La perfezione come adempimento della Legge- Matteo 5: 33- 48

Per il mio addio al celibato è stato organizzato un’attività che consisteva nel percorrere il percorso di un fiume tra cascate, gole, salti, pareti dalle quali calarsi con una corda. A guidare il nostro gruppo c’era Marco, una persona che ci diceva cosa fare e come farlo e ci spiegava le varie caratteristiche dei passaggi. Più il tempo passava, più ci rendevamo conto che ci potevamo fidare delle parole e delle istruzioni di Marco. Più ci rendevamo conto che quello che diceva era vero, più ci sentivamo tranquilli nel fare le cose. Che bello quando abbiamo a che fare con delle persone le cui parole hanno un peso. Che bello avere a che fare con delle persone di cui ci si può fidare. Che bello anche sentire, in un certo senso, l’amore e la cura di Marco nei nostri confronti.

 

 

Finiamo oggi il primo capitolo del sermone sul monte.

Gesù inizia questo famosissimo messaggio parlando dell’identità di coloro che appartengono al suo regno, al Regno dei cieli che lui è venuto ad inaugurare. L’identità di queste persone, dei discepoli, è caratterizzata dalle seguenti cose: poveri in spirito, afflitti, i mansueti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, si adoperano per la pace, e perseguitati per motivo di giustizia. Questi cittadini del regno saranno perseguitati ma al tempo stesso saranno la luce e il sale di Cristo in questo mondo. Come? Partendo dalla Parola Gesù ci mostra che dobbiamo perseguire la giustizia di Dio, ovvero amare e conoscere il Signore in modo da mettere in pratica la sua Parola, che trova il proprio adempimento in Cristo Gesù. Questo adempimento, abbiamo detto la volta scorsa, non è né una meccanica ubbidienza alla legge, tipica dei farisei che Gesù critica, né l’abolizione della legge e di alcune parti della legge.

Gesù quindi continua prendendo 6 esempi, 6 citazioni dal Vecchio Testamento per mostrare il vero significato della Legge. I primi tre li abbiamo visti domenica scorsa: “non uccidere”, “non commettere adulterio”, “chiunque ripudia sua moglie le dia l’atto di ripudio”. Oggi guarderemo gli ultimi tre esempi.

Persone la cui parola ha un peso

Matteo 5:33 «Avete anche udito che fu detto agli antichi: “Non giurare il falso[p]; da’ al Signore quello che gli hai promesso con giuramento”. 34 Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35 né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re.  36 Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero.  37 Ma il vostro parlare sia: “Sì, sì; no, no”; poiché il di più viene dal maligno.

“Non si giura”, quanti di noi abbiamo detto o sentito questa frase, soprattutto se cresciuti in una famiglia cristiana. La citazione dell’Antico Testamento alla quale fa riferimento Gesù viene da diversi testi, tra cui Levitico 19:12 che dice “Non giurerete il falso usando il mio nome; perché profanereste il nome del vostro Dio. Io sono il Signore.”

In Israele i giuramenti erano molto importanti ed avevano anche una valenza legale. Era proibito giurare nel nome del Signore, perché una tale promessa avrebbe implicato che un eventuale debito sarebbe dovuto essere estinto dal Signore stesso. Per questa ragione le persone cercavano di enunciare dei giuramenti che fossero quanto più possibile vicini a Yahweh. Veniva citato il cielo, in quanto abitazione di Dio. Veniva citata la terra, sua creazione. Veniva citata Gerusalemme, la città di Dio sulla terra. Si cercava la cosa più vicina a Dio, senza citare Dio.

Ma perchè veniva fatto questo? Evidentemente perché la parola delle persone non aveva più importanza. Si ricorreva spesso al giuramento perché le persone non erano oneste e veritiere. Quello che le persone dicevano non aveva peso. Ovviamente questa cosa non può essere vera per coloro che si definiscono discepoli di Dio, per coloro che fanno parte del suo Regno, per coloro che servono il Dio che è Verità assoluta.

Se i giuramenti dovevano essere usati per imbrogliare, per arricchirsi, per sfruttare, per ambizioni personali, allora Gesù preferiva che non si giurasse affatto.

