Relazioni difficili: come coniugarle al presente, passato e futuro – Salmo 61 Testo e Video

Nella scorsa settimana nell’arco di una giornata sono venuto a sapere di tre coppie che conosco personalmente che si sono separate. In due casi si trattava di un fidanzamento durato tanti anni e nell’altro di un matrimonio. Scoprire questa cosa mi ha sinceramente rattristato. Come può succedere una cosa del genere? Quanto sofferenza porta la separazione? Molto probabilmente questi miei amici stanno attraversando dei giorni difficili, con tante domande senza risposta, con sentimenti di amarezza, confusione e rabbia.

 

Quanto è difficile relazionarci? Incontriamo sempre difficoltà, con i nostri migliori amici, con i nostri famigliari, con i nostri colleghi, tutte persone con le quali dovremmo collaborare per il loro e il nostro bene. A questo poi si aggiungono le difficili relazioni con i nostri “nemici”, coloro con i quali non andiamo d’accordo, che vivono la loro vita perseguendo obiettivi diversi dai nostri con valori diversi dai nostri, persone che per esempio si oppongono fermamente al cristianesimo ed i cristiani. A volte guardando indietro alla nostra vita ci sembra di vedere soltanto una sfilza di sbagli relazionali subiti o procurati. A volte siamo tentati di arrenderci, di non investire più nel prossimo.

 

In queste situazioni è molto bello poter leggere i Salmi nella Bibbia. Il libro dei Salmi si presenta come una bussola. La bussola ha in genere una superficie in vetro che copre l’ago magnetizzato che punta al Nord. Questo vetro è come uno specchio, che riflette la nostra immagine. Quando leggiamo i salmi ritroviamo i nostri sentimenti nelle parole dei vari salmisti. Nei salmi leggiamo della paura, dell’angoscia, della confusione, del senso di inadeguatezza e della rabbia dei poeti ebrei, così come della loro gioia, della speranza, e dei sogni futuri. Questi sentimenti sono espressi in forma poetica, e questo ci aiuta a riflettere sui concetti espressi tramite similitudine o iperbole, e al tempo stesso questi sentimenti sono espressi con un candore ed una onestà che ci portano a immedesimarci in essi. Nel vetro della bussola vediamo la nostra vita.

 

Ma se usassimo la bussola solo come specchio, non staremmo sfruttando al massimo lo strumento. I salmi sono fantastici perché ci aiutano a guardare oltre il vetro e a fissare lo sguardo sull’ago magnetizzato. I salmi ci portano ad indirizzare la nostra attenzione verso il Nord, verso Dio. Il salmista non è mai solo, ma rivolge i propri sentimenti, le proprie riflessioni, le proprie domande e i gridi di angoscia verso il suo Creatore e Signore. Da una parte ci immedesimiamo con i salmisti, dall’altra possiamo trovare, insieme a loro, la risposta alle nostre situazioni.

 

Oggi vogliamo riflettere insieme su alcuni versetti dal Salmo 61, un salmo scritto dal Re Davide che ha composto molte delle poesie e canzoni raccolte in questo libro. Guardando alla vita di Davide si vede che in quanto a relazioni difficili, il re di Israele era un esperto. Davide ha avuto dei fratelli gelosi, un padre che non lo considerava importante, il re Saul che a volte lo amava e a volte voleva letteralmente ucciderlo. Durante la sua vita Davide ha dovuto lasciare il suo paese e vivere come straniero tra i suoi nemici, ha avuto mogli e amanti illegittime, figli trascurati e ribelli.

 

Leggiamo insieme Salmo 61:1-4    

61 Al direttore del coro. Per strumenti a corda.

Di Davide.

O Dio, ascolta il mio grido,

sii attento alla mia preghiera.

2 Dall’estremità della terra io grido a te con cuore affranto;

conducimi tu alla rocca che è troppo alta per me;

3 poiché tu sei stato un rifugio per me,

una torre fortificata davanti al nemico.

