Luca 20, 20-47 (solo testo)- Stefano Molino

Apologetica di Gesù

Luca 20, 20-47

20 Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. 21 Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 

22 È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?». 23 Conoscendo la loro malizia, disse: 24 «Mostratemi un denaro: di chi è l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». 25 Ed egli disse: «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». 26 Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.
27 Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: 28 «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello29 C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30 Allora la prese il secondo 31 e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 32 Da ultimo anche la donna morì. 33 Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34 Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36 e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe38 Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». 39 Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40 E non osavano più fargli alcuna domanda.
41 Egli poi disse loro: «Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide, 42 se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:
Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,
43 finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi
?
44 Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?».


45 E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli: 46 «Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 47 divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa».

 

Con la parabola dei vignaiuoli Gesù ha decisamente fatto arrabbiare la classe dirigente dei giudei. Ha detto loro che perseguitano il messia e che saranno sostituiti dai gentili, idea abominevole per loro. C’è un termine che va abbastanza di moda tra i credenti che amano porsi delle domande intellettuali: è il termine “apologetica”. Riguarda la difesa della fede, spesso messa in discussione da interrogativi filosofici o scientifici. Il passo che abbiamo appena letto rappresenta un caso di apologetica vero e proprio e ci dà interessanti spunti per la difesa della fede in diversi contesti. Gesù infatti, come è esplicitamente detto, viene attaccato nella sua persona, e quindi nella sua fede, da persone che sono lì a posto per metterlo in difficoltà, consegnarlo al potere e giustiziarlo. Tutti gli argomenti di cui parleranno gli intellettuali scribi, farisei e sadducei con cui si confronta nel tempio, sono pretestuosi, e tirati fuori non per un reale dibattito ma per ingannare Gesù. Ma perché vengono scelti? Perché sono questioni spinose, molto sentite dal popolo e alle quali non c’è facile risposta. Difficilmente nell’Italia del 2023 si viene messi sotto processo per la propria fede. Ma le questioni spinose con cui confrontarsi non mancano e le parole che Gesù dice ci forniscono bellissimi esempi di saggezza nel difendere la sua fede in un modo al contempo intelligente, che non sacrifica la ragione, e spirituale, che rende onore a Dio. Si tratta per altro di questioni che non hanno affatto perso attualità.

 

  1. Il tributo a Cesare o la laicità.

 

Pagare le tasse ai romani infastidiva moltissimo gli ebrei. Non si trattava di una tassa particolarmente cara, era una tassa annua che corrispondeva al pagamento del salario di un giorno. Tuttavia per gli ebrei poveri era comunque un gravame e per gli altri veniva percepita come una violazione politica e spirituale perché ritenevano che la terra santa di Israele fosse ingiustamente contaminata da una presenza straniera. Ma il problema era ancora più complicato. Il sinedrio, responsabile di raccogliere la tassa, aveva accettato il compromesso di pagarla e riscuoterla per conto dell’imperatore, al fine di poter continuare ad avere il tempio e di farlo funzionare.  Quindi la questione era veramente calda: pagarla infastidiva le masse, ma andava bene per la classe dirigente. Se Gesù avesse detto sì è giusto! Si sarebbe innimicato le masse; dicendo di no, sarebbe diventato un fuori legge. Che fare?

Gesù dice di dare, nel senso di restituire, a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. Non è esattamente un sì, e non è neppure un no. Da un lato gli impedisce di essere accusato di essere uno che viola l’ordine pubblico. Dall’altro però dietro le sue parole c’è un’esplicita accusa contro i  farisei di non aver dato a Dio ciò che spetta a Dio. Gesù infatti è molto scettico sull’uso che viene fatto del tempio. I farisei rivendicano il pagamento delle tasse per mantenere il tempio in vita, tuttavia ne fanno un pessimo uso, consistente nell’imporre pesi sulle spalle del popolo e dimenticando di dare a Dio ciò che spetta a Dio.

 

In tempi moderni questo passo è spesso utilizzato nelle discussioni sulla laicità, cioè sulla fondamentale separazione tra due sfere: quella che riguarda lo stato e quella che riguarda le religioni. Lo stato è di Cesare e le religioni di Dio.  È importante notare che nei paesi in cui questa separazione non è chiara ci sono soprusi e violazioni. Condanne a morte per violazione della religione, o restrizioni della libertà religiosa. Anche in Italia assistiamo seppure oggi in forma non violenta discriminazioni tra diverse fedi a vantaggio della confessione dominante, cioè la chiesa cattolica.

