Non so se anche a voi capita a volte di voler essere ovunque, magari di essere presenti a tutti gli eventi della chiesa, di missioni, di gruppi cristiani. E magari abbiamo anche modo di essere molto coinvolti. Poi magari cambia qualcosa nella nostra vita: cambiamo città, lavoro, o entrambi, ci ammaliamo, siamo più impegnati, ci nasce un figlio. E all’improvviso tutto cambia. Noi possiamo più essere sempre presenti, ci sembra di perderci troppe cose, di essere ai margini, di non poter fare più niente, ci sembra di non essere più attivi. E ad un certo punto realizziamo che non possiamo essere onnipresenti, ci rendiamo conto che non possiamo controllare ogni cosa.
Cosa succede in questi momenti? Dove troviamo la nostra gioia come discepoli di Gesù?
E’ qualcosa che anche i discepoli devono aver sperimentato, come possiamo vedere in Giovanni 4.
4 Ora doveva passare per la Samaria. 5 Giunse dunque a una città della Samaria, chiamata Sicar[b], vicina al podere che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe; 6 e là c’era la fonte di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del cammino, stava così a sedere presso la fonte. Era circa l’ora sesta…
8 (Infatti i suoi discepoli erano andati in città a comprare da mangiare.) ….
27 (B)In quel mentre giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che egli parlasse con una donna; eppure nessuno gli chiese: «Che cerchi?» o: «Perché discorri con lei?» 28 La donna lasciò dunque la sua secchia, se ne andò in città e disse alla gente: 29 «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto; non potrebbe essere lui il Cristo?» 30 La gente uscì[i] dalla città e andò da lui.
31 Intanto i discepoli lo pregavano, dicendo: «Rabbì, mangia». 32 Ma egli disse loro: «Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete». 33 Perciò i discepoli si dicevano gli uni gli altri: «Forse qualcuno gli ha portato da mangiare?» 34 Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua. 35 Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura. 36 Il mietitore riceve una ricompensa e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. 37 Poiché in questo è vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”. 38 Io vi ho mandati a mietere là dove voi non avete faticato; altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica».
39 Molti Samaritani di quella città credettero in lui a motivo della testimonianza resa da quella donna: «Egli mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40 Quando dunque i Samaritani andarono da lui, lo pregarono di trattenersi da loro; ed egli si trattenne là due giorni. 41 E molti di più credettero a motivo della sua parola 42 e dicevano alla donna: «Non è più a motivo di quello che tu ci hai detto, che crediamo; perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente [il Cristo,] il Salvatore del mondo».
Oggi vogliamo parlare di questo frutto eterno che porta gioia al seminatore e al mietitore.
Continuiamo oggi il nostro percorso accompagnando i discepoli di Gesù nel Vangelo di Giovanni. Dopo aver compiuto lo strano miracolo al matrimonio di Cana, Gesù era stato a Gerusalemme per la pasqua e ora stava tornando in Galilea, a nord di Gerusalemme.
Durante il viaggio, abbastanza lungo, il gruppetto composto da Gesù e dai discepoli si ferma nella Samaria, una regione tra la Galilea e la Giudea. Siamo in Toscana, dove si sente forte la rivalità fra città toscane e quindi forse possiamo avere una vaga idea dell’odio che c’era fra questi due popoli.
Gesù si ferma ad un pozzo vicino ad un villaggio, e i discepoli vanno nel villaggio a prendere qualcosa da mangiare. Quando i discepoli tornano si accorgono che è successo qualcosa. E ancora una volta il loro Maestro stava facendo qualcosa di inaspettato, qualcosa di scandaloso. Gesù stava parlando con una donna samaritana.
Ora, per noi questo può sembrare abbastanza normale perché nella nostra società e nella nostra cultura siamo liberi di parlare con tutti e in qualsiasi circostanza. Ma per i discepoli vedere questa interazione era sbalorditivo perché:
Gesù era uomo, e la samaritana era una donna. Gli uomini non parlavano da soli con delle donne che non erano loro mogli.
Gesù era ebreo e la donna era samaritana, e gli ebrei non parlavano con i samaritani, men che meno con le donne samaritane.
Gesù era il Messia, puro e santo, mentre la donna (come scopriamo leggendo la parte del capitolo che non abbiamo letto), viveva in una relazione adultera, viveva con un uomo che non era suo marito uno dei peccati peggiori di fronte a Dio e per la società del tempo. Inoltre questa stessa donna aveva avuto in precedenza altre cinque relazioni tutte finite male. Era per questo motivo che viveva evitando le persone del villaggio, era per questo motivo che andava a prendere l’acqua a mezzogiorno, sotto il sole cocente, e non andava con le altre donne la mattina presto o la sera, quando faceva più fresco.
E proprio a questa donna, Gesù offre la via d’uscita. A questa donna Gesù dice “Io sono il Salvatore.” Ad una donna che aveva un disperato bisogno di perdono, di consolazione, Gesù offre l’acqua viva, una nuova vita spirituale, che è in grado di soddisfare i vari tipi di sete che contraddistinguono la nostra vita. Gesù offre di entrare nella vita della donna e di colmare i suoi desideri sballati, la sua vergogna, la sua sofferenza.
