La croce del discepolo

Qualche settimana fa abbiamo letto, durante il primo culto, Proverbi 10:10 “Il nome del Signore è una forte torre, il giusto vi corre è vi trova un alto rifugio.” Abbiamo riflettuto insieme che se vogliamo poter godere della protezione che il Signore offre, dobbiamo lavorare al nostro rapporto con Dio e che questo rapporto è solo disponibile per i giusti. E i giusti sono solo coloro che ricevono lo status di giusto da Cristo. Quel versetto è stato il nostro punto di partenza: come essere umani siamo alla ricerca di qualcosa di più grande di noi, qualcosa che dia senso alla nostra vita, è quel qualcosa può solo essere Dio. Un Dio che in Cristo si è messo a disposizione.

La seconda domenica abbiamo visto che se da una parte Dio è la Torre, dall’altra l’essere umano vuole sostituire sé stesso a questa torre. Insieme abbiamo letto della Torre di Babele. Abbiamo visto che la giustizia di Dio non può rimanere indifferente di fronte a questo tipo di ribellione. Dio punisce i costruttori della Torre di Babele disperdendoli sulla faccia della terra, ma non si dimentica dell’essere umano perché Cristo riunisce ora, intorno a sé, un nuovo popolo dall’estremità della terra.

La terza settimana abbiamo letto parte di un Salmo di Davide, il salmo 61. In questi versetti abbiamo visto come Davide pregasse e si rivolgesse con convinzione a Dio alla luce del passato, sicuro di quello che sarebbe successo nel futuro. Dio si era già dimostrato una torre fortificata, e quindi Davide poteva fidarsi di Lui. In maniera ancora più evidente, Dio ha mostrato il suo amore con la croce, quindi noi possiamo andare verso un futuro ignoto e forse difficile sapendo che Dio ci ama.

La scorsa settimana abbiamo approfondito il discorso della croce, leggendo della crocifissione di Gesù in Luca 23. Abbiamo paragonato la torre alla croce, una costruzione verticale che sebbene sembri debole e sembri rappresentare la sconfitta di Dio, rappresenta la costruzione più forte e stabile che sia mai esistita, perché quella croce rappresenta la sconfitta definitiva del peccato, della morte e di Satana per coloro che muoiono con Cristo sulla croce.

Oggi concludiamo la prima serie di predicazioni della nostra chiesa e lo facciamo con un testo, sempre dal Vangelo scritto da Luca, che parla di croce e parla di torre.

“Or molta gente andava con lui; ed egli, rivolto verso di loro, disse: 26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. 27 E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28 Chi di voi, infatti, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa per vedere se ha abbastanza per poterla finire? 29 Perché non succeda che, quando ne abbia posto le fondamenta e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno comincino a beffarsi di lui, dicendo: 30 “Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto terminare”.” (Luca 14)

Se siamo qui questa sera è perché, probabilmente, il Dio che viene descritto nella Bibbia e il Dio di cui abbiamo parlato in queste prime settimane ci interessa, in qualche modo. Lo stesso è avvenuto durante la vita di Gesù. Nei capitoli centrali del Vangelo di Luca, Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e durante il percorso di avvicinamento verso la capitale visita paesi e villaggi, incontra persone, dibatte con religiosi, racconta parabole, compie miracoli. La visita di Gesù in un luogo era accompagnata da meraviglia, curiosità, critiche, polemiche. E molti decidevano di accompagnarlo nel suo percorso, per i motivi più svariati: alcuni volevano usare Gesù, altri volevano conoscerlo meglio, altri speravano di poter essere guariti o miracolati, altri volevano metterlo alla prova, altri volevano assistere a questo avvenimento di cui tanto si parlava.

