L’unità cristiana – Giovanni 17:20-26 Video e Testo

Una delle cose che ci caratterizza come essere umani è il bisogno di essere uniti. Sentiamo il bisogno di essere uniti ad un compagno o una compagna, ad una famiglia, ad un gruppo di amici, a delle persone che la pensano come noi o che amano le stesse cose che amiamo anche noi. Tutti, anche i più introversi e i più solitari, sentono questo bisogno. Lo sentono anche coloro che decidono di vivere una vita in solitudine. Per esempio, i monaci sono spinti dal desiderio di essere più uniti a Dio o ad un’altra divinità, altri scelgono una vita solitaria perché vogliono essere più uniti alla natura. Anche coloro che vivono da soli e dicono di stare meglio, tipo il nonno di Heidi, lo fanno in genere perché delusi o feriti dal tipo di unità che hanno sperimentato nella loro vita.

Il problema è che, molto spesso, l’unità che viviamo nel nostro quotidiano non è perfetta, anzi. Siamo stati feriti, incompresi, traditi, accusati.

La mia domanda, ad inizio di questo messaggio, è allora la seguente: stai cercando un’unità diversa? Un’unione perfetta?

Oggi finiamo insieme il capitolo 17 di Giovanni e quindi la preghiera sacerdotale di Gesù. Nelle scorse settimane abbiamo visto Gesù iniziare la preghiera con una richiesta personale “glorifica tuo Figlio” per poi passare alla preghiera per i suoi discepoli, coloro che lui aveva scelto e che lo avevano accompagnato nel suo lavoro. Gesù prega affinché essi possano portare avanti la missione che li è stata affidata attraverso il ministero della parola. Ovvero, attraverso la proclamazione della verità, del vangelo, dell’esistenza di un Dio trino che si è manifestato in Cristo Gesù.

20 Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono[d] in me per mezzo della loro parola: 21 che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano [uno] in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. 22 Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno, come noi siamo uno; 23 io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me. 24 Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. 25 Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26 E io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro».

La preghiera di Gesù non si ferma con i suoi discepoli, bensì continua allargando ancora la prospettiva e includendo anche tutti coloro che credono in Cristo attraverso il ministero della parola che Crista ha affidato ai discepoli e che viene tramandato e portato avanti da ogni credente, dagli apostoli fino a noi oggi.

L’importanza della Parola è sottolineata spessissimo, nella Bibbia e dai credenti, perché è uno dei maggiori indicatori di una vita personale e una vita di chiesa sana. Se vogliamo capire e adorare Dio nel modo in cui lui vuole essere adorato, dobbiamo rivolgerci alle Scritture, e in esse trovare Gesù, la Parola che si è fatta uomo per diventare la Via di accesso al Padre.

In precedenza, in Giovanni 8, troviamo questo episodio

30 Mentre egli parlava così, molti credettero in lui. 31 Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; 32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».

Questo è solo uno delle tantissime esortazioni di questo tipo che troviamo nella Bibbia. È la Bibbia che definisce ciò che crediamo e che deve definire il tema del messaggio di questa sera.

Questa porzione di preghiera ha una richiesta centrale per tutti noi. Qual è la richiesta da parte di Gesù per tutti i credenti?

Io prego per tutti quelli che credono in me, “che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano [uno] in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato.” (21)

La richiesta di Gesù è l’unità dei credenti.

Se l’ultima volta che ho predicato, due settimane fa, vi ho detto che contemplare e parlare della gloria di Dio è una cosa difficile da fare, questa volta vi ammetto che sono stato ancora di più in difficoltà nella preparazione del sermone. Ci sono dei temi nella Bibbia che reputo molto importanti e verso i quali mi ritengo carente. Uno di questi è l’unità. Questa settimana a lavoro siamo stati sfidati a ricercare questa unità e mi sono reso conto di quanto a volte mi riesca difficile questa cosa. Sarà che sono una persona abituata a passare del tempo da solo, sarà per le esperienze che ho fatto nella vita, sarà per incompatibilità caratteriali. Nei giorni scorsi ho riflettuto tanto sulle mie carenze in questo ambito e quindi quello che voglio dirvi sta sera, come sempre accade, non viene detto da una persona che ha raggiunto l’obiettivo, ma da un vostro fratello nella fede che sta facendo un percorso di crescita con il Signore alla luce della sua Parola.

Come vi ho appena detto, pensando all’unità, mi sono abbastanza scoraggiato. Vedo che non sono degno della fiducia che Cristo ha riposto in me. Quante volte ci succede questa cosa? O sono l’unico? Guardiamo allo standard di Gesù, studiamo i comandamenti della Bibbia, osserviamo credenti che riescono meglio di noi e ci abbattiamo e ci scoraggiamo. Di nuovo, succede solo a me?