è in questo momento che tornano i discepoli. I discepoli notano qualcosa di strano, ma non si azzardano di chiedere a Gesù perché stesse parlando con una donna straniera. Quello che non sapevano, era che questa donna samaritana aveva appena accettato Gesù, aveva riconosciuto in Gesù il salvatore personale di cui aveva bisogno. E di conseguenza la samaritana si dimentica dell’acqua che era venuta a prendere, lascia la brocca sul posto e va a parlare di questo uomo che aveva conosciuto al pozzo al resto delle persone del villaggio, a quelle persone che fino a pochi attimi prima cercava di evitare.
La prima riflessione che i discepoli devono aver fatto, è che il frutto eterno cresceva anche quando loro non erano presenti. La donna samaritana aveva incontrato Gesù e non aveva certo bisogno dell’intervento dei discepoli. Forse i discepoli potevano essere indispettiti, o potevano essere gelosi, ma speriamo che invece si siano rallegrati per il frutto che cresce anche quando non si è presenti.
Mentre la donna samaritana torna verso il villaggio, Gesù impartisce un’altra lezione ai suoi seguaci. Mentre i discepoli erano preoccupati del cibo fisico, Gesù rivela che il suo cibo preferito era fare la volontà del Padre, compiere l’opera sua. E svela una cosa importante sull’opera di Dio:
36 Il mietitore riceve una ricompensa e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. 37 Poiché in questo è vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”. 38 Io vi ho mandati a mietere là dove voi non avete faticato; altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica»
In altre parole: a volte siamo presenti quando nasce il frutto, ma questo frutto è frutto, scusate il gioco di parole, del lavoro di qualcun altro. In questo caso, Gesù invita i suoi discepoli ad alzare gli occhi e vedere le campagne che biancheggiavano per la mietitura. E probabilmente il Signore stesse facendo riferimento a tutte quelle persone che stavano arrivando dal villaggio per ascoltare Gesù, che avrebbero interagito con i discepoli, che dai discepoli avrebbero potuto sentire la bellezza e l’importanza di Cristo. Tutto questo frutto era il frutto del lavoro della samaritana.
Eh si, proprio la samaritana. Che aveva iniziato la giornata in una situazione disperata, e che poi aveva incontrato Gesù è ricevuto da lui l’acqua viva che cambia la vita.
Era a motivo della testimonianza resa da quella donna che molti samaritani di quella città credettero in Gesù. E noi siamo come quella samaritana. Noi tutti siamo la donna samaritana. Noi tutti abbiamo il nostro vaso di pandora pieno di cose di cui ci vergognamo, cose che pensiamo potrebbero distruggere la nostra vita. Le cose di cui più ci vergognamo, sono state perdonate e cancellate da Cristo nel momento in cui lo Spirito di Dio è entrato nelle nostre vite per creare vita. Le cose di cui più ti vergogni, possono essere perdonate e cancellate se decidi di riconoscere Cristo.
E se pensi di non essere come la samaritana, se pensi che la tua situazione di fronte al Signore non è così disperata, non hai capito la gravità del tuo peccato di fronte a Dio.
Se Gesù ha permesso che la donna samaritana portasse il vangelo al suo villaggio, allora vuol dire che desidera che anche noi portiamo del frutto eterno.
Quando guardo a questa chiesa vedo molte persone che all’inizio non c’erano, ma insieme possiamo rallegraci insieme perchè il frutto dell’opera di Dio cresce anche quando noi non siamo presenti, quando non abbiamo idea di cosa sta succedendo in un determinato luogo e in in un determinato momento e con delle determinate persone.
Ma anche coloro fra di noi che c’erano dal primo momento, quelli che erano presenti dal primissimo incontro, quelli che hanno pregato per questa chiesa dall’inizio, dovrebbero ricordarsi che il frutto che possiamo vedere in questo momento è frutto di altre persone che sono venute prima di noi, che prima di noi hanno lavorato il terreno, che prima di noi hanno pregato per questa città. Posso citare OM, perchè è una realtà che conosco, una missione che già negli anni 60 era per le strade di Pisa a predicare il Vangelo e che è tornata in questa città cinque anni fa. Ma sono sicuro che ci sono tanti altri credenti che hanno lavorato, in maniera fedele e umile, per preparaci il terreno. E, ancora più importante, so che il Signore ha preparato, lavorato, faticato per preparare il terreno per una nuova chiesa, per una nuova famiglia, per nuovi credenti, per l’avanzamento del suo regno. Possiamo rallegrarci praticamente per tutto il lavoro che è stato fatto prima di noi, e che noi possiamo fare per coloro che verranno dopo.
Come discepoli di Gesù ci rallegriamo sia se siamo i seminatori, sia se siamo i mietitori. Ci rallegriamo insieme, se siamo presenti oppure no. Ci rallegriamo a prescindere da chi ha portato il vangelo. Ci rallegriamo non per il lavoro che abbiamo fatto noi, ma per il frutto che ci sarà o il frutto che già vediamo. Un frutto eterno. Ci rallegriamo perchè noi non siamo Dio, non possiamo essere ovunque, non possiamo controllare tutto, ma Dio è Dio, è ovunque, ha tutto sotto controllo, e nel suo governare porta avanti la crescita del frutto.
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