La prima cosa che mi colpisce di questo testo è che a Gesù non interessa la folla, non gli interessa essere al centro dell’attenzione di persone che lo stanno seguendo. Gesù sapeva bene che tante persone che stavano camminando con lui lo stavano facendo nel modo sbagliato o per motivi sbagliati. Gesù avrebbe potuto sfruttare questa folla a suo favore, avrebbe potuto usare per la sua fama la delusione, l’incomprensione, la voglia di novità, la curiosità che provavano le persone che lo seguivano. Questo è quello che vediamo fare da molti politici, che sfruttano questi sentimenti che bollono dentro le persone, facendo false promesse per accrescere il proprio consenso e la propria importanza. Non faccio di tutta l’erba un fascio, ma credo che sia evidente che a molti di questi politici non interessano veramente le persone che li stanno seguendo né tanto meno perché li stanno seguendo. Ma lo stesso discorso si potrebbe fare con noi. Da chi vogliamo essere seguiti? Vogliamo così tanto essere al centro dell’attenzione che non ci importa chi ci segue e perché ci sta seguendo? Preferiamo 100 like su FB ad una persona che ci conosce veramente?

Gesù invece mostra in questo episodio la sua umiltà e la sua schiettezza.  Gesù mostra ripetutamente nei Vangeli che non gli interessa la folla, non gli interessa essere seguito. Ciò che gli interessa veramente è CHI lo seguiva e perché lo seguiva. Quindi durante il suo cammino, si gira verso le tante persone che lo seguono e dice loro queste parole

“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo.”

Le parole di Gesù sono forti, ma non devono essere prese alla lettera. Sono parole che Gesù usa per far scaturire una reazione, per far comprendere l’importanza del concetto che sta esprimendo. La traduzione italiana poi è addirittura più forte dell’originale greco, in quanto il verbo usato vuol dire destare, odiare, ma in maniera comparativa. Non è l’amore per la propria famiglia e per la propria vita ad essere messo in discussione, perché la famiglia e la vita sono doni e creazioni di Dio. Ciò che Gesù vuol fare capire è che l’importanza che noi diamo ad esse che deve essere preso in considerazione.

Ma le parole di Gesù sono effettivamente forti, e stridono un po’. Soprattutto al giorno d’oggi, quando vogliamo sempre cercare di evitare di offendere o ferire qualcuno, al costo di compromettere la verità. Le parole di Gesù ci devono far riflettere, non ci devono lasciare indifferenti perché la posta in gioco è alta.

Potrei essermi fidanzato o sposato da poco, o potrei essere molto legato ad un mio fratello o una mia sorella. Se la mia vita gira attorno a questa relazione, se questa relazione è la mia linfa vitale, se         questa relazione non ha come scopo l’essere basata su Cristo e non ha come obiettivo finale Cristo, allora questa relazione sta prevalendo sul mio rapporto con Dio.

Oppure potrei essere follemente innamorato della mia vita: mi piace il lavoro che ho o il corso di studi che sto seguendo, faccio principalmente cose che mi piacciono nel tempo libero, sono socialmente attivo oppure regolarmente impegnato ad aiutare persone nel bisogno. Magari vado anche regolarmente in chiesa, ma non è quello che mi motiva.

Questo tipo di persone, non sono le persone dalle quali Gesù vuole essere seguito. Gesù vuole essere seguito da persone che lo mettono al primo posto, sia perché lui è degno di essere messo al primo posto, sia perché metterlo al primo posto è la scelta migliore per l’essere umano. Metterlo al primo posto vuol dire essere in grado di amare in maniera più profonda e in maniera più piena sia i nostri famigliari che noi stessi. Metterlo al primo posto vuol dire dimostrare di amare veramente le persone che ci sono più care. Metterlo al primo posto ci permette di amare meglio il prossimo.

Come tutti voi sanno giovedì scorso è stato San Valentino. Non so cosa avete fatto, forse avete avuto una cenetta romantica con qualcuno e avete pensato di non avere bisogno di nient’altro nella vita. Forse non avete fatto niente, e avete pensato che se solo aveste avuto qualcuno con cui condividere la giornata, tutto sarebbe stato più bello. Entrambi questi pensieri sono delle bugie, che sostituiscono l’amore definitivo di Dio con un surrogato, con una brutta copia. La conseguenza di questo amore falsato, sarà spiacevole.

