Sopra, sulla e sotto la croce di Gesù – Luca 23_44-56

Isaac Watts è stato uno scrittore inglese del 18esimo secolo. Ha scritto un trattato sulla logica intitolato (in pieno stile settecentesco):

Logica, o Il retto uso della ragione nella ricerca della verità con una varietà di regole per difendersi dall’errore negli affari della religione e della vita umana, così come nelle scienze.

Ma Watts è soprattutto famoso per aver scritto tantissimi inni, tra cui il canto natalizio Joy to the World. Un altro famoso inno di Isaac Watts si chiama When I Survey the wondrous cross.

Quando osservo la meravigliosa Croce
su cui morì il Principe della Gloria,
il mio più ricco guadagno lo considero una perdita,
e verso disprezzo su tutto il mio orgoglio.

Noi oggi osserveremo insieme la meravigliosa croce di Gesù, come descritta alla fine del Vangelo di Lucca. Presso la croce di Gesù sono presenti Dio, Gesù e gli uomini.

Luca 23:44 Era circa l’ora sesta, e si fecero tenebre su tutto il paese fino all’ora nona; 45 il sole si oscurò e la cortina del tempio si squarciò nel mezzo. 46 E Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio[q]». Detto questo, spirò.47 Il centurione, veduto ciò che era accaduto, glorificava Dio, dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto».

48 E tutta la folla che assisteva a questo spettacolo, vedute le cose che erano accadute, se ne tornava battendosi il petto. 49 Ma tutti i suoi conoscenti e le donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea stavano a guardare queste cose da lontano. 50 C’era un uomo, di nome Giuseppe, che era membro del Consiglio, uomo giusto e buono, 51 il quale non aveva acconsentito alla deliberazione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, città della Giudea, e aspettava [anche lui] il regno di Dio.

52 Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53 E, trattolo giù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in una tomba scavata nella roccia, dove nessuno era ancora stato deposto. 54 Era il giorno della Preparazione e stava per cominciare il sabato. 55 Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea, seguito Giuseppe, guardarono la tomba, e come vi era stato deposto il corpo di Gesù. 56 Poi tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento.

Mi colpisce come il Vangelo di Luca utilizzi pochissime parole per descrivere la morte di Gesù. Si tratta dell’evento centrale del cristianesimo. Dio fattosi uomo che muore. Le implicazioni di questo gesto sono tantissime. Il famoso predicatore John Stott ha scritto un libro di quasi 500 pagine intitolato “La Croce di Cristo”, nel quale presenta bene tutte le varie sfaccettature della croce: perché Cristo è morto, di chi è la colpa, chi l’ha deciso, per chi è morto, la sostituzione avvenuta sulla croce, il debito pagato, e via dicendo.

Eppure tante di queste cose si deducono sì dalla Bibbia, ma non dalla descrizione dei vangeli della morte di Gesù. Lo scopo di Luca non è quello di presentare un trattato teologico riguardante la morte di Cristo né di stuzzicare la nostra fantasia con dettagli fine a se stessi.

Luca non ci dice tanto riguardo alle sofferenze di Cristo, non scende nei dettagli, non nomina elementi di tortura nè tantomeno chiodi o altro. Non ci dice nemmeno in che modo si oscurò il cielo, se ci fù un’eclissi (che era scientificamente impossibile) o altro. E uno potrebbe pensare che Luca, magari essendo medico, era una persona abituata a riportare eventi anche cruenti o di grande impatto in modo distaccato e oggettivo. Ma in realtà tutti e quattro gli evangelisti sono molto parsimoniosi riguardo alle parole usate per descrivere la sofferenza e la morte di Gesù. è come se lo Spirito Santo abbia limitato le loro “penne”.

 

La presenza di Dio nel suo giudizio e nella sua grazia, sopra la croce di Gesù
I primi due versetti del brano di oggi (44 e 45) descrivono quello che avviene in maniera soprannaturale attorno a Gerusalemme e dentro Gerusalemme. E senza nominare Dio riescono comunque a farci capire che Dio è decisamente presente. Il giorno fa spazio alle tenebre, il sole si oscura e la cortina del tempio si divide in due. Il Signore è sicuramente presente. E in che modo è presente?

Sappiamo dalla Bibbia, sin dall’Antico Testamento, che Dio si rivela come la luce. Ma sappiamo anche che Dio si è manifestato per mezzo delle tenebre. Qualcuno si ricorda di qualche esempio?

Spesso le tenebre nella Bibbia sono sinonimo di giudizio da parte di Dio.

Ascoltate attentamente questi versetti dal profeta Gioele, capitolo 2:

30 Farò prodigi nei cieli e sulla terra: sangue, fuoco e colonne di fumo. 31 Il sole sarà cambiato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e terribile giorno del Signore. 32 Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato[a]; poiché sul monte Sion e a Gerusalemme vi sarà salvezza, come ha detto il Signore, così pure fra i superstiti che il Signore chiamerà[b].

E questi in Amos 5:
18 Guai a voi che desiderate il giorno del Signore! Che vi aspettate dal giorno del Signore? Sarà un giorno di tenebre, non di luce….20 Il giorno del Signore non è forse tenebre e non luce? oscurissimo e senza splendore?

Se durante il battesimo di Gesù il cielo “si aprì” (Luca 3:21), durante la morte di Gesù il cielo si chiuse e si oscurò. Non credo che quindi sia una forzatura affermare che Dio era presente ed era presente nel suo giudizio, nella sua ira, nel suo furore, nella sua santità. Contro chi o cosa era irato il Dio onnipotente?

Contro il peccato, contro la malvagità, contro la violenza.

Dio era presente per giudicare il peccato delle persone presenti. Era presente per giudicare il loro peccato nella vita di tutti i giorni, ma anche per giudicare il peccato, la malvagità, la violenza nei confronti del Figlio. Ma non soltanto questo.

Era presente per giudicare il peccato di coloro che erano venuti prima di Cristo, tutti coloro che avevano creduto per fede nell’arrivo del Messia e il cui peccato era solo stato tamponato per mezzo del sangue degli animali offerti in sacrificio. E Dio era presente anche per giudicare i peccati futuri, di tutti coloro che hanno accettato Cristo dopo la sua venuta e la sua morte.

Era presente per giudicare il mio, il tuo, il nostro peccato… I miei sbagli, le mie bugie, i miei fallimenti, i miei tradimenti, le mie gelosie. Senti il peso del tuo peccato?

Eppure al tempo stesso Luca ci dice che succede un’altra cosa. Non solo il giorno diventa notte, ma la cortina del tempio si squarcia, in maniera sovrannaturale. Molto probabilmente la cortina di cui si parla era la cortina che separava, nel tempio di Gerusalemme, la parte denominata “ luogo santo” con la parte denominata “luogo santissimo.”

Ovvero, il luogo dove più era presente Dio, il luogo dove solo il sommo sacerdote poteva entrare una volta l’anno era ora accessibile. Anche questo è un segno di giudizio da parte di Dio nei confronti di Gerusalemme, nei confronti del tempio, nei confronti del sistema ebraico.

La gloria di Dio, la presenza di Dio, la comunione con Dio non poteva essere più ricercata nel tempio di Gerusalemme, tra i capi religiosi che avevano rigettato il Messia. Israele aveva fallito e la gloria di Dio aveva lasciato il tempio e aveva lasciato Gerusalemme.

Fermiamoci un attimo. Pensate al peso del giudizio e la condanna di Dio. Pensate a quella giornata, improvvisamente diventata tenebrosa nel momento di massima luce, da mezzogiorno alle 3 del pomeriggio. Il nostro peccato non poteva che far scaturire il giusto giudizio di Dio.

Eppure c’è di più in questa scena. Nelle tenebre c’è speranza. Nel giudizio c’è possibilità di salvezza.

La gloria di Dio, la presenza di Dio, la comunione con Dio doveva essere ricercata non più in Gerusalemme ma nel corpo di quell’uomo seminudo, issato su una croce romana fuori dalle mura di Gerusalemme. Gesù è il nuovo tempio, Gesù è il nuovo modo per accedere a Dio senza essere distrutti a causa del nostro peccato.

In cosa cerchiamo la gloria, la presenza e la comunione con Dio e la salvezza e protezione di Dio? Ancora oggi alcuni la cercano nella Terra Promessa, a Gerusalemme, come ci hanno ricordato gli eventi di questi giorni. Forse cerchiamo la gloria, presenza e comunione con Dio in persone, organizzazioni, eventi, beni materiali.

Ma la possiamo trovare soltanto in Cristo. Il suo corpo spezzato è la cortina del tempio, ci ricorda Ebrei 10:10-22, è la via d’accesso verso il luogo santissimo, verso Dio. E quindi in questi incredibili primi versetti vediamo che Dio è presente nel suo giudizio nei nostri confronti, ma anche in tutto il suo amore, in tutta la sua grazia. è il vangelo: ovvero che in Cristo abbiamo trovato rifugio dal giudizio e accesso a Dio Padre.

Non è stupendo?

Davanti alla presenza del Padre, nel suo giudizio e nella sua grazia, potremmo cantare insieme ad Isaac Watts:
Impedisci, Signore, che io mi vanti,
se non nella morte di Cristo, mio Dio:
Tutte le cose vane che mi affascinano di più,
le sacrifico al suo Sangue.

La presenza di Gesù, il mediatore perfetto, sulla croce
Al versetto 46 l’attenzione si sposta su Gesù ed è un versetto che spiega meglio quanto appena detto. Dio doveva giudicare il peccato e la colpa dell’umanità, eppure noi non abbiamo subito questo giudizio.

46 E Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio[q]». Detto questo, spirò.

Da una parte abbiamo Dio. Dall’altra abbiamo gli umani, come vedremo tra poco. In mezzo abbiamo Gesù, il mediatore perfetto. Sul punto di morte Gesù, in maniera quasi miracolosa considerando lo stato nel quale si trovava, grida a gran voce al Padre, affidandogli, consegnandoli il suo spirito, citando il salmo 31, versetto 5.

Il termine originale per il verbo rimettere al versetto 46 è “paratíthēmi”, che letteralmente vuol dire “mettere vicino a” e figurativamente affidare in modo molto ravvicinato e personale.

Solo Gesù poteva mediare in maniera perfetta tra Dio e gli uomini. Il mediatore è una figura fondamentale in tanti ambiti della vita. Negli sport di squadra si sceglie un capitano, ovvero una persona che rappresenta benissimo la squadra, che è rispettato dai compagni, un giocatore che è il primo per quanto riguarda l’impegno, la dedizione, l’etica lavorativa, una persona che può parlare ai compagni, esortare i compagni, riprendere i compagni.

Ma al tempo stesso è una persona in grado di confrontarsi con i giudici o gli arbitri, una persona rispettata dai giudici, che rispetta e onora i giudici. Quello che il capitano decide e negozia con gli arbitri vale per tutta la squadra che rappresenta e quello che il capitano decide vale per tutta la squadra.

Gesù, il mediatore perfetto, dopo aver vissuto la vita perfetta che Adamo non aveva vissuto, dopo aver vissuto senza peccato al posto nostro, viene innalzato sulla croce in piena sottomissione al Padre e nel pieno della volontà del Padre. Il sacrificio gradito al Padre, il rappresentante migliore che noi potessimo mai avere.

E dopo aver gridato ad alta voce, Gesù spira. Ancora una volta, in tutti e quattro i vangeli la morte di Gesù viene descritta in maniera molto concisa e in realtà nessuno dei 4 Vangeli dice che Gesù muore, forse a voler indicare che la morte di Gesù “c’era qualcosa di assolutamente non normale.”

Abbiamo parlato prima del giudizio del Padre. In che modo si è manifestato? Abbiamo noi subito il giudizio per i nostri peccati, per i nostri sbagli, i nostri fallimenti? No, perchè il giudizio è ricaduto su Gesù, lui è morto in modo che io non debba morire spiritualmente, lui è morto in modo che io possa avere accesso a Dio.

Dio ha condannato il suo Figlio per amore nei nostri confronti. Questa è la stupenda notizia per noi che siamo uniti a Cristo. Siamo uniti a lui in modo che lui ha preso il giudizio che ci spettava, dandoci in cambio la comunione, la presenza, la gloria, il perdono, la pace che non meritavamo.

Isaia 53:4 Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava[b], erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! 5 Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.

Questo accade solo se siamo uniti a Cristo. Se siamo nascosti in lui, se siamo di lui. E non c’è notizia più bella, non c’è Vangelo più dolce. Vuol dire poter vivere la propria vita sapendo che i tuoi sbagli, i tuoi errori, i tuoi peccati, sono già stati perdonati. Vuol dire poter vivere la vita di tutti i giorni sapendo che nonostante tutto quello che pensano gli altri o che penso io di me stesso, ho di diritto un posto davanti al trono di Dio.

Se invece non sei unito a Cristo, se stai rifiutando il suo sacrificio, la sua morte espiatrice, allora stai andando contro il giudizio di Dio. Ma oggi potrebbe essere il giorno in cui decidi di cambiare questa cosa, in cui decidi di trovare perdono, pace, protezione in Cristo accettando il suo invito.

Alla presenza di Gesù, sulla croce, potremmo cantare la terza strofa dell’inno di Watts:

Guarda dal suo Capo, dalle sue Mani, dai suoi Piedi,
il dolore e l’amore scorrono mescolandosi!
L’Amore e il Dolore si sono mai incontrati in questo modo,
o delle spine hanno mai composto una corona così ricca?

La presenza e la reazione degli uomini sotto la croce di Gesù
Nel brano di oggi si inizia dal cielo, dalla presenza di Dio, si passa per il mediatore, Gesù, e si finisce con le persone, gli umani presenti. La croce di Cristo porta ad una reazione.

Il primo ad essere citato è il centurione romano, al versetto 47. Tutti e quattro i Vangeli riportano questa figura che glorifica e loda Dio dopo aver riconosciuto che l’uomo che era appena morto era giusto, era innocente, era il Figlio di Dio. Qualcosa nella morte ingiusta di Gesù porta il centurione romano, un uomo che sulla carta era lì solo per compiere il suo lavoro, un uomo che sulla carta non aveva niente a che fare con questa controversia ebraica, quella morte ingiusta, dicevo, porta il soldato romano a capire qualcosa riguardo a Dio e al suo piano.

A tal riguardo è stato scritto che “Nella morte di Gesù il centurione ha visto Dio all’opera.”

C’era poi una folla di persone che aveva assistito alla morte di Gesù. Una folla che forse non aveva capito bene quello che era successo, una folla sconvolta ma ancora in una sorta di limbo. Tra questa folla c’erano coloro che conoscevano Gesù, i suoi discepoli, coloro che lo avevano seguito dalla Galilea, e le donne che poi troviamo anche alla fine del nostro brano, quelle donne che seguono il corpo di Gesù fino alla tomba e preparano gli aromi prima che iniziasse il sabato, il giorno del riposo.

E poi c’è un tale chiamato Giuseppe. Un uomo che riceve poche righe nella Bibbia, ma che uomo! Luca interviene in prima persona nella sua narrazione per descriverlo come un uomo giusto, buono, che aspettava il Regno di Dio e che, nonostante fosse parte del Sinedrio, non approvava il comportamento del consiglio.

è proprio questo Giuseppe, di cui abbiamo pochissime informazioni, è l’uomo responsabile per la sepoltura di Gesù, dopo averlo preso dalla croce. Mi colpisce pensare che il popolo di Dio a volte è nascosto, opera in maniera nascosta. Dio spesso è all’opera in persone che nemmeno sappiamo, persone che sono negli ambienti più improbabili.

Forse Giuseppe non si era ancora palesato come discepolo di Gesù, forse non aveva fatto ancora “coming out”, ma la croce di Cristo lo porta a fare un passo deciso di consacrazione, di fede, di discepolato.

Possiamo notare che la croce di Gesù porta Giuseppe ad essere incurante di 3 cose. Davanti alla morte del Signore, Giuseppe smette di preoccuparsi e di curarsi di queste 3 cose.

– A causa della croce, Giuseppe è incurante dell’opinione degli altri.
Giuseppe era un illustre membro del consiglio, un uomo importante, ricco, potente era diventato discepolo di Gesù. Era un uomo conosciuto e come tutte le persone conosciute Giuseppe era preoccupato della sua reputazione. Giovanni ci dice che era diventato discepoli di Gesù segretamente, per paura dei Giudei. Ma con la morte di Gesù, Giuseppe decide che non può più nascondersi. E quindi si presenta a Pilato e gli chiede il cadavere di Gesù, in modo da evitare che venisse magari trascinato via dai soldati romani e bruciato.

La scelta di Giuseppe non fu facile. Associarsi ad una persona che era stata appena condannata, andare contro il parere dei capi religiosi giudei, voleva dire perdere la propria reputazione, probabilmente il proprio ruolo all’interno della comunità e del sinedrio.

Eppure Giuseppe non si nasconde più. Non si cura più di quello che potrebbero pensare gli altri, di quello che potevano fargli gli altri. Il suo maestro era stato ucciso e lui non voleva nascondersi nell’anonimato e quindi, “fattosi coraggio, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù.” (Marco 15).

Giuseppe capisce che Gesù è più importante di quello che possono dire i tuoi colleghi a lavoro, i tuoi amici, i tuoi datori di lavoro, i tuoi famigliari. La croce è pazzia e scandalo, ed essere associati alla croce di Cristo può voler essere presi per pazzi, ma Gesù è più importante della nostra reputazione e di quello che dicono gli altri.

– A causa della croce, Giuseppe è incurante del costo economico
Prendere posizione pubblicamente per Gesù voleva dire, per Giuseppe, essere anche disposto a perdere tutto economicamente. Giuseppe non poteva sapere cosa sarebbe successo ai seguaci di Cristo, ma aveva visto la furia omicida dei capi religiosi schierarsi contro Gesù. E noi sappiamo che dopo la morte di Gesù la chiesa iniziò ad essere perseguitata proprio da Gerusalemme. Eppure Giuseppe era incurante di tutto ciò, non si curava del costo economico di seguire Gesù e professarlo pubblicamente.

E notiamo questa cosa perchè Luca ci dice che Gesù viene messo in una tomba dove nessunaltro era stato deposto, e una tomba di questo tipo era costosa, ma Matteo aggiunge “e lo depose nella propria tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia” (Matteo 27).

Nel Vangelo di Giovanni leggiamo che un altro discepolo “nascosto”, Nicodemo, aiuta Giuseppe e lo fa donando per la sepoltura di Gesù una quantità di costosissimi aromi e profumi degni di un re.

Il modo in cui gestisci le tue disponibilità economiche, manifesta la tua appartenenza a Cristo? Siamo pronti a perdere tutto da un punto di vista economico, per seguire Cristo? Siamo pronti a donare a Cristo qualcosa che magari avevamo messo da parte con tanta fatica, con tanto lavoro?

– A causa della croce, Giuseppe è incurante della legge
La legge mosaica, che il popolo di Israele aveva ricevuto nel deserto, impediva agli ebrei di toccare un cadavere. Chi toccava un cadavere era ritenuto impuro e doveva isolarsi per sette giorni per purificarsi. Evitare di cadaveri, se possibile! Ma a complicare le cose c’è anche il fatto che Israele stava per celebrare la Pasqua, la festa più importante, e gli impuri non potevano presentarsi al tempio.

Eppure Giuseppe è incurante della legge mosaica. Non voglio forzare troppo questa interpretazione, e quindi non so se Giuseppe avesse già capito che il concetto di impurità e di purezza aveva trovato il proprio significato e compimento in Gesù o se semplicemente Giuseppe pensava che essere impuro era un prezzo che era disposto a pagare per Gesù. Quello che sappiamo è che Giuseppe tocca il corpo di Gesù e il cadavere di Gesù non gli trasmette impurità.

Giuseppe capisce che la croce di Gesù è più importante delle cose da fare, della mera osservazione della legge e delle feste, delle tradizioni religiose, delle opere umane fatte per salvarsi.

Chiediamoci, come chiesa, in che modo stiamo dando più importanza a delle tradizioni, delle azioni, delle opere importantissime e utilissime, ma a discapito della croce di Cristo?

Giuseppe, a causa della croce, diventa incurante dell’opinione degli altri, del costo economico e della legge. E per questo verrà per sempre ricordato come l’uomo che, dopo aver parlato con Pilato, arriva fino al luogo del Golgota E, trattolo giù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in una tomba scavata nella roccia, dove nessuno era ancora stato deposto.

Giuseppe è l’uomo che ha preso nelle sue mani il cadavere di Cristo, lo ha avvolto in un panno pulito, e lo ha portato nella sua tomba. Forse Giuseppe avrà perso la stima dei suoi colleghi, forse avrà perso un’ingente somma economica, forse si sarà perso la Pasqua e avrà offeso chi riponeva la propria speranza nella legge, ma pensate un attimo alla gioia di Dio Padre nel vedere questo gesto nei confronti del proprio Figlio che era stato appena giustiziato e abbandonato da tutti, anche i suoi discepoli.

Giuseppe avrebbe probabilmente cantato volentieri l’ultima strofa dell’inno di Isaac Watts e spero che possiamo farla nostra anche noi:
Se l’intero Regno della natura fosse mio,
sarebbe un regalo sin troppo piccolo;
L’amore così stupendo, così divino
esige la mia anima, la mia vita, il mio tutto.

 

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