Sovrano nel provvedere la Salvezza-Genesi: 42-45

Lasciate che vi racconti una breve storia.

C’era una volta una strada, e sul lato di quella strada c’era un uomo che portava un fardello molto pesante. Il fardello era così pesante che l’uomo riusciva a malapena a portarlo, riusciva malapena a camminare. Un autista che passava di lì ebbe pietà di quell’uomo e gli offrì un passaggio, che l’uomo oppresso accettò volentieri. Dopo un po’ l’autista guardò l’uomo e si stupì nel vedere che aveva ancora il peso sulle spalle!

Quante volte portiamo con noi dei pesi di cui non ci riusciamo a liberare? Quante volte non riusciamo a liberarci di questi pesi, anche quando ne abbiamo l’opportunità?

 

Siamo arrivati, in questa domenica di Pasqua, all’ultima predicazione dal libro della Genesi. Spero e prego che la Parola di Dio abbia parlato alle vostre vite in questi pochi mesi nei quali abbiamo considerato l’inizio di tutte le cose non come frutto di una casualità ma come disegno di un Dio sovrano.

Alcuni di noi amano vivere alla giornata e in maniera spontanea. Altri amano avere tutto sotto controllo, essere responsabili delle programmazioni e dei piani. A quale categoria appartenete?

La sovranità di Dio è molto più reale e omnicomprensiva della nostra capacità di essere in controllo di alcuni dettagli. Nulla sfugge dal controllo del Signore, il quale è sovrano sulla creazione dell’universo intero e la creazione di ogni singolo individuo, sovrano sulla ribellione dell’essere di Adamo ed Eva, sovrano sul giudizio universale, sovrano nel confondere i piani degli abitanti di Babele e sovrano sia nella chiamata di un individuo specifico, Abramo, sia nello scegliere un popolo, la discendenza di Abramo, con i quali Dio stabilisce un patto.

Dio è sovrano nel provvedere un figlio ad Abramo e anche il suo Figlio, ed è sovrano nello scegliere chi benedire tra Esaù e Giacobbe. è sovrano negli alti e bassi della vita di Giacobbe così come negli alti e bassi delle nostre vite. è sovrano sulla famiglia disfunzionale di Giacobbe e i suoi 12 figli ed è sovrano sulle sfide sessuali e lavorative che noi, come Giuseppe, dobbiamo affrontare. Ed infine abbiamo visto che Egli è sovrano anche sulla persecuzione a motivo di giustizia che ha subito Giuseppe, Gesù e che ogni seguace di Gesù deve aspettarsi di subire.

Il premio finale per coloro che affrontano ingiustizie a motivo della croce di Cristo Gesù è il regno e l’autorità che verrà conferita ai credenti un giorno. Nella storia di Giuseppe vediamo un’anticipazione nostra, e di Cristo, nel momento in cui, dopo 14 lunghi anni di sofferenza, di esilio, di dolore, di ingiustize, di schiavitù e prigione Giuseppe viene innalzato a vice del Faraone nel potente impero egizio per goveranare e preparare la nazione al periodo di di abbondanza seguito poi dal periodo di sette anni di carestia.

Certo, la vita non è stata facile per Giuseppe, vero? Eppure le parole, gli atteggiamenti, le azioni di Giuseppe ci mostrano un uomo che si è fidato sempre del Dio sovrano, buono e onnipotente al punto da avere trovato, nonostante il grande dolore, una condizione di pace interna. Prima dell’inizio della carestia, infatti, a Giuseppe nascono due figli, che vengono chiamati Manasse ed Efraim. Manasse vuol dire “che fa dimenticare”. Non è il figlio di per sè che fa dimenticare ma il figlio è un simbolo di Dio che fa dimenticare, infatti alla sua nascita Giuseppe afferma “Dio mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre.” (Genesi 41:51). Il secondogenito viene chiamato Efraim, che vuol dire “doppia fecondità” e Giuseppe afferma: “Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione” (41:52).

