Riprensione e perdono alla gloria di Dio_Luca 17: 1-19 (solo testo)

Più volte ho sentito persone dire frasi tipo “bella Parigi, peccato per i francesi.” Magari i francesi pensano lo stesso degli italiani quando visitano Roma.

Parlavo con una persona l’altro giorno, che si lamentava di quanto fossero complicate le relazioni interpersonali, quanta fatica nel cercare di essere saggi quando si ha a che fare con le persone.

George Verwer, fondatore di OM, ha un proverbio che ripete spesso: “Dove due o tre persone del Signore sono riunite insieme, prima o poi c’è casino.”

Questi esempi ci ricordano di quanto possa essere complicato avere a che fare con le persone.

Se siamo onesti, interagire fra esseri umani è spesso difficile, stancante, deludente, provante. Quante volte ci sono, per esempio, tensioni nelle nostre famiglie.  Anche tra credenti, anche tra fratelli e sorelle in Cristo, anche quando vogliamo crescere insieme ed edificarci a vicenda, anche quando vogliamo il bene gli uni degli altri la presenza del peccato in tutti noi e attorno a tutti noi può provocare scandali, delusioni, tensioni.

A volte viene da pensare “Bella la chiesa, peccato per i credenti.” La tentazione di mollare tutto e andare a vivere su una montagna è forte.

Ma se da un lato i versetti che andremo a leggere insieme oggi ci mostreranno la serietà e gravità del peccato e le ripercussioni che può avere sulle persone, dall’altro lato ci mostreranno anche la bellezza di una comunità che cresce insieme in santità e in amore. è per questo motivo che i versetti di oggi mi hanno sfidato e incoraggiato molto, e prego che possa essere lo stesso per tutti voi questa sera. Se sei scoraggiato, se sei ferito, se sei arrabbiato, la Parola ha qualcosa per te. Se sei in mezzo al peccato, la parola ha qualcosa per te.

Sono versetti in cui il Signore sembra proprio parlare di chiesa, pur non usando mai questo termine, di famiglie spirituali, di fratelli e sorelle che dovrebbero prendersi cura spiritualmente gli uni degli altri.

 

 

 

Oggi vogliamo iniziare insieme il capitolo 17 del Vangelo di Luca.

Nel capitolo 16 Gesù ha parlato della gestione dei soldi, dell’amore per il denaro e il capitolo si è concluso con la parabola del ricco e di Lazzaro, con il ricco tormentato nell’inferno e Lazzaro in cielo.

Il capitolo 17 inizia con una serie di insegnamenti che sembrano scollegati tra di loro. Luca non ci dice esattamente quando questi insegnamenti sono stati impartiti, se si tratta di un discorso unico di Gesù o di una serie di insegnamenti che lui ha raccolto qui, ne ci dice se quello che noi chiamiamo capitolo 17 sia collegato al capitolo 16. Ma ci dice che Gesù ci rivolge ai suoi discepoli e soffermandosi un attimo sui vari insegnamenti è possibile vedere il nesso che li collega.

 

Lo scandalo causato dal nostro peccato

17:1 Gesù disse ai suoi[a] discepoli: «È impossibile che non avvengano scandali, ma guai a colui per colpa del quale avvengono! 2 Sarebbe meglio per lui che una macina da mulino[b] gli fosse messa al collo e fosse gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno solo di questi piccoli.

Guai a chi causa degli scandali, una traduzione inglese dice “E disse ai suoi discepoli: “Le tentazioni di peccare vengono di sicuro, ma guai a colui attraverso il quale vengono!” (ESV)

La parola usata per scandalo è quella dell’esca di una trappola, o anche pietra d’inciampo: qualcosa che provoca delle conseguenze negative. Quando si esce in bici in gruppo, e la prima persona cade a causa di un ostacolo sul percorso, tutte le persone che sono dietro rischiano di cadere, di farsi del male, addirittura di morire se sbattono male o vengono investiti. Questa è l’idea presente in questi versetti.

Pietro Ciavarella, domenica scorsa, ci ricordava che la nostra carne è veramente debole, che è così facile cadere, cedere alla tentazione. è impossibile che non succeda.

Tante volte questo sono io; pecco, cado, cedo alla tentazione. Molte volte le mie azioni causano scandalo, o potrebbero causare scandalo. Questo è un pensiero che mi rattrista e che mi umilia.