In genere poi, dopo esserci scoraggiati, iniziamo a pensare: devo fare di più, devo agire meglio, devo ripagare la fiducia di Dio, in un certo senso devo meritarmi la mia salvezza. Quante volte cado in questa trappola del nemico! Quante volte sostituisco la salvezza per grazia con la salvezza per opere: più preghiera, più amore, più lettura, più evangelizzazione, più missione, più unità!

Il testo di oggi, invece, ci riporta sulla giusta strada. Stiamo infatti studiando un testo nel quale Gesù non sta chiedendo ai suoi discepoli di fare qualcosa, ma nel quale Gesù sta pregando per i suoi discepoli, sta pregando per noi! Gesù non sta dicendo ai discepoli di lavorare all’unità che è stata creata in quei tre anni di vita insieme, ma sta pregando affinché questa unità dei credenti di Dio in Cristo si realizzi negli anni a venire, a prescindere dalla lingua, nazionalità, dallo stato sociale di ogni credente.

Ieri mentre lavoravo a questo messaggio ho ripreso in mani questo libricino di Martyn Lloyd-Jones, La Base dell’Unità Cristiana. È un’opera molto breve, infatti questa copia è stata stampata male e contiene lo stesso libro ripetuto due volte! La Base dell’Unità Cristiana sono venti pagine, divise in due capitoli e guarda caso il primo capitolo è incentrato su Giovanni 17 e in particolare il versetto 21.

In questi giorni stavo guardando all’unità da un punto di vista sbagliato, o perlomeno incompleto. Ma riflettendo su questo testo ho potuto ammirare l’unità da un punto di vista che spesso mi è sfuggito. La domanda non è tanto “Cosa devo fare io per migliorare l’unità fra credenti” bensì “Cosa ha fatto Dio per l’unità del suo popolo, della sua famiglia?”.

Llyod-Jones afferma che in Giovanni 17 “Il Signore non si riferisce ad un’unità alla quale dovremmo tendere. Infatti in questo capitolo, non si rivolge mai ai Suoi discepoli. Si tratta di una preghiera fatta a Dio, affinché conservi l’unità che Lui, Gesù Cristo, con la sua predicazione, ha già chiamata all’esistenza tra questa categoria di persone” (4).

Ciò che ci unisce non è quello che noi possiamo fare, ma quello che Cristo ha già fatto e che non può essere annullato o cancellato.

La prima volta che troviamo l’unità espressamente citata nella preghiera di Giovanni 17 è al versetto 11, sul quale ha predicato Stefano la scorsa volta:

11 Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi.

In questo versetto Gesù prega affinché Dio conservi i discepoli nell’unità che caratterizza l’unione perfetta tra il Padre e il Figlio. Di nuovo, non siamo noi a creare l’unità ma esse è già stata creata e resa perfetta dalla glorificazione del Figlio, da quella morte sulla croce al posto nostro che ricorderemo in maniera particolare tra una settimana, a Pasqua.

Che bello poter sapere che così come sono unito a Cristo sono unito anche ai miei fratelli, a quelli che parlano in maniera diversa, a quelli che agiscono in maniera diversa, a quelli che adorano in maniera diversa, a quelli che servono in maniera diversa. Che bello sapere che non devo lavorare per creare una unione che io, per natura, non saprei mai creare, ma che dal momento in cui credo in Cristo entro a far parte di questa unità. Che sollievo poter riposare in quello che Cristo ha fatto per me!

La nostra unità ha, quindi, origine in Cristo.  La nostra unità è in Cristo, “io in loro e tu in me” (23).

Che tipo di unità sta presentando Cristo? Da cosa è caratterizzata? Qual è la natura di questa unità?

“Affinché siano uno, come noi” (versetto 11). La caratteristica o la natura di questa unione sta nella analogia con l’unione di Dio Padre con Dio Figlio. Quindi non solo noi entriamo a far parte di una unità che noi non potremmo mai creare, ma questa unione della quale siamo resi partecipi è la stessa che c’è nella trinità, la più perfetta e più splendida delle unità. Dio non ha creato una nuova unità per gli uomini, ma ha replicato quella già esistente, già perfetta della trinità.

Di nuovo Lloyd-Jones, il quale afferma che in Giovanni 17 “il Signore fa riferimento all’unione mistica che regna tra le tre Persone della beata e santa Trinità, il mistero più profondo della fede cristiana…Essa fa riferimento ad un’unità di essenza, ed in ciò sta tutto il mistero della Trinità. Vi sono tre persone distinte e tuttavia un solo Dio, la stessa essenza e tuttavia delle persone distinte. Ma ciò che le fa essere UNO è l’unità di essenza.” (5-6) [Siamo uniti perché siamo fatti della stessa essenza, siamo nati di nuovo, siamo “divini”, la nostra unità è spirituale e non basata su noi o su quello che facciamo noi]

Piccolo inciso: questo non vuol dire che l’unità cristiana non ha delle ripercussioni nella nostra vita. Non sto dicendo che non c’è niente che dobbiamo fare. Anzi. Ma sono, appunto, delle ripercussioni di quella unità che viene descritta in Giovanni 17.