La storia di oggi si trova nei capitoli 42-45. Per una questione di tempo non posso leggere tutti i versetti, quindi riassumo brevemente la storia:

Una volta finiti i 7 anni di abbondanza, nei quali Giuseppe aveva accumulato una grandissima quantità di cibo nei depositi, inizia la carestia che colpisce sia l’Egitto che le terre circostanti. Per questo motivo Giacobbe, venuto a sapere della presenza di grano in Egitto, manda i suoi figli a comprare delle scorte. Però non tutti i figli, ma tutti i figli tranne Beniamino, fratello minore di Giuseppe. Appena arrivati in Egitto, i fratelli si ritrovano davanti, senza però accorgernsene, Giuseppe, il fratello che più di 20 anni prima avevano venduto come schiavo.

Genesi 42:7-8 dice:7 Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un estraneo davanti a loro e parlò loro aspramente dicendo: «Da dove venite?» Essi risposero: «Dal paese di Canaan per comprare dei viveri». 8 Giuseppe riconobbe i suoi fratelli, ma essi non riconobbero lui.

Giuseppe si comporta aspramente con i suoi fratelli, li accusa di essere delle spie e li mette in 3 prigione. Dopo 3 giorni in prigione Giuseppe offre loro una via d’uscita: un fratello sarebbe rimasto in prigione, mentre gli altri sarebbero tornati a casa per prendere il fratello minore e portarlo in Egitto. In questo modo avrebbero dimostrato di non essere delle spie e avrebbero liberato il fratello imprigionato. I 10 fratelli sono disperati e pensano che quello che sta succedendo sia frutto del loro peccato commesso tanti anni prima.

I fratelli a questo punto tornano a casa e scoprono che nelle sacche di cibo che hanno acquistato ci sono anche tutti i soldi che avevano usato per pagarlo. I fratelli non sanno che questo è avvenuto per ordine di Giuseppe e tutti impauriti raccontano tutto al padre il quale, inizialmente, si rifiuta di far partire Beniamino.

Una volta finito il cibo, però, i fratelli provano di nuovo a convincere il padre a farli partire con Beniamino. Sono le parole di Giuda a convincere il padre:
43:8 Giuda disse a suo padre Israele: «Lascia venire il ragazzo con me; ci leveremo e andremo, così vivremo e non moriremo: né noi, né tu, né i nostri piccini. 9 Io mi rendo garante di lui. Ridomandane conto alla mia mano. Se non te lo riconduco e non te lo rimetto davanti, io sarò per sempre colpevole verso di te.

Quindi, per la seconda volta, i figli di Giacobbe partono in direzione Egitto e questa volta portano con loro anche Beniamino. Giuseppe li accoglie a casa sua, libera il fratello che era stato imprigionato ma ancora non rivela la propria identità ai suoi fratelli. Di nuovo, i sacchi degli uomini vengono riempiti e questa volta Giuseppe ordina che non solo venga messo di nuovo il denaro ma che nella sacca di Beniamino venga messa la sua coppa personale.

I fratelli partono dall’Egitto pieni di gioia ma poco dopo vengono raggiunti dal servo di Giuseppe, il quale afferma che qualcuno aveva rubato la coppa del suo padrone. I fratelli sono sbigottiti, e la loro incredulità cresce ancora di più quando la coppa viene scoperta nella sacca di Beniamino.

Genesi 44:13 Allora quelli si stracciarono le vesti, ognuno ricaricò il suo asino e tornarono alla città. 14 Giuda e i suoi fratelli arrivarono alla casa di Giuseppe, il quale era ancora lì; si gettarono con la faccia a terra davanti a lui. 15 Giuseppe disse loro: «Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare?» 16 Giuda rispose: «Che diremo al mio signore? Quali parole useremo? O come ci giustificheremo? Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa». 17 Ma Giuseppe disse: «Dio mi guardi dal far questo! L’uomo nella cui mano è stata trovata la coppa, lui sarà mio schiavo; quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».

A questo punto interviene di nuovo Giuda, che in questi capitoli è, tra i fratelli, quello descritto in maniera più positiva:

18 Allora Giuda si avvicinò a Giuseppe e disse: «Mio signore, permetti al tuo servo di fare udire una parola al mio signore. La tua ira non si accenda contro il tuo servo, poiché tu sei come il faraone….