Gesù ci invita a tenere a mente che le ripercussioni del peccato non influenzano soltanto chi commette il peccato, non rovinano nemmeno soltanto il rapporto tra te e Dio, ma hanno ripercussioni anche sulla comunità che ti circonda.

Questo concetto era vero ai tempi di Gesù, ed è ancora più vero oggi.

La portata di uno scandalo era molto più limitata ai tempi di Gesù, quando non c’erano i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi. Al giorno d’oggi non ci vuole niente per fare circolare una notizia in tutto il mondo, e lo vediamo ogni volta che un famoso credente commette uno scandalo.

Quando pecchiamo ne risentono le persone attorno a noi. Il peccato non ha ripercussioni solo su noi, ma infatti e contagia le persone che ci sono attorno. Ne risentono soprattutto “i piccoli” (2). Gesù qui non specifica chi siano questi piccoli, ma non ha molta importanza.

Immaginate cosa voglia dire scandalizzare un bambino per esempio con uno scatto di ira, che potrebbe essere traumatizzato per il resto della sua vita.

Immaginate cosa voglia dire scandalizzare con l’ipocrisia un giovane credente, o un nuovo credente, che si sentirebbe deluso o tradito da delle persone che dovrebbero essere un esempio. Quanti di noi conoscono persone che si sono allontanate perchè deluse o scandalizzate dai credenti e dalle chiese?

Immaginate cosa voglia dire scandalizzare un emarginato della società, qualcuno che non viene considerato dal mondo e che trova rifugio e speranza in una chiesa, se scoprisse per esempio che una chiesa usa i fondi destinati all’aiuto dei poveri per pagarsi una vacanza.

Lo scandalo causato dal nostro peccato può avere ripercussioni devastanti.

Attenzione. Gesù non sta dicendo che dobbiamo essere perfetti. Lui è venuto sulla terra proprio perchè noi non siamo e non possiamo essere perfetti. Ma Gesù ci sta dicendo che siamo responsabili delle nostre azioni, anche se siamo perdonati in Lui. Ci sta dicendo che quando siamo sul punto di cedere ad una tentazione, quando stiamo per peccare dovremmo riflettere seriamente sul potenziale scandalo che potremmo creare.

Gesù dispensa grazia generosamente a tutti coloro che peccano e chiedono perdono a lui. Eppure non prende il nostro peccato alla leggera, non sta scherzando, le parole “guai a voi” hanno una nota di giudizio e di condanna divina. Anche noi non dovremmo prendere questa cosa alla leggera! Egli dice addirittura che sarebbe meglio morire affogati nel mare con una pietra al collo, che creare uno scandalo. Riflettiamo su questa cosa!

Cosa possiamo fare per evitare questi scandali?

La riprensione comunitaria

La soluzione non è semplicemente “impegnati maggiormente!”, “prega di più!”, “sforzati!”. Tutte cose importanti e giuste. Gesù però pone l’enfasi sull’aspetto comunitario della vita del credente:

 3 State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca [contro di te], riprendilo;

Uno strumento fondamentale per evitare il peccato e lo scandalo che ne deriva e che Gesù condanna è la riprensione che avviene tra fratelli, che avviene all’interno della comunità. Dobbiamo riprenderci a vicenda in modo da non peccare. Da soli non ce la possiamo fare, insieme, per mezzo dello Spirito, siamo molto più coesi e forti contro il peccato, insieme siamo in grado di riconoscerlo, denunciarlo, sconfiggerlo.

Il termine riprensione forse ci fa pensare a qualcosa di negativo, ma in realtà, anche se può far male sul momento, è qualcosa di liberatorio, qualcosa che porta guarigione, santità, crescita, luce, vita.

La Bibbia ci esorta ripetutamente a riprendere ed esporre il peccato. Leggo solo alcuni dei versetti che ne parlano sia per dare un’idea generale su come la Bibbia presenta questo tema, sia per osservare delle diverse sfaccettature e applicazioni pratiche per la vita di tutti i giorni di questo tema.