“A questa unità [di essenza] si aggiunge quella di visione, di pensiero e d’intenzioni, l’amore reciproco, e tutto ciò che può ancora scaturire dall’unità di essenza”. Ovvero, la natura della nostra unità deve portare, e porta, a tutte queste cose che sono state elencate.

Andando avanti con il testo, versetto 22, troviamo queste parole

“Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno, come noi siamo uno;”

Due settimane fa abbiamo parlato della bellezza e l’importanza della gloria di Dio riflettendo sui primi cinque versetti di questo capitolo. Se qualcuno non c’era e vuole approfondire sul nostro sito trova sia il testo che il video di quella predicazione.

Ora in questo versetto vediamo che Cristo ha dato a noi la gloria che ha ricevuto dal Padre affinché noi potessimo essere uno. Gesù sottolinea il fatto che la nostra unità non viene da noi, ma è frutto dalla santità di Dio, dal suo essere così diverso da noi. La nostra unità è l’unità che tutti gli esseri umani stanno cercando, un’unità che non può essere scalfita dai dolori e traumi della vita, che non si può perdere con la solitudine o la morte, che non può essere cancellata dagli sbagli e nemmeno dalla morte perché risplende della perfetta e incorruttibile gloria di Dio. Che bello vedere che Gesù è morto al posto nostro per poter essere glorificato dal Padre e poi egli ha condiviso con noi questa sua gloria, che noi non ci siamo meritati.

Dopo aver parlato dell’origine e della natura di questa unità, concentriamoci ora sulle conseguenze di questa unità. Nei nostri versetti troviamo la parola greca  ἵνα (hina) ben nove volte. Hina è una congiunzione che presenta uno scopo o un obiettivo e viene tradotto con che o affinché.

Nella nostra traduzione troviamo sei affinché, nei versetti che stiamo studiando oggi. Alcuni si ripetono e altri lì abbiamo già considerati. Ne restano allora tre che vorrei velocemente considerare insieme a voi

  • Affinché il mondo creda che tu mi hai mandato (v 21) e affinché il mondo conosca che ti mi hai mandato (23) Lo scopo della unità nella quale siamo inseriti non è egoistico, o fine a se stesso ma è missionario. Lo scopo della nostra unità, di un popolo composto da ogni nazione, ogni lingua, ogni tribù, ogni ceto sociale unite in Cristo è la crescita di questa famiglia. Come chiesa dobbiamo stare attenti a non creare un ghetto, nel quale ci sentiamo a nostro agio, ma che la nostra unità venga vissuta nel mondo e in un modo che possa essere percepita dal mondo. Dobbiamo costantemente riflettere su quello che facciamo e come quello che facciamo ha un senso missionario: i nostri culti, la lode, le attività comunitarie oltre al nostro vivere quotidiano in quanto singoli.
  • Affinché vedano la mia gloria (24). Attraverso l’unità noi non solo riceviamo la gloria di Cristo e di Dio, come abbiamo detto prima, ma possiamo anche conoscerla. Sarebbe sicuramente bello se un giorno qualcuno mi regalasse una splendida Ferrari. Se però non avessi modo di conoscere la Ferrari, se non potessi guidarla, studiarla, osservarla, vedere il motore, toccare gli interni la mia gioia sarebbe sicuramente limitata. Dio ci ha già donato la sua gloria, ma vuole anche che noi conosciamo questa gloria, che noi la guardiamo con lo scopo di analizzarla, con lo scopo di capire il significato della sua esistenza e del suo operato. Questa gloria si rivela in maniera particolare nella nostra unione con Cristo. La nostra vita può essere ripiena della gloria di Dio, del suo intervento in Cristo Gesù e l’opera dello Spirito Santo.
  • Affinché l’amore del Padre sia in loro (26) e infine, alla fine di questa bellissima preghiera, viene sottolineato di nuovo che uno degli scopi di questa unità è far cementare l’amore di Dio nelle nostre vite. L’unità che Dio ha creato è basata sull’amore di Dio, di Dio Padre nei confronti del Figlio, del Figlio nei confronti dello Spirito e viceversa. Un amore che deve essere visibile fra di noi, un amore che va oltre i nostri limiti, oltre le nostre circostanze felici o infelici.

All’inizio vi ho chiesto se stai cercando un’unità o un’unione diversa rispetto a quella che stai sperimentando. Se la risposta ha questa domanda è sì, sappi che essa può essere trovata solo in Cristo e nell’unità che Cristo presenta in questa preghiera. È una unione che in quanto credenti dovremmo gustare quotidianamente, ricordandoci che è stata creata e resa possibile da Cristo e non dai nostri sforzi.  È un’unità che è disponibile anche per coloro che non sono ancora figli di Dio, è l’unica unità che soddisferà il vostro desiderio di essere uniti.

 

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *