Lasciare a Dio il giudizio Luca 13-1-9- (solo testo)

La cartomanzia è una pratica tristemente comune in Italia. Molti di voi si ricorderanno che anni fa, in prima serata, sulla televisione andava in onda un programma che si chiamava “La Zingara”, con la famosa carta de La luna nera.

La sigla del programma era questa:

«Io so chi sei,

e se tu vuoi,

ti dico che destino avrai,

buona sorte o guai.

Luna Nera sì o no

lo vedremo fra un po’

con le carte che la Zingara ti fa»

Ma oltre a leggere le carte per capire cosa ci succederà nella vita, credo che in generale ci sia dentro di noi la volontà di capire sempre perché succedono delle cose nelle nostre vite o nelle vite degli altri, dentro di noi c’è la volontà di esprimere un giudizio.

 

 

 

13:1 In quello stesso tempo vennero alcuni a riferirgli il fatto dei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici. 2 Egli rispose[a] loro: «Pensate che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, perché hanno sofferto quelle cose[b]? 3 No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo».

E’ possibile che Pilato avesse punito dei galilei, forse dei ribelli, mescolando il loro sangue con il sangue dei sacrifici che stavano offrendo al Signore. Come potete ben immaginare, si trattava di un gesto tremendo per gli ebrei, un gesto sacrilego.
Stranamente, dal mio punto di vista, la discussione si concentra sul peccato di questi uomini che erano stati uccisi da Pilato.
Da parte degli ebrei c’era un atteggiamento di giudizio nei confronti di coloro che subivano delle disgrazie. In questo caso, i galilei erano stati uccisi, quindi qualcosa dovevano aver fatto, qualche peccato dovevano averlo combinato.

Gesù stesso cita un altro evento di cronaca, simile. Una torre, non la torre di Pisa, era crollata uccidendo 18 persone. Avevano forse commesso qualche peccato particolare?

Questo atteggiamento, questo modo di porsi e di giudicare era comune anche fra i discepoli di Gesù, come vediamo in un episodio simile, riportato in Giovanni 9

9:1 Passando vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. 2 I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» 3 Gesù rispose: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così affinché le opere di Dio siano manifestate in lui.

 E forse questo modo di fare non appartiene solo agli ebrei. Forse capita anche a noi di giudicare le sventure che capitano alle persone.

“Se quella persona è sempre depressa, deve aver combinato qualcosa”

“Se quella persona si è ammalata, vuol dire che nasconde qualche peccato”

“Se quella persona non trova lavoro, allora..”

In quanto esseri umani abbiamo una naturale tendenza a voler capire, a voler consigliare, a voler emanare verdetti e giudizi. Ci viene naturale giudicare la pagliuzza nell’occhio del prossimo, quando abbiamo ancora una trave nel nostro. Ci da un senso di potenza e di autorità proclamare dei verdetti, giudicare le situazioni, dare il nostro parere. Non sto dicendo che dobbiamo smettere di esprimerci e di prendere posizioni, ma sto semplicemente dicendo che dobbiamo stare attenti a non permettere che queste situazioni si trasformino in momenti in cui ci sostituiamo a Dio, prendendoci dei meriti e delle libertà che in realtà non ci appartengono.

Sempre Gesù dice, in Matteo 7,

7:1 «Non giudicate, affinché non siate giudicati; 2 perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi.

Questo modo di fare, di giudicare quello che non siamo in grado di capire, di sentenziare banali verdetti senza sapere quello che sta succedendo veramente è presente anche in un altro libro della Bibbia. Secondo voi quale? Giobbe.

Giobbe è un uomo che viene colpito in maniera incredibile al punto da perdere tutto quello che aveva, tranne la sua vita. Quando i suoi amici scoprono questa cosa, vanno da lui, giustamente. Nel momento del bisogno sono vicini a Giobbe e per sette giorni rimangono in silenzio.

Purtroppo quando aprono la bocca e cercano con la loro intelligenza di offrire consolazione e soluzioni, fanno solo danni.