  • La riprensione dovrebbe avere un grande effetto sull’uomo timorato di Dio. Proverbi 17:10 Un rimprovero fa più impressione all’uomo intelligente, che cento percosse allo stolto.
  • La riprensione fa si che non ci induriamo a causa del peccato. Ebrei 3:12 Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo che vi allontani dal Dio vivente; 13 ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finché si può dire: «Oggi», perché nessuno di voi s’indurisca per la seduzione del peccato.
  • La riprensione deve essere biblica e paziente. 2 Timoteo 4:2 predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza.
  • La riprensione porta luce nelle tenebre. Giovanni 3:20 Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; 21 ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio».
  • La riprensione non accetta può avere come conseguenza la disciplina e l’allontanamento. 2 Timoteo 3:2 perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, 3 insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, 4 traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, 5 aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza. Anche da costoro allontànati!

Matteo 18:15 «Se tuo fratello ha peccato {contro di te}, va’ e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; 16 ma se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni[f]. 17 Se rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano.

  • La riprensione deve essere gentile, compassionevole e amorevole. Galati 6:1Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato.

1 Corinzi 16:14 Tra voi si faccia ogni cosa (anche la riprensione) con amore.

  • La riprensione ha come obiettivo il perdono e la riabilitazione del fratello caduto. Seconda lettera ai Corinzi 2:5-11 Ora se qualcuno è stato causa di tristezza, egli ha rattristato non tanto me quanto, in qualche misura, per non esagerare, tutti voi. Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza; quindi ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, perché non abbia a rimanere oppresso da troppa tristezza. Perciò vi esorto a confermargli il vostro amore; poiché anche per questo vi ho scritto: per mettervi alla prova e vedere se siete ubbidienti in ogni cosa. A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io; perché anch’io quello che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto per amore vostro, davanti a Cristo, affinché non siamo raggirati da Satana; infatti non ignoriamo le sue macchinazioni.

Il perdono

La riprensione cristiana va a braccetto con il perdono. Questo concetto è ripreso anche da Gesù nel testo di oggi. Infatti lo scopo della riprensione è il perdono, è riabilitare un fratello che ha peccato, peccato dopo peccato, dopo ogni sbaglio.

e se si ravvede, perdonalo. 4 Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte [al giorno] torna da te[c] e ti dice: “Mi pento”, perdonalo».

Voglio farvi notare che il Signore Gesù dice “se si ravvede.” Il ravvedimento è cruciale. Se ci esortiamo a vicenda a non peccare, è perchè vogliamo vedere il ravvedimento che porta a riallinearci con il Signore. Credo che la Bibbia ci insegni che dobbiamo perdonare e amare anche chi non si ravvede, anche i nostri nemici. Ma perdonare non vuole dire ignorare il peccato, altrimenti potremmo anche smettere di riprenderci e ravvederci. Se non si risponde con ravvedimento al peccato, manca una componente che non può essere sottovalutaa.

Ma ogni volta che c’è il ravvedimento, il pentimento per un peccato, dall’altra parte deve esserci perdono, conforto, riabilitazione, inclusione.

Non dobbiamo mai sentirci superiori, non dobbiamo mai dimenticare la nostra condizione di uomini e donne che continuano a sbagliare. Siccome Dio perdona i nostri peccati, possiamo perdonare i peccati dei nostri fratelli. Come sappiamo di aver perdonato una persona? Quando perdoniamo un nostro fratello o una nostra sorella, preghiamo per questa persona, guardiamo e parliamo di questa persona in maniera realista e non solamente negativa, e lavoriamo praticamente per il bene di questa persona.

Ora, pensate alla persona che fate più fatica a perdonare. Pensate alla persona che ripetutamente ha peccato contro di voi, vi ha umiliato, vi ha fatto sentire sporchi, vi ha attaccato. Vi risulta facile perdonarla? Sulla carta è semplice, ma poi nella pratica è molto difficile, non è vero?

é quello che devono aver pensato anche i discepoli di Cristo! Infatti al discorso di Gesù rispondono in questo modo:

5 Allora gli apostoli dissero al Signore: «Aumentaci la fede!» 6 Il Signore disse: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: “Sràdicati e trapiàntati nel mare”, e vi ubbidirebbe.

Qual è la soluzione, secondo i discepoli, per poter perdonare? Aumentaci la fede! Rendici migliori, rendici più bravi e allora saremo in grado di perdonare come tu vuoi!