4 Abiterò nella tua tenda per sempre,

mi riparerò all’ombra delle tue ali. [Pausa]

Credo che sia evidente quanto dicevo prima: in questi pochi versetti ci sembra di poter toccare con mano l’angoscia di Davide, un uomo che nella sua vita ha dovuto affrontare un milione di sfide, alcune molto più grandi di quelle che affronteremo mai noi. La disperazione di Davide è vera, non apparente o simulata. Davide parla di grido, di preghiera, di cuore affranto, di una rocca troppo alta da raggiungere. E al tempo stesso la disperazione di Davide non rimane senza speranza. La preghiera e il grido non cadono nel vuoto, la rocca si può raggiungere. In questi versetti troviamo il rifugio, la torre fortificata, tenda e il riparo eterno del salmista.

Studiando questi versetti mi ha colpito il modo in cui Davide ha composto questa preghiera. O meglio, mi ha colpito la scelta dei tempi verbali e cosa questa scelta rivela.

 

Il presente

“O Dio, ascolta il mio grido,

sii attento alla mia preghiera.

2 Dall’estremità della terra io grido a te con cuore affranto;

conducimi tu alla rocca che è troppo alta per me;” (1-2)

 

I primi due versetti sono entrambi coniugati al presente: ascolta il mio grido, sii attento alla mia preghiera, io grido, conducimi. Questi versetti racchiudono l’attuale situazione del salmista. Il presente per Davide non è semplice, non è roseo. Non so cosa fosse successo in questa specifica occasione, visto che non viene descritto. Forse Davide stava scappando da Saul, il re di Israele che per tanto tempo, mosso dalla gelosia, ha cercato di farlo fuori. Forse Davide stava per affrontare una battaglia alla guida del suo esercito contro un popolo straniero. Oppure Davide stava scappando da Absalom, il figlio che gli si era ribellato e che l’aveva costretto a fuggire dal suo palazzo. Beh, i problemi che Davide ha avuto con il suo capo (Saul), le sfide che ha dovuto affrontare a lavoro (vere e proprie battaglie) e i battibecchi con i suoi famigliari (Absalom) sono stati di proporzioni cosmiche. È per questo che capiamo così bene questi versetti, che parlano di una angoscia reale, così come sono reali i momenti di angoscia delle nostre vite.

 

Un paio di settimane fa abbiamo visto insieme Proverbi 18:10, “Il nome del Signore è una forte torre; il giusto vi corre e vi trova un alto rifugio.” Se vi ricordate avevamo notato insieme come per trovare rifugio nel Signore bisogna correre verso il suo nome, cioè parlare e pregare con Dio. L’importanza di questo atteggiamento Salomone, l’autore del proverbio, l’aveva molto probabilmente imparata da suo padre, il re Davide, l’autore dei versetti di oggi. Davide è un ottimo esempio sul come affrontare situazioni delicate, pericolose o pazze facendo affidamento su Dio.

 

Questi versetti non solo descrivono la situazione attuale di Davide. Tre dei quattro verbi presenti in questi due versetti sono degli imperativi, in pratica Davide sta dando degli ordini a Dio. Non chiede di essere ascoltato, ma dice a Dio di ascoltarlo. Non implora Dio per la sua attenzione, ma ordina a Dio di stare attento. Non si informa con Dio se c’è posto sulla roccia, ma gli dice di essere portato su quella roccia che non può raggiungere da solo. Vedremo fra poco su cosa basa Davide questa sua fiducia, che sembra quasi essere arrogante ed irriverente.

 

Prima, però, vorrei notare questo aspetto della preghiera di Davide: una preghiera decisa, forte, diretta. Quante volte invece la mia preghiera è debole o timorosa. Non sto dicendo che Dio non ascolta la preghiera di una persona a pezzi, o la preghiera sincera di una persona con poca fede. A volte, quando sono in situazioni di estremo sconforto, mi addormento dicendo semplicemente “Dio aiutami” e posso testimoniare che a volte Dio ha risposto a questa preghiera dandomi una pace sovrannaturale in mezzo alla situazione avversa. Però se la mia preghiera personale è sempre così, forse devo domandarmi perché. Forse non sono sicuro con chi sto parlando e non sono certo di cosa aspettarmi dal Dio al quale mi sto rivolgendo.

