Lo straordinario nell’ordinario – Luca 2:1-20

Tra le nostre storie preferite, che siano film o libri o anche storie vere, c’è spesso un elemento
ricorrente. Il personaggio principale è povero, emarginato, non preso in considerazione ma nel
profondo del suo intimo questo personaggio sa di essere speciale, sa di dover compiere qualcosa di
grandioso.

La vita reale, però, è spesso molto diversa da queste storie. La maggior parte delle persone sono
persone ordinarie, che vivono una vita ordinaria. E magari può sembrarti che la tua vita non abbia
molto valore. Magari gli argomenti spirituali o religiosi ti interessano, ma in fondo in fondo non
pensi veramente che Dio possa interessarsi di te, che abbia cose più importanti da fare e persone più
importanti da seguire.
O magari sai di essere cristiano, hai riposto la tua vita in Dio, ma ti senti comunque distante da lui. I
tuoi errori, o i tuoi pensieri, o le tue emozioni, o quello che le persone pensano di te ti portano
inevitabilmente a sentirti lontano da Dio, troppo lontano da Dio, ti portano a sentire come se avessi
un posto nel regno di Dio, ma un posto in seconda fila, senza un vero scopo.
Se ti senti così, questo messaggio è per te.

2:1 In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto
l’impero. 2 Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3 Tutti
andavano a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4 Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche
Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e della
famiglia di Davide, 5 per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta.
Non è chiarissimo a quale censimento faccia riferimento Luca, ma quello che voglio evidenziare
brevemente in questi versetti iniziali è che Dio è sovrano. Da una parte abbiamo Cesare Augusto,
l’imperatore di uno degli imperi più potenti e grandi che sia mai esistito. Dall’altra una umile
famiglia che, come tante altre, deve abbandonare tutto, lavoro, casa, amici per tornare nella città
natale. Dal punto di vista dell’imperatore, questa è la potenza dell’impero romano, in grado di
spostare e usare a piacimento le persone. Dal punto di vista di Dio, è l’imperatore ad essere usato in
modo da far arrivare Giuseppe e Maria al posto giusto e al momento giusto per adempiere il suo
piano e le sue profezie. Dio è in controllo della storia e dei suoi personaggi.
6 Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; 7 ed ella diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo fasciò e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
8 In quella stessa regione c’erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia
al loro gregge. 9 E [ecco] un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé
intorno a loro, e furono presi da gran timore. 10 L’angelo disse loro: «Non temete, perché io vi
porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: 11 “Oggi, nella città di Davide,
è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore. 12 E questo vi servirà di segno: troverete un
bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia[c]”».
13 E a un tratto vi fu con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
14 «Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra agli uomini che egli gradisce![d]»
15 Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo
fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto e che il Signore ci ha fatto sapere». 16 Andarono in
fretta e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; 17 e, vedutolo,
divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. 18 E tutti quelli che li udirono si
meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. 19 Maria serbava in sé tutte queste cose,
meditandole in cuor suo. 20 E i pastori tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per tutto
quello che avevano udito e visto, com’era stato loro annunciato.

La nascita di Gesù
Se, come stiamo facendo noi, sei un lettore del vangelo di Luca è stai leggendo versetto dopo
versetto la storia riportata dal medico, avrai sicuramente pensato che attorno alla nascita di Gesù si
sia creato un hype non indifferente. Il Signore è tornato a parlare dopo secoli di silenzio,
all’improvviso iniziano ad esserci apparizioni di angeli che profetizzano cose incredibili , la sterile
partorisce, la nubile riceva la visita dello Spirito Santo per cui rimane incinta, le profezie
dell’Antico Testamento trovano il proprio compimento. E poi al momento del parto Luca, un ottimo
scrittore, ci lascia con un solo versetto:
ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo coricò in una mangiatoia, perché non
c’era posto per loro nell’albergo.
Nella nascita vera e propria di Gesù non c’è niente di straordinario, niente di fuori dal normale.
Questo bambino nasce come tanti altri miliardi di bambini, nasce semplicemente o, se vogliamo,
semplicemente nasce. La nascita di Gesù è una nascita normale, lasciamo perdere i fuochi
d’artificio degli angeli ai pastori. Gesù, il Figlio di Dio, nasce come ogni altro umano, nasce
dimostrando di essersi effettivamente incarnato, di essersi fatto uomo.
Ogni giorno nel mondo nascono circa 200.000 mila bambini, ovviamente all’epoca ne nascevano
molti meno. Ma da quando esiste il creato, da quando sono stati creati Adamo ed Eva l’essere
umano si è moltiplicato dando alla luce bambini. Tutti noi siamo nati, nessuno di noi può dire “io
non sono nato”.
La scorsa estate ho avuto modo di fare una breve visita del Lichtenstein, un minuscolo principato il
cui principe ha un patrimonio di 7 miliardi di dollari. Qualche anno fa invece, con uno dei miei
fratelli, ho visitato un orfanotrofio nel Laos, uno dei paesi più poveri del mondo. In entrambi i posti
ci sono delle nascite, ma vi posso assicurare che i nipoti del principe del Lichtenstein nascono in
una condizione completamente diversa rispetto ad un bambino di una povera famiglia del Laos.
Quindi la nascita di accomuna, ma le condizioni della nascita ci contraddistinguono.
E Dio dove decide di far nascere il suo Figlio? Lo sappiamo molto bene. Giuseppe e Maria non solo
sono lontani dal cuore dell’Impero Romano, non solo sono lontani da casa. Ma Giuseppe e Maria
non trovano posto. Il termine albergo può significare albergo, ma anche stanza, o alloggio. Non
sappiamo esattamente dove Giuseppe e Maria non trovano posto, ma la sostanza è che non trovano
posto. E sappiamo che il Re dei Re nasce in una condizione di chiara povertà, e viene sistemato in
una mangiatoia. Questo è un dettaglio che Luca ci tiene a sottolineare, infatti viene ripetuto tre
volte, al versetto 7, al 12 e al 16.
Paolo nella lettera ai Filippesi al capitolo 2 dice che “Cristo Gesù, 6 …, pur essendo in forma di
Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma svuotò se
stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini.”
E Gesù stesso, una volta cresciuto dirà che “58 Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei
nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».” (Luca 9:58)
Gesù, il Figlio di Dio, nasce nella povertà, che è una verità sconvolgente, che stravolge le
aspettative del popolo di Israele e le nostre aspettative. E dobbiamo stare attenti a non fare la fine
dei farisei, a non avere delle aspettative sul cristianesimo che non sono bibliche. Non sto dicendo
che è sbagliato essere ricchi, che i soldi non sono niente e via dicendo.
Ma, e ne stiamo parlando anche durante gli incontri del mercoledì su 1 Pietro, che l’opera, la vita,
l’esempio di Gesù sono caratterizzati dalla povertà, dalla sofferenza, dall’ingiustizia. E noi
dobbiamo fare nostra una giusta comprensione, una giusta teologia, della sofferenza,
dell’ingiustizia, della povertà. Nella nascita povera di Gesù c’è qualcosa di programmatico, ovvero
sono già visibili le intenzioni di Cristo, dell’opera di Cristo che non inizia nei palazzi e tra la
ricchezza, ma avvolto da umili fasce e posato in una mangiatoia.
Quel bambino, piccolo, povero, indifeso, insignificante agli occhi del mondo è lo stesso Signore che
morirà sulla croce, oramai uomo, ma ancora povero, nudo, indifeso e insignificante agli occhi del
mondo.
Guarda Gesù Cristo nella mangiatoia. Cosa vedi? Cosa rappresenta per te?