Con Cristo Gesù l’apparenza deve essere sostituita dalla sostanza. Ed è molto difficile per l’essere umano fare questa cosa. è facile apparire belli a parole, ma noi dobbiamo sostituire le belle parole con qualcosa di concreto. Con Cristo Gesù l’apparenza deve essere sostituita dalla sostanza. Dobbiamo mantenere fede alle promesse che facciamo, dobbiamo essere onesti nei nostri affari. Dobbiamo essere in grado di parlare con dei semplici “si” e dei semplici “no”. Immaginate che bello se fra di noi e attorno a noi le persona sapessero che quello che diciamo è vero, se non ci fosse bisogno di rimarcare le nostre affermazioni con “ma ti prometto che”, “veramente”, “davvero”, “ti giuro che”.  Che bello quando una guida ti dice “qui puoi tuffarti senza farti del male” ed è effettivamente così. Che bello quando le nostre parole non sono il frutto della nostra natura carnale, ma il frutto della presenza dello Spirito di Dio in noi, lo Spirito di verità.

Significa che non dobbiamo fare promesse, che non possiamo fare giuramenti in tribunale? Come detto l’altra volta, un’interpretazione “ridicola” è difficile da credere. Quello che Gesù vuole e che noi realizziamo che non si può scherzare con Dio, che tutto quello che ci passa per le mani, tutto quello che vediamo e tutto quello che non vediamo appartiene già al Signore e siamo chiamati a gestire ogni cosa con integrità, con verità e con onestà.

Un esempio molto pratico: è facile dire ad una persona “pregherò per te”. Perché sono delle parole che ci fanno apparire belli. è molto più difficile essere costanti nella preghiera per quella persona. Ma dobbiamo farlo per essere delle persone le cui parole hanno un peso e una valenza.

Persone che rinunciano ai propri diritti

38 «Voi avete udito che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”[q]. 39 Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; 40 e a chi vuol farti causa e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. 41 Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. 42 Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle.

La legge “occhio per occhio e dente per dente” è impartita dal Signore in Esodo, Levitico e Numeri. Può sembrare una legge severa, che incita la vendetta personale ma era stata data da parte del Signore per impedire che un’offesa venisse vendicata in maniera più grande e più grave rispetto al torto subito o che uno faida o uno spargimento di sangue diventasse senza fine.

Il problema, ancora una volta, era che anche questa legge veniva rispettata meccanicamente e in maniera legalistica. Inoltre ai tempi di Gesù le punizioni fisiche erano “generalmente rimpiazzate dalle ammende finanziarie”[1] e quindi questa legge veniva usata per arricchirsi e per sfruttare il prossimo. Un po’ come quando, al giorno d’oggi, si accentuano nei dolori causati da un incidente per ricevere qualcosa dall’assicurazione. Ma questo tipo di accanimento nei confronti del prossimo non è giustificato dal Signore. Anzi. Il fatto che ci fosse questa legge non era una concessione per cercare il proprio guadagno, la propria giustizia. Tutto il contrario.

Il malvagio, secondo Gesù, non doveva essere contrasto.  Il discepolo non doveva cercare un tornaconto personale. Anzi, il discepolo doveva essere disposto a porgere l’altra guancia di fronte ad un maltrattamento, anche fisico.

Se un discepolo veniva denunciato, il discepolo doveva essere pronto non soltanto a perdere la tunica ma anche il mantello.

Se qualcuno veniva costretto a fare un miglio, quella persona doveva essere disposta a farne due. E non si tratta di una piacevole camminata tra amici sulle Piagge. No, il termine e l’esempio usato ci fanno capire che Gesù sta facendo riferimento al diritto che i soldati romani avevano di farsi accompagnare e di farsi portare la propria armatura dalle persone nei territori che loro avevano conquistato. Potete immaginare quanta vergogna e quanto odio generasse questa cosa negli orgogliosi ebrei.

Gli israeliti sono a volte associati agli usurai, mentre qui in questi versetti Gesù esige che i suoi seguaci siano generosi, attenti ai bisognosi.