Nelle meditazioni che sto leggendo in questi giorni ho trovato, venerdì, questa frase di C. S. Lewis, che è un regalo inatteso da parte da Dio, visto che mi sembra descrivere molto bene questo concetto.

“Quando avrò imparato ad amare Dio meglio dei miei cari sulla terra, amerò i miei cari sulla terra meglio di quanto sto facendo ora.

Fino a quando continuo ad amare i miei cari sulla terra a spese di Dio, continuerò a muovermi verso uno stato in cui non amerò affatto i miei cari sulla terra.

Quando mettiamo prima le cose importanti, le cose secondarie non sono soppresse, ma crescono.”

Tornando al nostro testo, erano tante le persone che andavano in giro con Gesù, ma erano poche le persone che volevano seguirlo. Erano tanti che probabilmente affermavano di essere parte della cerchia di Gesù, ma quelli che Gesù avrebbe dichiarato come suoi erano molti meno. Tanti erano i conoscenti di Gesù, ma pochi erano i discepoli.

Chi è il discepolo di Gesù?

“E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.”

Il discepolo di Gesù è colui che segue l’insegnamento del Maestro. È colui disposto a vivere una vita difficile, come la vita che ha vissuto Gesù, una vita che lo ha portato a morire sulla croce. Ma al tempo stesso una vita che onori il Signore, una vita di ubbidienza al Signore, una vita in comunione col Signore. Queste erano le persone che voleva attorno a sé Gesù. Abbiamo visto la settimana scorsa che la croce di Gesù non è stato un posto particolarmente piacevole, e le parole di questi versetti sono quasi profetiche, perché della molta gente che andava con lui pochi saranno quelli che lo sosterranno durante il calvario. La cosa bella di queste parole dirette e dure di Gesù, è che non ci sta ordinando di fare qualcosa che lui si è rifiutato di fare. Gesù ci chiama a vivere una vita difficile, di lotta contro il peccato e contro il mondo, avendo lui per primo preso la sua croce, letteralmente e figurativamente, fino ad esserci stato messo sopra.

Seguire Gesù allora non è una cosa semplice, e non è una cosa da prendere alla leggera. Il testo che abbiamo letto continua infatti in questo modo

“28 Chi di voi, infatti, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa per vedere se ha abbastanza per poterla finire? 29 Perché non succeda che, quando ne abbia posto le fondamenta e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno comincino a beffarsi di lui, dicendo: 30 “Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto terminare”.”

La costruzione della Torre di Pisa è iniziata nel 1173 per poi interrompersi a causa del cedimento del terreno. I lavori ripresero nel 1275, cento anni dopo, e il campanile fu completato nel 1350. Questo è solo un esempio, perché in Italia abbiamo tantissimi altri edifici e costruzioni che non sono mai state finite, per tantissime ragioni.

La costruzione di un edificio è una cosa seria e deve essere ponderata alla luce dei soldi a disposizione, il terreno sul quale vogliamo costruire, i muratori che abbiamo eccetera. La costruzione della nostra vita è ancora più importante, e Gesù ci sta dicendo che se vogliamo essere suoi discepoli dobbiamo essere pronti a perdere tutto, a rinunciare a tutto, come lui ha fatto lasciando il cielo e venendo sulla terra.

Paolo descrive molto bene questo atteggiamento di Cristo in una delle sue lettere, dove scrive

“Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente[a], 7 ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.” (Filippesi 2)

Gesù ha rinunciato a tutto, e se vogliamo veramente seguirlo, dobbiamo essere pronti a fare lo stesso.   Se siamo seri rispetto alla chiamata di Dio, dobbiamo farci alcune domande:

  • Sono un suo discepolo?