Giuda narra nuovamente tutta la storia e le paure di Giacobbe e conclude dicendo:
32 Siccome il tuo servo si è reso garante del ragazzo presso mio padre e gli ha detto: “Se non te lo riconduco, sarò per sempre colpevole verso mio padre”, 33 ti prego, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore invece del ragazzo e che il ragazzo se ne torni con i suoi fratelli. 34 Altrimenti, come farei a risalire da mio padre senza avere il ragazzo con me? Ah, che io non veda il dolore che ne verrebbe a mio padre».

Con queste parole si conclude il capitolo 44 e finalmente, nel capitolo 45, Giuseppe getta via la maschera e si rivela ai suoi fratelli. Come lo fa? Con orgoglio? Con spirito vendicativo? No…con amore e grazia.

45:1 Allora Giuseppe non potè più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!» Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli. 2 Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e l’udì la casa del faraone. 3 Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sono Giuseppe! Mio padre vive ancora?» Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza. 4 Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Quelli s’avvicinarono ed egli disse: «Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse portato in Egitto. 5 Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. 6 Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà raccolto né mietitura. 7 Ma Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati. 8 Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio. Egli mi ha stabilito come padre del faraone, signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. 9 Affrettatevi a risalire da mio padre e ditegli: “Così dice tuo figlio Giuseppe: ‘Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto; scendi da me, non tardare. 10 Tu abiterai nel paese di Goscen[b] e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi. 11 Qui io ti sostenterò (perché ci saranno ancora cinque anni di carestia), affinché tu non sia ridotto in miseria: tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi’”. 12 Ecco, voi vedete con i vostri occhi, e mio fratello Beniamino vede con i suoi occhi, che è proprio la mia bocca quella che vi parla. 13 Raccontate dunque a mio padre tutta la mia gloria in Egitto e tutto quello che avete visto; e fate che mio padre scenda presto qua».

14 Poi si gettò al collo di Beniamino, suo fratello, e pianse; e Beniamino pianse sul collo di lui. 15 Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo. Dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui.

La stupenda sovranità di Dio
Voglio partire risottolineando quanto detto anche all’inizio: Dio è sovrano! E questa ultima storia che consideriamo dal libro della Genesi lo dimostra ancor più chiaramente. La vita di Giuseppe, ogni singolo dettaglio, ogni singolo istante, ogni singolo “incidente di percorso”, ogni singola svolta, ogni singola apparente sconfitta rientrava nella sovranità di Dio. Dio aveva abbassato e umiliato Giuseppe, per poi innalzarlo, renderlo potente e glorificarlo in modo da portare avanti il suo piano eterno, in modo da offrire una salvezza inaspettata e in modo da assicurare un futuro e una discendenza al popolo del patto.

Questo vuol dire che le azioni dei fratelli non contavano? Questo vuol dire che i fratelli non erano da biasimare per aver maltrattato il fratello, per aver mentito, per averlo venduto come schiavo? Certo che no, erano stati proprio i fratelli a decidere di comportarsi in maniera malvagia. Era stato il loro cuore peccaminoso che li aveva tentati e loro avevano dato ascolto ai desideri sbagliati del loro cuore. Ma anche il peccato e la ribellione dell’essere umano non esualno certo dal controllo sovrano di Dio. Anzi! Giuseppe è così “in tune”, allineato con Dio che riconosce chiaramente che tutta la sua vita è stata diretta e orchestrata dalla stupenda sovranità di un Dio buono e potente e non ha alcun problema ad ammetterlo.

Nell’ultimissimo capitolo della genesi, il 50, Giuseppe parla ai suoi fratelli e riafferma ancora una volta la stupenda sovranità di Dio:
19 Giuseppe disse loro: «Non temete. Sono io forse al posto di Dio? 20 Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso.

In tutta questa storia l’atteggiamento di Giuseppe è magari un pò difficile da decifrare. Giuseppe sembra accanirsi contro i suoi fratelli, ma sembrerebbe un atteggiamento sbagliato da parte di una persona che, come abbiamo detto, ha trovato la propria pace e il proprio appagamento nella sovranità di Dio.

Forse il suo modo di comportarsi era dovuto al fatto che voleva preservare la vita di Beniamino e non sapeva come i suoi fratelli si sarebbero comportati nei suoi confronti, e anche probabilmente Giuseppe sta scrutando i cuori dei suoi fratelli per vedere cosa è successo nelle loro vita in questi 20 anni. Vuole capire se hanno imparato la lezione e se sono maturati, vuole vedere se si può fidare di loro. In un certo senso la figura di Giuseppe è simile a quella di Dio, che scruta i cuori, che sovranamente permette delle prove per testare e guidare le persone.

Ma è molto bello notare il cuore di Giuseppe, in mezzo a tutta questa storia incredibile. Giuseppe non è sadico, non è vendicativo, non è guidato dalla rabbia. Giuseppe è guidato dal bene, egli vuole il bene per tutti i suoi fratelli. Immaginate lo stato d’animo di Giuseppe che per circa due anni non si rivela ai fratelli. L’autore ci mostra la difficoltà di questa situazione e il vero cuore di Giuseppe quando in questi capitoli ci ricorda le reazioni di Giuseppe:

42:24 Ed egli si allontanò da loro, e pianse.

43:29 Giuseppe alzò gli occhi, vide Beniamino suo fratello, figlio di sua madre, e disse: «È questo il vostro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» Poi disse a lui: «Dio ti sia propizio, figlio mio!» 30 E Giuseppe s’affrettò a uscire, perché si era commosso nell’intimo per suo fratello; cercava un luogo dove piangere. Entrò nella sua camera e pianse.

45:1 Allora Giuseppe non potè più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!» Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli. 2 Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e l’udì la casa del faraone.

Quante volte accusiamo Dio di essere crudele? Quante volte interpretiamo il suo silenzio o la sua attesa come un atto di malvagità nei nostri confronti? Quante volte non ci fidiamo di quello che Dio sta facendo e crediamo alla bugia che Dio ama vederci soffrire invece di credere che la nostra sofferenza rattrista il cuore del nostro caro Padre sovrano?

Come cambierebbe la tua prospettiva se confidassi completamente e veramente nella sovranità di Dio? Come allieverebbe le tue ansie, le tue paure, la rabbia per le ingiustizie subite, sapere che Dio è sovrano e che sta operando attivamente per il tuo bene, avendoti già dato tutto quello che di più caro aveva, l’unigenito Figlio morto sulla croce? La prossima volta che sarai tentato di cadere nello sconforto, nella rabbia, nella disperazione pensa e credi che Dio è sovrano. Non sei una vittima, basta vittimismo. Quanto tempo sprecato a riflettere e pensare che le cose sarebbero andate diversamente se solo non fosse successa quella cosa, se solo non avessi fatto quell’altra cosa, se solo avessi ricevuto quel lavoro, se solo avessi passato quell’esame, etc etc. Basta, Dio è sovrano.

La paura e il rimorso dei fratelli
Quanti di noi hanno commesso una scelta sbagliata e questa scelta ha portato a giorni, settimane, mesi in alcuni casi anni di paura e di rimorso. Miei cari, il peccato è davvero subdolo e meschino. Promette tanto ma poi quando gli diamo ascolto ci lascia sporchi, paurosi, tristi e pieni di vergogna, con un fardello di cui non riusciamo a liberarci.

Pensate come si dovevano essere sentiti i fratelli di Giuseppe, che desiderosi di vendetta, di supremazia, guidati dall’invidia e dall’odio avevano maltrattato, minacciato, deriso, venduto il loro fratello minore e poi avevano mentito a riguardo al padre. Sul momento si saranno sentiti forti, invincibili, soddisfatti. Ma…

Ma il peccato ti segna in maniera profonda. Non siamo stati creati per peccare, e il peccato ci segna che ce ne rendiamo conto o no. E si vede bene nella storia dei fratelli di Giuseppe, che per anni hanno dovuto coesistere con le conseguenze del loro gravissimo peccato. Purtroppo non abbiamo avuto modo di leggere tutto il testo, ma l’autore della Genesi nei capitolo 42-45 mette più volte in risalto lo stato angoscioso e pieno di rimorso di questi uomini.