“questi tre uomini tennero una serie di discorsi a Giobbe, riportati nei capitoli 4-25. I discorsi dei tre amici di Giobbe contengono molte inesattezze, soprattutto sul perché Dio permette alle persone di soffrire. La loro convinzione generale era che Giobbe stesse soffrendo perché aveva fatto qualcosa di sbagliato. Di conseguenza, incoraggiano ripetutamente Giobbe ad ammettere il suo errore e a pentirsi, affinché Dio lo benedica di nuovo”[1]

Dopo questi lunghi discorsi, interviene un quarto uomo, che fino a quel momento era stato in silenzio.

Giobbe 32

32:1 Quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perché egli si credeva giusto.

2 Allora l’ira di Eliu, figlio di Baracheel il Buzita[a], della tribù di Ram, si accese. 3 La sua ira si accese contro Giobbe, perché questi riteneva che la propria giustizia fosse superiore a quella di Dio; si accese anche contro i tre amici di lui perché non avevano trovato che rispondere, sebbene condannassero Giobbe. 4 Ora, siccome quelli erano più anziani di lui, 5 Eliu aveva aspettato a parlare a Giobbe; ma quando vide che dalla bocca di quei tre uomini non usciva più risposta, si accese d’ira.

6 Eliu, figlio di Baracheel il Buzita, rispose e disse: «Io sono giovane d’età e voi siete vecchi; perciò mi sono tenuto indietro e non ho ardito esporvi il mio pensiero.

7 Dicevo: “Parleranno i giorni, il gran numero degli anni insegnerà la saggezza”.

8 Ma quel che rende intelligente l’uomo è lo spirito, è il soffio dell’Onnipotente.

9 Non quelli di lunga età sono saggi, né i vecchi sono quelli che comprendono il giusto.

10 Perciò dico: “Ascoltatemi; vi esporrò anch’io il mio pensiero”.

11 Ecco, ho aspettato i vostri discorsi, ho ascoltato i vostri argomenti, mentre andavate cercando altre parole.

12 Vi ho seguito attentamente, ed ecco, nessuno di voi ha convinto Giobbe, nessuno ha risposto alle sue parole.

13 Non avete dunque ragione di dire: “Abbiamo trovato la saggezza! Dio soltanto lo farà cedere; non l’uomo!”

14 Egli non ha diretto i suoi discorsi contro di me e io non gli risponderò con le vostre parole.

15 Eccoli sconcertati! Non rispondono più, non trovano più parole.

16 Ho aspettato che non parlassero più, che tacessero e non rispondessero più.

17 Ma ora risponderò anch’io per mio conto, esporrò anch’io il mio pensiero!

18 Perché sono pieno di parole, lo spirito che è dentro di me mi stimola.

19 Ecco, il mio intimo è come vino rinchiuso, è simile a otri pieni di vino nuovo, che stanno per scoppiare.

20 Parlerò dunque e mi sentirò meglio, aprirò le labbra e risponderò!

21 Lasciate che io parli senza riguardi personali, senza adulare nessuno;

22 poiché adulare io non so; se lo facessi, il mio Creatore presto mi toglierebbe di mezzo.

Se volete un’ulteriore conferma che questo modo di fare non piace a Dio, basta leggere la fine del libro di Giobbe, dove è Dio stesso a parlare

42:7 Dopo che ebbe rivolto questi discorsi a Giobbe, il Signore disse a Elifaz di Teman: «La mia ira è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe.

Possiamo quindi dire che una prima cosa che impariamo dalle parole di Gesù in Luca 13 è di non giudicare superficialmente situazione che non conosciamo, di non pensare sempre il peggio degli altri, di non metterci nei panni di Dio perchè di Dio ce n’è solo uno.

E pensavo anche che questo atteggiamento è vero non solo quando pensiamo a quello che sta succedendo nella vita degli altri, ma anche quando cerchiamo di capire quello che sta succedendo nella nostra vita, il perché attraversiamo determinate sfide o difficoltà. Non sempre dobbiamo capire, non sempre dobbiamo trovare una risposta o una motivazione. Solo Dio è Dio, e solo lui ha tutte le risposte.

Giobbe 38:1 Allora il Signore rispose a Giobbe dal seno della tempesta e disse:

2 «Chi è costui che oscura i miei disegni con parole prive di senno?