La prima domanda da pormi è la seguente: l’ho accettato? Ho riconosciuto il mio bisogno di un Salvatore, ho accettato il sacrificio di Cristo e l’ho reso il Signore della mia vita? Questa è la domanda più grande, la domanda più importante. Sto solo accompagnando Gesù, sto solo andando in chiesa, sto solo leggendo la Bibbia ogni tanto, o ho deciso di seguirlo, di diventare un suo discepolo, di rinunciare a tutto? Se la risposta a questa domanda è no, voglio invitarti a riflettere sul perché. Cosa ti sta fermando? C’è qualcosa che ti distrae? Qualcosa che ti blocca? Cristo è a tua disposizione, il suo sacrificio è a disposizione. Se quello che predichiamo in questa chiesa, se quello che leggi nella Bibbia è qualcosa che vuoi anche tu, puoi averlo! Sei disposto a rinunciare a tutto per averlo? La canzone che abbiamo cantato durante la lode, “Mi son deciso a seguire Cristo”, è stata cantata da un cristiano in India, mentre i suoi due figli, sua moglie e infine lui stesso sono stati uccisi a causa della loro fede in Cristo Gesù. Non è che questo uomo non amasse sua moglie, i suoi figli o la sua vita, ma amava di più il Salvatore.

  • Continuo ad essere un suo discepolo?

Se la risposta alla pima domanda è invece sì, la seconda domanda è: continuo ad accettarlo? Continuo ad essere disponibile quando devo prendere la mia croce? È la seconda volta nel Vangelo di Luca che troviamo questo invito a prendere la croce, e al capitolo 9 Gesù dice

Diceva poi a tutti: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. (Luca 9)

Seguire Gesù è una azione quotidiana, giorno dopo giorno dobbiamo decidere di prendere la croce e seguirlo. Sono disposto a lasciare il mondo, per prendere quotidianamente la croce? Sono disposto a seguirlo, anche se nessuno viene con me? Sono disposto a seguirlo, anche quando questo vuol dire vivere lontano dalla mia famiglia, dai miei cari, quando questo vuol dire ubbidire ad una chiamata difficile o lo seguo solamente quando mi fa comodo? Sono disposto a seguirlo, amando più lui di ogni altra cosa?

  • Siamo una chiesa-discepolo?

Infine, la terza e ultima domanda: stiamo prendendo la croce come chiesa? La chiesa non è soltanto una bella comunità che passa del tempo insieme. La chiesa è la sposa di Cristo, è il corpo di Cristo. La chiesa è stata inaugurata dalla venuta di Cristo, la chiesa gli appartiene e la chiesa dovrebbe vivere prendendo la croce ed essendo disposta a rinunciare a tutto pur di seguire Cristo. Siamo una chiesa che vuole usare il Signore, o siamo una chiesa che vuole essere discepolata da Cristo? Abbiamo considerato il costo della chiesa e siamo comunque disposti a dire che no, indietro non torneremo? Siamo una chiesa che vuole servire la città, che vuole amare i pisani, gli studenti, i giovani ma che basa queste attività nell’amore per Cristo? Siamo una chiesa pronta ad essere giudicata e derisa dalla società che ci circonda, pur di continuare a servire Cristo? Siamo pronti a dire cose spiacevoli o che possono ferire, ma che sono vere e bibliche? Siamo una chiesa che sogna di avere tanti membri, o una chiesa che sogna di avere veri discepoli di Cristo? Siamo una chiesa pronta a pagare il prezzo del discepolato?

Queste domande sono difficili da rispondere. E non sono domande che faccio perché voglio riempirci di senso di colpa o perché voglio che qualcuno si allontani da Cristo. Sono domande, come le parole di Gesù, che testano la nostra vita e che dovrebbero portarci ad avvicinarci alla forza e al coraggio che Gesù può essere per noi. Questo episodio mi ha ricordato un altro episodio nella vita di Gesù, dopo un suo discorso molto difficile da comprendere e da accettare che trovate nel capitolo 6 di Giovanni, dal versetto 22. In quella occasione molte persone dissero proprio “Questo parlare è duro, chi può ascoltarlo?”  e dopodiché lo abbandonarono. Di nuovo, Gesù allontana coloro che non lo stavano seguendo per il giusto motivo. Subito dopo chiede ai dodici se anche loro volessero andare via, e spero che la risposta di Pietro possa essere la nostra risposta oggi

“Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna! E noi abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di DIO!” (Giovanni 6:68-69)

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