Guardiamo insieme. Quando i fratelli vengono messi in prigione iniziano a paralre tra di loro e la prima cosa che dicono è, 42:21,:
21 Allora si dicevano l’uno all’altro: «Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia». 22 Ruben rispose loro: «Non ve lo dicevo io: “Non commettete questo peccato contro il ragazzo?” Ma voi non voleste darmi ascolto. Perciò, ecco, il suo sangue ci è ridomandato».

Quando poi i fratelli sono in viaggio per tornare a casa, la prima volta, e scoprono il denaro nel sacco Genesi 42:28 dice:
Allora si sentirono mancare il cuore e, tremando, dicevano l’uno all’altro: «Che cos’è mai questo che Dio ci ha fatto?»

E quando scoprono che tutti i sacchi avevano il loro denaro “furono presi da grande paura” (35).

Quando i fratelli tornano per la seconda volta in Egitto “quelli ebbero paura, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: «Siamo portati qui a motivo di quel denaro che ci fu rimesso nei sacchi la prima volta; egli vuole darci addosso, piombare su di noi e prenderci come schiavi con i nostri asini». (43:18)

Quando viene scoperta la coppa di Giuseppe nel sacco di Beniamino 44:13: Allora quelli si stracciarono le vesti, ognuno ricaricò il suo asino e tornarono alla città. 14 Giuda e i suoi fratelli arrivarono alla casa di Giuseppe, il quale era ancora lì; si gettarono con la faccia a terra davanti a lui. E poi Giuda dice al versetto 16 Giuda: «Che diremo al mio signore? Quali parole useremo? O come ci giustificheremo? Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi.

Quando Giuseppe si mostra ai suoi fratelli, la reazione dei fratelli non è di gioia per il fratello ritrovato, ma di terrore per un morto che è resuscitato e che potrebbe venire loro incontro con tutta la potenza del faraone per esigere vendetta e giudizio. Immaginate lo stato d’animo dei fratelli! 45:3: Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sono Giuseppe! Mio padre vive ancora?» Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza.

Non so se avete mai letto dei racconti dello scrittore americano Edgar Allan Poe. Sono racconti un pò macabri, e in uno di questi Edgar Allan Poe racconta la storia di un uomo che uccide un vecchio. Quando arrivano i poliziotti ad interrogarlo, l’assassino è così preda del senso di colpa che inizia ad immaginarsi il battito cardiaco dell’uomo morto al punto da pensare che il battito sia vero e confessare dove era stato sepolto il cadavere. Si tratta di una storia inventata ma è vero che il senso di colpa, la paura, il rimorso hanno conseguenze reali sulla vita di tutti i giorni.

Forse questa sera ti senti come questi fratelli. Forse il peso dei tuoi sbagli, dei tuoi errori, della tua vergogna, del tuo rimorso ti sta schiacciando, al punto che tutto quello di negativo che succede nella tua vita lo vedi come una punizione da parte di Dio a causa dei tuoi sbagli. Forse ti senti come l’uomo della storiella iniziale, schiacciato sotto un fardello di cui non riesci a liberarti. Cosa devi fare?

La salvezza in Giuseppe
Vi ricordate come era iniziata la storia di Giuseppe, in Genesi 37? Praticamente la prima cosa che ci viene raccontata di Giuseppe è che fa due sogni, sogni strani nei quali i suoi familiari sotto forma di covoni o di stelle e pianeti si inchinano di fronte a Giuseppe. Ricordate quanto odio e scetticismo avevano scaturito questi sogni?

Dopo tanti anni Giacobbe i suoi figli sono presi nella morsa della carestia. Tutto sembra a rischio. Cosa succederà alle promesse fatte da Dio? I fratelli di Giuseppe arrivano in Egitto affamati, disperati, impotenti, pieni di paura e di angoscia. Ti senti anche tu così? Cosa devi fare?