Lo so cosa state pensando. Ma se qualcuno mi picchia, o picchia qualcuno a me caro, non dovrei rispondere? Ma se qualcuno mi denuncia ingiustamente non mi dovrei difendere in tribunale? Se qualcuno mi obbliga a fare qualcosa di sgradito, devo per forza farlo due volte? Se un fratello mi chiede un prestito, devo darglielo senza fare domande e senza chiedere niente in cambio?

Riprendo una citazione di Lloyd-Jones che ho letto domenica scorsa:

“è di primaria importanza tenere sempre in mente che il sermone sul monte non è un mero codice di regole comportamentali ma la descrizione del carattere spirituale e morale del cristiano. Non deve essere visto come una legge, una serie di regole da rispettare, una sorta di nuova edizione dei Dieci Comandamenti. Piuttosto è la descrizione di ciò che noi cristiani dobbiamo essere.”

Non è tanto una questione di seguire alla lettera questi esempi. Ci sono credenti che hanno deciso di rispondere con violenza alla guerra. Dietrich Bonhoeffer è stato uno dei teologi più importanti del secolo scorso ed è stato incarcerato e messo a morte per aver fatto parte di cospirazione che aveva come obiettivo quello di uccidere Adolf Hitler. Qualche tempo fa è diventata abbastanza famosa la storia di una chiesa a Milano, Punto Luce, al quale era stato vietato di incontrarsi in un locale. La chiesa ha deciso di rivolgersi ad un tribunale per avere giustizia. La mia chiesa di origine a Isola del Gran Sasso ha potuto, tanti anni fa, acquistare un locale grazie al prestito, con un tasso bassissimo, di un credente straniero.

Faccio questi esempi per spiegare che ci sono vari modi di interpretare sia questi insegnamenti sia il contesto nel quali il Signore ci chiama ad applicarli. Ma, appunto, la questione non è seguire alla lettera questi esempi. La questione è riconoscere che così come il cielo e la terra appartengono al Signore, al Signore appartengono anche la nostra giustizia personale, la nostra forza, il nostro tempo, i nostri soldi.

Gesù ha rinunciato alla propria giustizia per renderci giusti, il nostro senso di giustizia non ha più la priorità.

Ha rinunciato alla propria forza divina facendosi prima bambino, poi uomo povero ed infine corpo su una croce, anche noi possiamo rinunciare, se così deve essere, alla nostra forza.

Visto che lui ha messo da parte l’eternità per venire a servire noi, anche noi possiamo prendere del tempo per servire gli altri anche quando gli altri sono difficili da servire.

Paolo scrive in 2 Corinzi 8:9:  Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi.

Visto che Gesù ha rinunciato alla gloria e alla ricchezza dei cieli affinchè io potessi entrare nel suo Regno, allora anche noi possiamo usare le nostre risorse per essere generosi nei confronti dei bisognosi, come ad esempio bambini e bambine, come ci verrà raccontato oggi da Compassion, che nel mondo non hanno accesso a servizi e privilegi come noi abbiamo avuto qui in Italia.

Visto che Gesù l’ha fatto, io posso farlo. Posso rinunciare al nostro senso di giustizia che così difficilmente lasciamo andare. Possono rinunciare alla mia forza. Posso rinunciare a spendere i miei soldi, che ho conquistato col duro lavoro, come più mi piace. Nel Regno dei cieli siccome Lui l’ha fatto prima di noi, meglio di noi e per noi, siamo disposti anche noi a farlo per gli altri.

Persone che amano con l’amore di Cristo

43 Voi avete udito che fu detto:“Ama il tuo prossimo[r] e odia il tuo nemico”. 44 Ma io vi dico: amate i vostri nemici [, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano,] e pregate per quelli [che vi maltrattano e] che vi perseguitano,  45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46 Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? 47 E se salutate soltanto i vostri fratelli[s], che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani[t] altrettanto?

In che modo si racchiude tutta la legge dell’Antico Testamento?