3 Cingiti i fianchi come un prode; io ti farò delle domande e tu insegnami!

4 Dov’eri tu quando io fondavo la terra? Dillo, se hai tanta intelligenza.

5 Chi ne fissò le dimensioni, se lo sai, o chi tirò sopra di essa la corda da misurare?

6 Su che furono poggiate le sue fondamenta, o chi ne pose la pietra angolare,

7 quando le stelle del mattino cantavano tutte assieme e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia?

Quindi Gesù ci invita a non giudicare quello che avviene nella vita delle persone come se noi potessimo capire e sapere tutto.

E poi sposta l’attenzione, in questi versetti, su qualcosa di molto più importante.

Di questi 5 versetti, due si ripetono esattamente con le stesse parole:

 3-5 No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo».

Il problema non è tanto in che modo si muore. Il problema non è che tipo di peccato specifico è stato commesso o non commesso da una persona.

Il problema non è tanto il nostro giudizio, ma il giudizio di Dio.

Il problema è la nostra condizione di fronte a Dio quando si muore. Possiamo morire durante una manifestazione, o schiacciati sotto una torre, o per un incidente, o per una malattia, o per una persecuzione, ma tutti dobbiamo morire. La domanda è: lo faremo da ravveduti o da peccatori?

Ovviamente è una domanda che deve trovare risposta durante la vita. Una volta morti è troppo tardi.

Tutti soffrono, tutti vivono sfide. Gesù vuole sapere: hai reagito a queste cose arrendendoti a Dio, smettendo di vivere in ribellione a lui? Hai accettato Gesù, che lui ha mandato sulla terra per salvare coloro che si pentono del proprio peccato? Hai rinunciato ad essere il dio della tua vita, in modo che il vero e unico Dio diventi Dio della tua vita?

Se non hai fatto questa scelta, perché aspettare? Perché rimanere aggrappato al proprio peccato, al proprio stile di vita quando puoi ricevere Dio nella tua vita?

Se continuerai a vivere così, andrai contro il giudizio di condanna di Dio, verso la morte spirituale.

L’esortazione di Gesù a ravvedersi è reale, urgente, fondamentale.

Ma Gesù non si ferma qui. Il suo discorso continua nei versetti successivi, nei quali racconta una parabola.

6 Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna; andò a cercarvi del frutto e non ne trovò. 7 Disse dunque al vignaiuolo: “Ecco, sono ormai tre anni che vengo a cercar frutto da questo fico e non ne trovo. Taglialo! Perché sta lì a sfruttare il terreno?” 8 Ma l’altro gli rispose: “Signore, lascialo ancora quest’anno; gli zapperò intorno e gli metterò del concime. 9 Forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai[c]”».

Mi piace molto che Gesù aggiunga, in coda al discorso precedente, questa parabola. Perchè l’esortazione al ravvedimento e il riferimento alla tragicità della morte spirituale deve essere recepito, ma non portare alla disperazione. Siamo ancora nel tempo della grazia, in questo momento in cui siamo in vita possiamo andare per la prima volta o tornare al Signore. Gesù è venuto per donarci questa opportunità.

Il fico e la vigna rappresentano probabilmente il popolo di Israele, e il linguaggio è quello di Michea 7 e Isaia 5. In Matteo e Marco, gli altri due vangeli sinottici, il fico viene maledetto da Gesù. In questa parabola invece Gesù si concentra sul tempo della grazia, il tempo che il vignaiolo crea intercedendo per la pianta.

Ricordarsi che c’è speranza, che c’è grazie è fondamentale, soprattutto quando ci sentiamo abbattuti, quando ci sentiamo come degli alberi che non portano frutto.

In italiano si dice, “finchè c’è vita c’è speranza”. é una frase vera, ma fino ad un certo punto. Finche c’è vita c’è speranza, solo se usiamo la vita per accedere alla grazia di Gesù, per godere di Gesù.

Nell’Antico Testamento troviamo un libro che si intitola Lamentazioni. è un libro scritto da una persona che sta attraversando un periodo molto, molto, molto provante.

Lamentazioni 3:21 Ecco ciò che voglio richiamare alla mente, ciò che mi fa sperare: 22 è una grazia del Signore che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite, 23 si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà!

[1] https://www.gotquestions.org/Jobs-friends.html

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