È legittimo l’uso di questo passo per parlare di laicità? Per un verso direi proprio di sì. Ci ricorda che esiste un mondo di Cesare, fatto di amministrazione, di politica, in cui non si deve interferire con le diverse religioni. Non è neppure opportuno che le religioni facciano sodalizio con questo mondo, diventando ad esempio religione di stato. Sono cose di Cesare, cioè di un’amministrazione terrena, e a questa vanno lasciate.

 

Ma osservando bene il passo capiamo che la rivendicazione di Gesù non stabilisce tanto l’esistenza di due sfere ognuna delle quali ha il suo ambito, visto che il contesto è quello di un rimprovero a chi pretendendo di servire Dio in realtà lo sta privando del suo onore. Inoltre Gesù più che stabilire due mondi separati rivendica il regno di Dio su tutto. La concessione del tributo a Cesare rientra nel più ampio dominio di Dio. L’esortazione forte che Gesù ci fa in questo passo è di dare veramente a Dio quello che è di Dio. Io come cittadino sento un forte senso di responsabilità. Lavoro come statale e sento il dovere di servire lo stato in modo scrupoloso. Ritengo importantissimo pagare le tasse, rispettare le leggi, impegnarmi nella mia città.  Ma non possiamo fermarci qui. È ancora più importante rendere a Dio ciò che gli è dovuto, cioè tutto! Se è giusto pagare le tasse per il nostro stato, a Dio dobbiamo rendere ancora di più! Se siamo preoccupati perché vogliamo ospedali funzionanti, scuole efficaci, una giustizia equa, dovremo ricercare per il regno di Dio e le chiese che ne sono le ambasciate ancora di più.

Ecco il modo in cui Gesù difende al sua fede. È un’apologetica attraverso cui mette a tacere i farisei che cercano di ingannare, ma non si ferma a vincere un dibattito. Li incoraggia a cercare veramente Dio.

 

  1. I sadducei e la resurrezione. Che autorità ha Mosè.

Il gruppo che si fa avanti per mettere Gesù in difficoltà davanti al popolo, sono ora i sadducei. Partito poco conosciuto, forse per la sua sparizione dopo la distruzione del tempio, fanno comunque parte della classe dirigente di Gerusalemme, con cui in questo punto del vangelo Gesù si confronta. Sono in contrasto coni farisei e si distinguono per un credo attaccato solo alla legge di Mosè, e contrario alla tradizione rabbinica. Sembra ne facessero parte esponenti della classe agiata che tendevano a mantenere i loro beni e avevano una tendenza un po’ materialista: non credevano in angeli e spiriti e neppure nella resurrezione. La continuazione del nome di una persona era perpetuato dalla famiglia, non da una vita dopo la morte – secondo loro. In questo senso la responsabilità nel rispetto della legge è importante.

I Sadducei sollevano la questione che è un chiaro pretesto, perché interrogano Gesù su una cosa in cui non credono. Ma se vincono, ne avranno successo davanti alle folle. Inoltre interessa loro vedere quale posizione prenderà Gesù rispetto alla legge di Mosè. Istituzione comprensibile solo in un contesto in cui la procreazione è fortemente auspicata, con qualche forzatura rispetto alla libertà delle donne.

La risposta di Gesù comprende due fasi:

            1) primo, denunciare l’errore escatologico dei Sadducei. Insiste su una grossa distinzione: i figli di questo mondo contro coloro giudicati degni della resurrezione. Sono due mondi diversi, e la natura delle persone che prendono parte sono diverse. Non sono lontani al mondo di Cesare e a quello di Dio dell’argomento appena trattato. L’accusa contro i Sadducei è implicita, in quanto con il loro credo materialista non possono prendere parte alla resurrezione. La loro ossessione sul patto mosaico, e sul rispetto della legge, ha fatto perdere loro di vista in patto con Abramo, che è un patto di fede e di resurrezione: ha creduto (fede) ed è stato pronto a dare suo figlio Isacco, richiesto da Jahvé, Dio di resurrezione.

            2) Secondo, loro fanno riferimento alla Torah e sbagliando credono che Mosè non creda nella resurrezione.  Ma i personaggi della Torah, come Mosè, considerano i morti nel Signore come dei viventi. L’impianto intero della fede che riguarda non solo l’età presente, ma il mondo della resurrezione non avrebbe senso senza questa fede nella resurrezione. In quel mondo in cui non è più un’esigenza procreare non esiste neppure il matrimonio, e le persone, in questo caso le donne, hanno valore in quanto partecipi della presenza di Dio, e non in quanto procreatrici.