Marco 12: 30 Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua e con tutta la forza tua”…31 Il secondo è questo[q]: “Ama il tuo prossimo come te stesso”

Questa è la dimostrazione forse più grande di una vita che è stata stravolta da Cristo Gesù, l’amore. Anche in questo caso Gesù prende una citazione del Vecchio Testamento ma in realtà solo la prima parte è una citazione, ovvero “ama il tuo prossimo”, Levitico 19:18. L’espressione “odia il tuo nemico”, invece, non si trova da nessuna parte nell’Antico Testamento. Sappiamo che il contesto veterotestamentario è diverso da quello del Nuovo Testamento. La guerra contro i popoli nemici rappresentava in primo luogo una guerra per la santità di Dio in un mondo che lo rigettava. E forse l’espressione alla quale fa riferimento Gesù era ritenuta da molti una naturale conseguenza del comandamento “ama il tuo prossimo”.

Gesù invece estende la portata dell’amore anche al nemico e dimostra che questo è l’adempimento divino dell’amore. Il prossimo, come mostrerà la parabola del buon samaritano, non è solo la persona simile e vicina a me, ma il prossimo è chiunque. Noi potremmo essere persone integre, le cui parole hanno importanza, che non giurano. Noi potremmo essere persone che rinunciano ai propri diritti, che sono generose, che servono, che non sono violente. Eppure potremmo avere un problema. Il famoso problema del cuore di cui parlavo la volta scorsa. Questo problema viene messo alla luce dalla mancanza di amore.

Posso fare tutto quello che dovrei fare, ma se non c’è amore allora qualcosa va bene. Posso seguire e mettere in pratica tutta la legge ma, se non c’è amore, non sto adempiendo la legge. Gesù è venuto per adempiere con l’amore alla legge. Il suo amore ha riempito la mia vita e questo suo amore deve riempire, tramite di noi, i nostri nemici.

Siamo disposti a pregare per i nostri nemici? è una bella applicazione pratica di questa verità. Se non siamo in grado di pregare allora non siamo in grado di amare. L’amore di cui sta parlando il Signore rappresenta una connessione spirituale che va oltre l’emotivo.

Noi abbiamo ricevuto l’amore di Cristo per noi quando eravamo ancora lontani, quando eravamo suoi nemici. Cristo per primo è venuto verso di noi, ci ha amato, ci ha perdonato e questo ci ha portato ad una nuova nascita, ad una nuova vita.

Persone che sono perfette come il Padre

Se quanto detto finora da Gesù non fosse abbastanza scioccante, abbastanza “sottosopra” rispetto a tutti i valori di questo mondo e la giustizia sballata che le persone avevano, e non abbastanza difficile da mettere in pratica, basterà allora ascoltare le ultime parole di Gesù in questo capitolo:

48 Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste[u].

Da noi credenti ci si aspetta la perfezione. Perfetti nell’amore, perfetti nella generosità, perfetti nell onestà, perfetti nel matrimonio, perfetti nella purezza, perfetti nel nostro cuore. Sembra impossibile. C’è la tentazione di dire che sappiamo che non possiamo essere perfetti ed è per questo che è venuto Cristo, per perdonare i nostri sbagli. Però non è quello che Gesù sta dicendo qui. Gesù sta dicendo “sembra impossibile, ma questa è la realtà dei fatti. Questa è la nuova realtà del Regno di Dio.”

Non siamo più figli di nessuno, siamo Figli di Dio. Eravamo lontani da Dio e invece ora siamo figli del Dio dell’universo, che controlla e governa sopra ogni cosa. Siamo persone completamente nuove e diverse ed è quindi giusto che da noi ci si attenda la perfezione, la Sua perfezione. Non dobbiamo impegnarci noi, dobbiamo permettere alla perfezione di Cristo di agire. Dobbiamo fare uno switch attitudinale, la nostra mente deve passare dal “non è possibile essere perfetti” al “questa è la nostra realtà, noi siamo già perfetti e saremo perfetti.”

Non sto dicendo che mi aspetto la perfezione, ma sto dicendo che mi aspetto la mentalità del Regno, che adempie la legge nella perfezione di Cristo. Dobbiamo smettere di pensare come se fossimo ancora prigioneri del peccato e prigioneri del nemico. Dobbiamo smettere di pensare che non possiamo amare delle persone, che non possiamo rinunciare ai nostri diritti, che non possiamo essere veritieri. Lo possiamo fare. Perchè? Perchè Cristo lo ha già fatto per noi quando eravamo suoi nemici.

 

 

 

 

[1] R. T. France, Il Vangelo Secondo Matteo, 162.

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