezza, ma non disperazione,
dispiacere per il proprio peccato ma non scoraggiamento.
Magari il nostro nemico prova a fiaccarci riprendendo le parole del versetto 17, dov’è il vostro Dio?
Magari la società ci spinge a pensare che il nostro Dio non esista o non possa fare niente. Magari i
nostri amici o alcuni conoscenti scuotono la testa quando ci vedono pensando “guardateli, questi
cristiani, rinunciano a tante cose, parlano sempre di Dio, ma a che pro? Per vivere afflitti?”
Ma noi conosciamo la risposta a questa domanda. Dov’è il nostro Dio? Sappiamo dove il nostro Dio
non era. Non era al fianco di Gesù mentre lui veniva ucciso sulla croce, perchè lo aveva
abbandonato per poterlo giudicare e condannare per il nostro peccato.
Per questo sappiamo dove è Dio oggi, se abbiamo accettato il sacrifico di Cristo Gesù. Il Signore è
al nostro fianco, il Signore è il nostro difensore contro le accuse del nemico, il Signore ha cancellato
ogni tipo di debito passato e futuro e per questo motivo possiamo avvicinarci al trono di grazia
senza nessuna paura, con la certezza che saremo accolti da Dio. Il Signore è al nostro fianco quando
siamo afflitti, quando chi non conosce Dio ci guarda e si fa beffe di noi.

La pietà e lo zelo di Dio
E questa cosa la vediamo già nelle parole di Gioele. Riprendiamo dal versetto 18.
18 Il Signore ha provato gelosia per il suo paese e ha avuto pietà del suo popolo.
Ecco l’ennesima conferma della fedeltà di Dio.
Il Signore ha pietà del suo popolo. E il Signore è mosso a gelosia. Forse gelosia ha una accezione
negativa per alcuni di noi. Pensiamo a persone che sono gelose in maniera maligna e cattiva. Ma
questa non è la gelosia di Dio per il suo popolo.
Un commentario che ho letto, afferma che “gelosia sarebbe forse meglio tradotto oggi con “zelo”,
di cui è una forma derivata. Il concetto…significa che Dio non è un essere freddo o astratto o
impersonale; Egli è amore ed è l’Iddio vivente. Nel pensiero biblico qanna’, “zelante”, indica una
vivente relazione personale, esclusiva nel senso che non è disposta a tollerare deviazioni o rivalità.
Poiché Dio è zelante vi sono tempo in cui Egli deve punire il suo popolo. Parimente, perchè è
zelante, Egli si distoglierà dalla sua ira e scenderà a salvare il suo immeritevole popolo.”2
Dio interviene per pietà nei confronti del suo popolo. E nei versetti successivi vediamo che cosa il
Signore promette al suo popolo.
19 Il Signore ha risposto e ha detto al suo popolo: «Ecco, io vi manderò grano, vino, olio, e voi ne
sarete saziati; e non vi esporrò più all’infamia tra le nazioni.
20 Allontanerò da voi il nemico che viene dal settentrione, lo respingerò verso una terra arida e
desolata: la sua avanguardia, verso il mare orientale, la sua retroguardia, verso il mare
occidentale; la sua infezione salirà, aumenterà il suo fetore», perché ha fatto cose grandi.
21 Non temere, o terra del paese, gioisci, rallègrati, perché il Signore ha fatto cose grandi!
22 Non temete, o animali selvatici, perché i pascoli del deserto rinverdiscono, perché gli alberi
portano il loro frutto, il fico e la vite producono abbondantemente!
23 Voi, figli di Sion, gioite, rallegratevi nel Signore, vostro Dio, perché vi dà la pioggia d’autunno
in giusta misura e fa scendere per voi la pioggia, quella d’autunno e quella di primavera, come
prima.
24 Le aie saranno piene di grano, i tini traboccheranno di vino e d’olio.
25 «Vi compenserò delle annate divorate dal grillo, dalla cavalletta, dalla locusta e dal bruco, il
grande esercito che avevo mandato contro di voi.26 Mangerete a sazietà e loderete il nome del
Signore, vostro Dio, che avrà operato per voi meraviglie, e il mio popolo non sarà mai più coperto
di vergogna.
Se vi ricordate la volta scorsa abbiamo visto in Gioele 1 una terra devastata, ogni pianta distrutta,
ogni deposito di cibo vuoto. Oggi abbiamo visto un popolo in palese difficoltà, non l’umore sotto i
piedi. E in questi versetti Gioele promette la liberazione dal nemico, versetti 19-20, la restaurazione
della terra devastata, nei versetti 21-26.

La presenza di Dio
Ma abbiamo anche visto un popolo lontano dal Signore, che è la cosa peggiore di tutte. E questa
sezione del 2 capitolo di Gioele si conclude con queste parole:
27 Conoscerete che io sono in mezzo a Israele, che io sono il Signore, vostro Dio, e non ce n’è
nessun altro; e il mio popolo non sarà mai più coperto di vergogna

L’afflizione e l’umiliazione che il Signore manda, se accolte nella maniera giusta dal popolo di Dio,
ovvero con un pentimento sincero, senza ipocrisia e fiducia in Cristo, portano a questa verità, a
sperimentare la presenza del Signore, a godere del Signore come proprio Dio, a non sentire più la
vergogna del peccato e delle accuse del nemico. E tutto questo è già vero in questo momento, in
questa vita e in questo mondo. Ovviamente in modo imparziale, ma è proprio in questo mondo
imperfetto, corrotto, nel quale cadiamo e siamo tentati, che il Signore opera per modellarci, per farci
crescere, per trasformarci a sua immagine di gloria in gloria (2 Corinzi 3:18) fino al raggiungimento
della completa manifestazione di questa promessa in Gioele 2:27 e che troviamo alla fine della
Bibbia:
Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio
stesso sarà con loro {e sarà il loro Dio} (Apocalisse 21:3)
Forse senti la mano di Dio pesante contro di te. Per quanto possa sembrare assurdo, come abbiamo
visto oggi, è per il nostro bene, per permetterci di tornare con tutto il nostro cuore al Signore, il
nostro Dio.

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