 

Vorrei soffermarmi sul quarto e ultimo verbo di questi primi versetti: io grido. Di nuovo, un verbo che si usa in situazioni disperate, e non quando devo raccontare com’è andata la gita al mare o in montagna. Il grido di Davide viene effettuato dall’estremità della terra. Ultimamente si è tanto parlato di terra piatta e delle teorie dei terrappiasti. Oggi sappiamo che la terra non è piatta, ma durante il regno di Davide, circa 3000 anni fa, l’uomo non aveva scoperto questa cosa. I confini della terra erano non soltanto un posto lontano, ma il bordo prima del burrone. La particolarità del verbo usato dal salmista è che è simile al present continuous inglese, io sto gridando a te, io continuo a gridare a te, ho iniziato e vado avanti. Di nuovo, la mia preghiera è simile a quella di Davide? O è una preghiera che avviene una volta e poi finisce lì, una azione compiuta e finita?

 

Passato

poiché tu sei stato un rifugio per me,

una torre fortificata davanti al nemico.” (3)

 

Dopo queste considerazioni sul presente di Davide, uno potrebbe giungere a questa conclusione: devo pregare di più, devo pregare meglio, devo forzare la mia volontà con Dio, devo convincerlo a fare quello che voglio io. È  vero, Davide è un magnifico esempio da seguire. Ma non vorrei che pensassimo che dobbiamo semplicemente copiare il suo atteggiamento. Questo non ci porterà a niente, se non a delle azioni meccaniche senza risultati. Quando vedremo che non ci sono risultati o cambiamenti proveremo a sforzarci ancora di più, a pregare più spesso e a voce più alta oppure ci arrenderemo, rinunceremo a questo tipo di religione. Non vogliamo copiare le azioni di Davide ma vogliamo capire cosa lo spingesse a comportarsi così, vogliamo capire perché Davide di fronte alla disperazione si rivolge a Dio. Che tipo di Dio conosceva Davide?

 

Nel 3 versetto i tempi verbali passano dal presente al passato. Tu sei stato un rifugio, sei stato una forte torre, sei stato la mia protezione. Questa non è la prima volta che Davide si rivolge a Dio. Altre volte, nella sua vita, Davide era già stato in pericolo, altre volte aveva innalzato un grido di dolore o di angoscia. Davide nei primi versetti si rivolge con convinzione e coraggio a Dio e non con arroganza e irriverenza, e lo fa perché ha già sperimentato che il Signore è davvero un rifugio e una torre. Davide parla in questo modo perché sta parlando con il suo Dio, e il suo Dio è in grado di rispondere alla sua preghiera! Davide indirizza la sua disperazione verso un Dio che non soltanto dice di essere fedele, di essere amore e di essere protezione, ma che nel corso della storia ha continuamente dimostrato di essere fedele, di essere amore e di essere protezione. La vera domanda allora non è “prego come pregava Davide?”ma “conosco il Dio che conosceva Davide?” Sto sperimentando che lui è la vera torre, il mio rifugio in mezzo alle difficoltà relazioni della nostra vita? Se lo conosco, se lo sto sperimentando, la mia preghiera sarà sempre più simile a quella di Davide. Il Dio di Davide è un Dio fedele, che agisce, che protegge.

Il futuro

“Abiterò nella tua tenda per sempre,

mi riparerò all’ombra delle tue ali.” (4)

 

Credo che la situazione di Davide non si sia risolta improvvisamente mentre scriveva queste parole. Eppure, al versetto quattro, il tempo verbale cambia di nuovo. Dopo aver descritto il presente, ricordato il passato, ora il salmista guarda con fiducia al futuro, usando i tempi verbali di conseguenza. Io abiterò alla tua presenza, io troverò riparo sotto le tue ali, come dei pulcini sotto le ali della gallina. Nella mente di Davide non c’è alcun tipo di dubbio che quanto avvenuto nel passato si ripeterà anche in questa situazione e nel futuro. Che fede, quella di Davide! E di nuovo, non è che Davide fosse speciale. La Bibbia ci presenta molto bene i suoi errori e i suoi sbagli. Ma era l’oggetto della fede di Davide ad essere speciale. Il Davide che era stato protetto quando aveva affrontato l’orso, il leone e il gigante Golia, sapeva di potersi fidare di nuovo di Dio. E anche se non fosse uscito vivo o vittorioso dalla situazione che stava affrontando, Davide sapeva che la sconfitta sarebbe stata relativa e non definitiva. Davide sapeva che a prescindere della situazione che stava affrontando, a lavoro, col capo, con la famiglia, avrebbe trascorso l’eternità alla presenza del Signore, lontano da ogni pericolo, da ogni rottura, da ogni rapporto difficile. E noi dovremmo sapere e ricordarci che la divisione e il dolore che viviamo così spesso, non saranno più presenti quando passeremo l’eternità con Dio. Lì non ci sarà divisione, tradimento, incomprensione, gelosia!