I pastori
A questo punto, mentre noi siamo intenti a guardare Gesù nella mangiatoia, Luca ci porta in un altro
posto totalmente inaspettato. E tutta l’attenzione si rivolge su questi pastori che stavano nei campi
di notte a pascolare le proprie pecore. Non so quale è il titolo dato a questa parte del 2 capitolo nelle
vostre Bibbie, nella mia c’è scritto “Nascita di Gesù a Betlemme”. E non voglio assolutamente
disprezzare il lavoro fatto in questo senso, perché è sempre facile criticare a posteriori il lavoro di
qualcun’altro. Ma i pastori recitano una parte cruciale di questa storia.
Quando nasce un bambino lo si annuncia. I miei genitori conservano ancora un ritaglio di giornale
che annunciava la mia nascita. Oggi spesso i genitori mandano una cartolina o una newsletter con la
foto, il nome, la data di nascita, il peso e l’altezza del neonato. Quando nasce il figlio di un Re, si
annuncia questa cosa a tutti i sudditi. Prima dell’avvento dei mezzi di comunicazione moderni, che
in un attimo ci hanno permesso di sapere che il primogenito di William e Catherine si chiamasse
George, i regnanti mandavano dei messaggeri, che annunciavano l’arrivo di un discendente reale.
Allo stesso modo il Signore manda un angelo, letteralmente messaggero. E, di nuovo, non lo manda
da Cesare Augusto, no lo manda da Quirinio, non lo manda da Erode. Non lo manda dagli scribi e i
farisei.
Ma l’angelo del Signore, avvolto dalla gloria del Signore, inizia l’annuncio del vangelo per tutto il
popolo di Dio tra dei sporchi pastori.
Ovviamente la famiglia reale non ha annunciato la nascita di George, ma di Sua Altezza Reale il
Principe George Alexander Louis Mountbatten-Windsor di Cambridge. E l’angelo annuncia a degli
increduli pastori che nella città di Davide è nato un Salvatore, il Cristo, (ovvero l’unto, il Messia), il
Signore. E quale è il segno che l’angelo da ai pastori? Uno scettro d’oro? 21 cannoni che sparano a
salve per annunciare la nascita del bambino? Un super potere? No, un bambino in fasce coricato in
una mangiatoia.
Perché è così “assurda” questa cosa dei pastori? Perché nonostante nella storia di Israele ci fossero
stati tanti eccellenti pastori, nonostante Dio stesso si era descritto come un pastore, i pastori
godevano di una pessima fama. I pastori erano tra i gruppi più ai margini della società, addirittura
erano considerati impuri e la loro testimonianza non aveva valenza legale. Quindi da un punto di
vista umano, da un punto di vista di relazioni pubbliche questa scelta è insensata. Eppure è in questi
dettagli che vediamo la bellezza del vangelo.
L’arrivo di Gesù nella vita dei pastori ridefinisce la loro realtà. Fino ad ora i pastori si
consideravano inutili, rifiutati, insignificanti. Ma l’arrivo di Cristo fa loro scoprire, o riscoprire, che
la loro vita è preziosa agli occhi di Dio, che loro sono accolti e importanti per l’Eterno Signore.
2000 anni fa è nato il Signore, il Cristo, il Salvatore. è nato in una mangiatoia, lontano dallo
sguardo di tutti. I messaggeri, gli angeli del Signore hanno annunciato la bontà di questa notizia, la
grande gioia di questa notizia, hanno annunciato la gloria di Dio, cantando con una moltitudine di
angeli, con un esercito di angeli che lodavano dicendo
14 «Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra agli uomini che egli gradisce!»
E questo annuncio, questo spettacolo è offerto a dei pastori. E molto spesso quei pastori siamo noi!
Gesù è l’archetipo del vero eroe che nasce nel nulla per compiere qualcosa di speciale, e lo compie
a partire dai poveri pastori. Se oggi ti senti un po’ come i pastori, sei nel posto giusto. Se ti senti
emarginato, se non ti senti all’altezza, se pensi di non valere granché, sei al posto giusto. Il Signore
annuncia con tutta la sua gloria questa buona notizia a noi.
Noi, che non meritavamo l’annuncio del vangelo e invece l’abbiamo ricevuto, noi che non
meritavamo di conoscere il Signore e invece l’abbiamo conosciuto, noi che non meritavamo di
essere alla presenza dell’unto come Re, Profeta e Sacerdote e invece lo siamo, noi che non
meritavamo di essere salvati e invece siamo stati salvati, non che non abbiamo niente di speciale e
riceviamo la cosa più speciale che ci sia. Noi che come i pastori brancoliamo nel buio, indaffarati
con le nostre cose e all’improvviso ci troviamo nella gloriosa luce di Dio e con le parole: “Non
temere perché vi porto una buona notizia.”

Divulgando, glorificando, lodando
L’angelo che parla ai pastori, non li invita soltanto a credere, ma ad andare e trovare il bambino. Da
loro un segno, dice loro “troverete” (12). E appena gli angeli furono andati verso il cielo i pastori si
mettono in cammino. Si dicono a vicenda “forza, andiamo”, si mettono a camminare in fretta fino a
quando non trovano il bambino adagiato nella mangiatoia. La reazione dei pastori mostra
eccitazione, vivacità.
I pastori non hanno bisogno di nient’altro. Quando arrivano da Maria e Giuseppe, quando vedono il
bambino nella mangiatoia, credono completamente a quel bambino. E ci credono così tanto e con
così tanta gioia che iniziano a divulgare quello che li era successo.
In questi ultimi anni la figura del divulgatore è diventata particolarmente ben vista grazie al lavoro
di alcune persone come Alberto Angela, che parlano con passione, semplicità, profondità di
tematiche scientifiche o umanistiche. E quando ascoltiamo questi divulgatori parlare rimaniamo
meravigliati da quello che sentiamo.
Ed è esattamente quello che succede con i pastori. Gli angeli non avevano ordinato loro di dire
qualcosa, di fare divulgazione, di evangelizzare, di condividere la buona notizia che avevano
ricevuto. Ma non c’era bisogno. La gloria del Signore, la venuta di un Salvatore, il bambino in
un’umile mangiatoia portano naturalmente i pastori a divulgare, a raccontare quello che avevano
visto, quello che avevano sentito e “tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro
dai pastori” (18). Sono proprio questi pastori, che non avevano importanza nella società, che non
avevano valore giuridico a diventare i primi divulgatori del vangelo, di fatto sono i primi missionari
cristiani.
E i pastori non si fermano qui! Tornando nei loro campi, tornando alla vita di tutti i giorni,
glorificano e lodano Dio. Lo fanno perché avevano visto e udito, perché quello che era stato
annunciato si era rivelato vero.
Ho detto prima che i pastori siamo noi. Siamo noi che abbiamo ricevuto il dono della grazia. Siamo
noi che abbiamo visto, anche se non eravamo fisicamente presenti, il neonato nella mangiatoia,
spogliato di ogni gloria per venire a servire noi, il Re che si fa servo per salvare dei bugiardi, degli
ipocriti, dei disperati, dei pazzi, degli emarginati.
Sappiamo che Gesù comanderà ai suoi discepoli di fare discepoli, di insegnare tutto quello che ha
insegnato. Ma diciamo che questa cosa dovrebbe succedere naturalmente. I pastori non solo sono
inclusi dal vangelo di Gesù, ma naturalmente diventano anche promulgatori del vangelo. I pastori
non solo ricevono una nuova definizione, una nuova identità, ma ricevono anche uno scopo.
Se anche noi abbiamo gustato, come i pastori, la gloria di Dio, siamo altrettanto come i pastori
divulgatori della gloria di Dio? E forse pensi, “io però non sono come Alberto Angela, o Roberto
Benigni quando parla della Divina Commedia, o Tim Keller, o altri. Ma non lo erano nemmeno i
pastori, che nella loro semplicità hanno soltanto riportato quello che avevano visto e udito. Il
Signore non ci chiede di essere come altre persone, ma ci chiede di essere noi stessi e di parlare di
lui. Non è la nostra bravura, ma l’opera dello Spirito Santo che convince le persone. La
divulgazione dei pastori lascia meravigliati i presenti, nonostante le poche informazioni che
avevano, nonostante la loro cattiva reputazione, nonostante non fossero all’altezza dei grandi
insegnanti e divulgatori dell’epoca.
E un elemento fondamentale della nostra chiamata come divulgatori è continuare a glorificare e
lodare Dio. Nel Cristianesimo non si vive di rendita. è vero che la salvezza di coloro che credono in
Dio è sicura ed eterna, ma la fede nel Signore ha bisogno di acqua ogni giorno, ha bisogno di
riconoscere Dio come Signore, di lodarlo per chi lui è, adorarlo per quello che fa e per come lo fa e
per chi lo fa.
Gesù lascia ogni cosa per nascere umilmente ed essere messo in una mangiatoia.
Nonostante possa sembrare assurdo, questo è un segno che Gesù è il Salvatore, il Messia, il
Signore, venuto per salvare, liberare, fare suoi dei pastori, delle persone che non erano al centro
dell’attenzione o della società, ma Dio parla direttamente a loro, mostra loro che ci tiene. Dio da
personalmente, attraverso Gesù, un senso alla loro vita.
E Dio affida anche un compito a questi pastori, diventano divulgatori, glorificatori, lodatori.

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