Ma Gesù non condivide questo pensiero.

Non è la grandezza della fede a fare la differenza, ma la presenza della fede. La fede in Dio può essere anche piccola, imperfetta, dubitante a volte, ma è Dio ad essere grande, perfetto, sicuro, stabile, onnipotente.

La fede con la quale ci siamo gettati ai piedi di Gesù per essere salvati, per ricevere il perdono dei nostri peccati, per essere uniti a Cristo, è più che sufficiente per perdonare chi ha peccato contro di noi.

Perdoniamo chi ci ha offeso perché noi siamo bravi? Perché abbiamo una grande fede? Perché siamo amorevoli? No, perdoniamo perché Cristo agisce in noi. Per fede riconosciamo che non siamo in grado di perdonare come dovremmo, e Cristo, al quale siamo uniti come una cozza allo scoglio, ci rende capaci di perdonare.

Quando, grazie a Gesù, riusciamo ad agire in questo modo, a riprenderci a vicenda, ad esortarci a vicenda, a perdonarci a vicenda, ad amarci a vicenda non solo eviteremo scandali e il proliferare del peccato, ma renderemo continuamente gloria a Dio. Non ci inorgogliremo, non inizieremo a credere di essere perfetti, di non aver bisogno di Dio, di essere arrivati.

Sapremo sempre qual è il nostro posto rispetto a Dio, come esprime bene la parabola narrata da Gesù nei versetti che seguono:

7 «Se uno di voi ha un servo che ara o bada alle pecore, gli dirà forse, quando quello torna a casa dai campi: “Vieni subito a metterti a tavola”? 8 Non gli dirà invece: “Preparami la cena, rimbòccati le vesti e servimi finché io abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai tu”? 9 Si ritiene forse obbligato verso il servo[d] perché ha fatto quello che gli era stato comandato? [Non penso.] 10 Così, anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: “Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare”».

In questi versetti non si sta parlando dell’atteggiamento che il Signore ha nei nostri confronti, ma di come ci dovremmo porre nei confronti del nostro Signore. I padroni terreni trattano gli schiavi come schiavi, ma Dio non si è comportato così con noi. Lui si è umiliato, ha lavato i nostri piedi, ha preparato e sta preparando per noi un banchetto.

L’abbiamo già visto in precedenza, in Luca capitolo 12:

 37 Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

Ma, come dicevo, il focus di questi versetti è il nostro atteggiamento. Il nostro atteggiamento deve essere di umiltà e non di orgoglio, dobbiamo ubbidire a quanto ci è stato comandato non solo perchè è una cosa bella, ma anche perchè è la cosa giusta, che siamo chiamati a fare, riconoscendo che Dio è Re, che lui deve crescere e noi diminuire, che noi siamo suoi servi e che la nostra ubbidienza non è speciale. Alla fine della nostra vita diremo, “siamo dei semplici servi, a Dio sia la gloria.”

Mantenendo questo atteggiamento, saremo simili al protagonista della storia che viene immediatamente dopo nel capitolo 17 di Luca e con la quale voglio concludere questo messaggio.

11 Nel recarsi a Gerusalemme, Gesù passava sui confini della Samaria e della Galilea. 12 E mentre entrava in un villaggio, gli vennero incontro dieci uomini lebbrosi, i quali si fermarono a distanza 13 e alzarono la voce, dicendo: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!»

14 Vedutili, egli disse loro: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti». E, mentre andavano, [per fede] furono purificati. 15 Uno di loro, vedendo che era guarito, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo. Or questi era un Samaritano.

17 Gesù, rispondendo, disse: «I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? 18 Non si è trovato nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo straniero?» 19 E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato».

L’atteggiamento dell’ex lebbroso, del samaritano, dello straniero, del nemico di Dio, è di ringraziamento, di umiltà, di lode a Dio, di prostrazione ai piedi del Signore Gesù che ci ha guariti, perdonati, salvati per fede in modo da non peccare, in modo da ricercare, insieme, la santità, il ravvedimento, il perdono, l’amore.

Vivere insieme non è facile, le relazioni non sono semplici. Ma se seguiamo l’esempio di Cristo saremo in grado di godere dei benefici che solo la comunione tra fratelli e sorelle di Gesù può darci, mentre continueremo a glorificare Dio.

 

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