Appena arrivati in Egitto i fratelli si trovano davanti un signore importante, ricco, potente e cosa fanno? Si inginocchiano con la faccia a terra e per la prima volta realizzano il sogno che Giuseppe aveva fatto. I fratelli si ritrovano davanti ad un signore che ha tutta l’autorità per distruggerli e avrebbe anche ragione nel farlo. I fratelli non lo sanno ancora, ma il signore che hanno davanti può determinare la loro distruzione o la loro salvezza. In quell’uomo c’è la morte o c’è la vita, e non soltanto in termini fisici e materiali.

Giovanni Calvino commenta questa scena con le seguenti parole: “Ora, anche se si prostrano davanti a lui senza conoscerlo, non c’è niente di meglio per loro. Infatti, il loro unico mezzo di salvezza è prostrarsi ai suoi piedi ed essere da lui ricevuti come supplicanti.”

Cosa devi fare per essere liberato dal peso del peccato? Devi presentarti supplicante di fronte all’uomo che può fare qualcosa: Cristo Gesù.

In un certo senso il testo di oggi è molto pasquale. Giuseppe, il figlio prediletto, era come morto e ora e come resuscitato. Grazie alla sua sofferenza, grazie alla sua prigionia, grazie al suo dolore, grazie alla sua morte e resurrezione subita a causa del peccato dei suoi fratelli, ora Giacobbe e tutti i suoi figli possono godere di perdono, di liberazione dai peccati passati, dagli sbagli passati e dal senso di colpa, di riconciliazione, di protezione, di gioia, di abbondanza, di speranza. I meriti di Giuseppe vengono attribuiti a tutta la sua famiglia, la quale viene portata in Egitto per godere di tutte queste cose. Ed è esattamente quello che Cristo fa con noi. Gesù è il Giuseppe definitivo! Lui che è morto per i nostri peccati, risorge per donare a tutti coloro che credono in lui tutte queste cose.

Nei capitoli che stiamo osservando insieme per ben 3 volte i fratelli si inginocchiano di fronte a Giuseppe. La nostra unica speranza è quella di presentarci volta dopo volta di fronte alla croce vuota e il sepolcro vuoto e chiedere al Signore risorto e glorificato di fare qualcosa. La cosa potrebbe spaventarci, così come ha spaventato i fratelli di Giuseppe quando lui si è mostrato e ha detto loro “Sono io Giuseppe, che avevate venduto!” La vista del Signore, santo e giusto, onnipotente e onnisciente, potrebbe spaventarci ma solo in lui vi è salvezza, come affermerà tanti anni dopo Pietro dopo la Pasqua:

Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest’uomo compare guarito in presenza vostra. 11 Egli è “la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare”. 12 In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati».

I fratelli di Giuseppe si dicevano l’un l’altro, oppressi dal peso del peccato “Ecco, il sangue di Giuseppe ci è ridomandato” (42:22). Il sangue di Cristo doveva esserci ridomandato. Ma lode sia a Dio, per tutta l’eternità, perché per grazia a voluto perdonarci e offrici salvezza in Cristo invece che punizione e schiaviutù.

Abbiamo lasciato i due uomini della storia iniziale dentro la macchina. L’autista è stupito che l’uomo abbia addosso ancora il fardello
perciò disse: “Ti ho offerto un passaggio affinché potessi riposarti dal peso del tuo fardello. Perché insisti a portarlo?”,

al che l’uomo rispose: “Sei stato molto gentile, offrendomi il passaggio, non posso pretendere che la tua macchina sopporti sia il peso del mio fardello che il mio!”.

Quante volte facciamo lo stesso con Gesù. Quante volte continuiamo a portare un fardello che Cristo, ha già portato al posto nostro sulla via del calvario. Lui ha già portato il peso della croce in modo che tu non debba più portarlo.

Siamo completamente liberi in Cristo Gesù, siamo completamente perdonati in Cristo Gesù, la nostra vergogna e il nostro rimorso sono completamente cancellati in Cristo Gesù. Gesù si è rivelato per piangere di gioia insieme a noi, per riconciliarsi con noi, i fratelli che si erano persi a causa del proprio peccato ma ora sono stati ritrovati. In lui abbiamo la pace, il perdono, la salvezza.

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