 

Parlavo con un altro pastore di questo testo e lui mi ha detto questa frase che ha sentito una volta:

 

“Il modo dei giudei di guardare al futuro è come quello dei canoisti. Remano fiduciosi con le spalle al futuro perché guardano al passato.”

 

Mi è piaciuta tantissimo questa descrizione, quello che Dio ha già fatto da la certezza del suo intervento futuro.

 

Le immagini usate da Davide per descrivere Dio (la tenda ovvero il tempio, la rocca, l’uccello che protegge i suoi piccoli) sono poi usate da Gesù nel Nuovo Testamento per parlare di sé stesso. E quindi noi, ancora più chiaramente rispetto a Davide, possiamo essere trasformati non da un impegno e uno sforzo umano, ma dall’oggetto della nostra fede, Cristo. Come i canoisti, andiamo avanti, dando le spalle al futuro e guardando alla vita, la morte e la resurrezione di Cristo per capire l’amore di Dio Padre, la sua fedeltà, la sua cura. Andiamo avanti guardando Cristo sulla croce, e capiamo l’amore di Dio per noi. Andiamo avanti e guardando a Cristo sappiamo verso cosa stiamo remando, verso Dio, verso un’eternità trascorsa alla sua presenza.  Andiamo avanti come i canoisti, guardando alla croce di Cristo, affermando che quella croce è la nostra torre e il nostro rifugio!

 

È vero, le relazioni non sono semplici! Possiamo essere fraintesi, traditi, delusi, allontanati e possiamo fare le stesse cose agli altri. Possiamo amare una persona e non essere ricambiati. Possiamo aver bisogno di attenzione e non essere notati.

Ma noi possiamo affrontare e vivere le relazioni con l’atteggiamento di Davide, cercando l’aiuto di Dio nel presente, alla luce di quello che ha fatto nel passato, sicuri di quello che accadrà nel futuro. Non ci arrendiamo di fronte alle difficoltà intrinseche delle relazioni perché Dio è al nostro fianco, non rinunciamo a fare il bene del prossimo perché anche se corriamo il rischio di ferirci, Dio ci protegge come una torre fortificata.

 

A volte saremo tentanti di credere che non ne vale la pena, che da ora in poi penseremo solo a noi stessi. In quei momenti guardiamo indietro al Signore Gesù. Nonostante le difficoltà relazioni, nonostante sia stato incompreso dalla sua famiglia, nonostante sia stato rinnegato dai suoi amici, nonostante sia stato accusato ingiustamente dai farisei è salito comunque sulla croce, ha comunque investito in noi.

 

La nostra chiesa vuole essere una un posto dove lavorare sulle relazioni, non un locale o un incontro, ma soprattutto una comunità dove poter crescere nella conoscenza e il servizio reciproco essendo protetti dalla Torre, Cristo. Sul nostro logo ci sono tante torri, che rappresentano tante persone. Persone diverse, più o meno pendenti, che stanno affrontando un percorso insieme, perché unite dalla croce che si crea tra una torre e l’altra. In questa chiesa vogliamo servirci l’un l’altro non in maniera imprudente o sconsiderata, ma vogliamo farlo sapendo di essere comunque protetti da Dio, sapendo di poter gridare a lui con forza e convinzione. Impegniamoci a creare una cultura in questa chiesa nella quale è normale prendersi cura dell’altro, ascoltare il prossimo, mangiare insieme, lavorare insieme, scherzare insieme. Facciamolo non soltanto perché è la cosa giusta da fare, ma perché la croce di Cristo è alla base delle nostre azioni.

 

Facciamolo, facendo nostre queste parole della canzone che abbiamo cantato prima insieme:

Noi non temeremo battaglia o notte    Camminerem nella valle affianco a Te

Tu sarai davanti, Tu ci guiderai Nostro rifugio, tu solo puoi salvar

Canta con gioia: Dio è per noi L’amor del Padre è una torre forte e salda

Dillo forte, il suo amor è grande Chi può opporsi a noi se Dio è per noi?

 

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