La risposta di Gesù fa dunque trionfare i farisei, che vedono il maestro acclamato dalle folle sostenere una delle loro posizioni.

 

La nostra società è molto vicina al sentire dei Sadducei. La resurrezione sembra una favola, una storia in cui nessuno crede veramente. Il mondo in cui viviamo, nonostante la sua evidente decadenza, vorrebbe dare un’impressione di autosufficienza, di economia continuamente in crescita capace di garantire un futuro infinito. Gli sviluppi della medicina ci potrebbero portare a credere in un prolungamento quasi infinito della nostra vita, magari con tecniche di clonazione o di ibernazione… Alcuni si accontenterebbero comunque della morale farisaica, di non essere dimenticati grazie alla gloria accaparratasi durante la vita sulla terra.  Ultimamente ho letto un articolo su un modello che sa facendo delle cure per rimanere eternamente giovane e dicono che il suo corpo di 45 anni è uguale a quello di uno di 25.

Questo passo ci ricorda che la resurrezione è un punto centrale del vangelo. È sottolineata con forza dal vangelo di Luca, e ripresa con ancora più insistenza negli atti. Le parole di Paolo che ricordano che senza la resurrezione la nostra fede è vana (I cor 15), completano quelle di Gesù e giungono fino ad oggi nel nostro mondo che nel suo razionalismo, materialismo e ricerca di piacere scorda che la vera gioia verrà dopo. La nostra adesione all’importanza della resurrezione determinerà anche il nostro modo di vivere. Perché se i nostri sforzi sono concentrati unicamente sulla prosecuzione del nostro nome in questo “secolo” senza attenzione alla vita futura, abbiamo una comprensione della vita simile a quella dei sadducei. Le numerose esortazioni del vangelo a non accumulare, a vendere i beni per darli ai poveri, a non attaccarsi in modo viscerale ai beni del mondo presente, sono un forte incoraggiamento a capire che crediamo un Dio che offre molto di più della pochezza dei beni materiali. Gesù offre di più dei sadducei, offre la vita eterna a cui vogliamo aggrapparci con entusiasmo.

 

 

  1. La ricerca di un messia da chiamare Signore

 

I farisei stanno probabilmente gongolando. Gesù ha messo a tacere i sadducei che davanti alla folla sono ora screditati, e ha dato valore ad una loro dottrina.  Ma  Gesù nella sua strategia apologetica non si accontenta di mettere a tacere i due gruppi opposti. Li affronta e destabilizza le loro convinzioni. Adesso è lui a prendere la parola e a lanciare una domanda che riguarda l’identità del messia. Avrebbe potuto scegliere anche altri testi messianici, ma preferisce questo salmo perché in esso si vede bene la doppia identità divina e umana del messia. Il grande scontro di Gesù contro farisei e sadducei, più ancora che sulle dottrine, riguarda la sua persona. La domanda ultima è in fondo: chi è Gesù? Lo riconoscete o no nel messia umano e divino che deve venire e che è venuto?

In realtà il messia è anche il figlio di Davide, perché in molti altri testi è chiaramente indicata la sua provenienza dalla linea davidica. Ma Gesù qui vuole sottolineare il suo carattere divino, e il suo ruolo sacerdotale, elemento che avrebbe sicuramente scandalizzato i sacerdoti presenti nel tempio. Davanti a loro c’era il messia attesto che rivendicata di essere umano e divino e che destabilizzava le loro convinzioni.

 

Credo che anche questa domanda sia molto istruttiva per noi. Ogni discussione teologica che facciamo, i ragionamenti sulla laicità, quelli sulla legge di Mosè o sull’esistenza o meno della resurrezione, sono utili e costitutivi della fede. Tuttavia non hanno alcun senso se non si prende una chiara posizione su chi è Gesù. Se abbiamo le idee chiare su tutti i punti dottrinali della fede, ma non abbiamo preso una posizione decisa rispetto a Gesù capendo che non è solo il messia atteso dagli ebrei, ma il nostro messia, quel qualcuno che ognuno di noi aspetta per un cambiamento radicale della nostra esistenza, allora le nostre dottrine non hanno senso.

 

 

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