Speranza in tempo di crisi – Giovanni 18:1-14 Video e Testo

Viviamo una situazione che nessuno di noi aveva mai vissuto prima. Nessuno di noi era mai rimasto per giorni interi in casa, mentre il paese è praticamente fermo e ogni giorno si contano centinaia di morti a causa di un virus. Il momento che stiamo attraverso è estremamente delicato, una catastrofe eccezionale. La speranza di tanti, in questi giorni, si riduce ad un hashtag: andràtuttobene. Il testo che stiamo per leggere insieme, da Giovanni 18, ci parla di un’altra crisi eccezionale e si rivela estremamente attuale. 

Giovanni 18:1 Dette queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Chidron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli.2 Anche Giuda, colui che lo tradiva, conosceva quel luogo, perché Gesù si era spesso riunito là con i suoi discepoli. 3 Giuda dunque, presa la coorte e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, andò là con lanterne, torce e armi. 4 Ma Gesù, ben sapendo tutto quello che stava per accadergli, uscì e chiese loro: «Chi cercate?» 5 Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Egli disse loro: «Io sono». Giuda, che lo tradiva, era anch’egli là con loro. 6 Appena Gesù ebbe detto loro: «Io sono», indietreggiarono e caddero in terra. 7 Egli dunque domandò loro di nuovo: «Chi cercate?» Essi dissero: «Gesù il Nazareno». 8 Gesù rispose: «Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi». 9 E ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detta: «Di quelli che tu mi hai dati, non ne ho perduto nessuno». 10 Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la prese e colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11 Ma Gesù disse a Pietro: «Rimetti la [tua] spada nel fodero; non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?»12 La coorte, dunque, il tribuno e le guardie dei Giudei presero Gesù e lo legarono, 13 e lo condussero prima da Anna, perché era suocero di Caiafa, che era sommo sacerdote di quell’anno. 14 Ora Caiafa era quello che aveva consigliato ai Giudei essere cosa utile che un uomo solo morisse per il popolo.

 

Nella nostra serie di predicazioni sul vangelo di Giovanni i discepoli, insieme a Gesù, sono rimasti chiusi in una stanza per alcune ore. C’è stato il lavaggio dei piedi. C’è stato un lungo discorso da parte di Gesù che abbiamo visto, in parte, insieme: Gesù ha confessato ai suoi seguaci che sta per andarsene, ha profetizzato il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, ha promesso lo Spirito Santo e infine ha pregato al Padre. 

E ora Gesù, insieme ai discepoli, esce fuori di casa. Fa una cosa scontata, ma che in questo momento non possiamo fare. Gesù esce dalla stanza, dalla casa, attraversa un fiume e va a fermarsi in un giardino. Il giardino in questione era conosciuto ai discepoli perchè erano venuti spesso qui con Gesù per pregare e parlare. Forse i discepoli pensavano che era una bella cosa poter finalmente uscire da quella stanza.  Se pensate che nelle vostre case l’aria sia tesa in questi giorni, pensate a che aria si respirava nella stanza dell’ultima cena. C’erano stati tradimenti, profezie, persecuzioni, promesse di morte… 

E l’aria che si respira in questi giorni a Pisa, in Italia, ma anche nel mondo, è tesa, per forza di cose. E forse anche noi vorremmo poter uscire, e andare in un giardino, con i nostri amici. Forse pensiamo che quando saremo finalmente in grado di uscire di casa il peggio sarà passato. 

Ma quando Gesù esce, le cose non migliorano, anzi. Le cose peggiorano. Gesù viene tradito, viene raggiunto da Giuda insieme ai soldati e viene arrestato. Se la situazione era tesa durante la cena, immaginate come doveva essere ora. Tutto sembra andare per il peggio. I discepoli non avevano, ovviamente, twitter ed Instagram ma molto probabilmente non avrebbero usato #andràtuttobene 

Questo episodio mi ha fatto riflettere. Io immagino che tra qualche mese le cose torneranno ad essere un pò più normali. Ma se così non dovesse essere? Dov’è riposta la speranza, nel fatto che le cose torneranno ad essere prima, che torneremo ad uscire, a fare cene in pizzeria, a vederci con famigliari e amici, a passeggiare per parchi e a tuffarci nel mare? E se questo non dovesse succedere? Cosa ne sarà della nostra speranza? Così ci da la forza per andare avanti? Cosa ci motiva?

Siamo in quegli che la Bibbia definisce “gli ultimi tempi”. Non voglio fare il pessimista o catastrofista, ma è una realtà biblica che la chiesa viva, da duemila anni, negli ultimi tempi. Gesù descrive in questo modo gli ultimi tempi:

“7 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie [, pestilenze] e terremoti in vari luoghi; 8 ma tutto questo non sarà che principio di dolori. 9 Allora vi abbandoneranno all’oppressione e vi uccideranno e sarete odiati da tutte le genti a motivo del mio nome. 10 Allora molti si svieranno, si tradiranno e si odieranno a vicenda.” (Matteo 24). 

Se la nostra speranza è riposta nel benessere, nella certezza che vivremo momenti migliori, potremo essere disillusi. Le cose potrebbero andare bene, ma potrebbero andare anche male. Qual è la soluzione a questo problema? Dove dovremmo riporre la nostra speranza?

La speranza economica è illusoria
Potremmo pensare che la soluzione sia nel rimboccarsi le maniche e darci da fare. Giuda, che era stato uno dei discepoli, in un certo senso, aveva fatto questo. Non era completamente soddisfatto di quello che aveva visto in Gesù e pensa di trovare una soluzione, di guadagnare almeno qualcosa. Giuda tradisce Gesù per 30 monete d’argento. Ritiene che sia meglio riporre la propria speranza in una somma di denaro da riscuotere subito che nella parole di vita eterna che aveva proclamato Gesù. Sappiamo che questa scelta da parte di Giuda non portò a niente di positivo, e che portò solo tristezza, disperazione e morte. In questi giorni ci è stato ricordato che i beni terreni non sono una speranza certa. Un articolo del Sole 24 Ore del 1 marzo, quindi ancora nelle fasi iniziali della crisi covid-19, ha riportato che in una settimana le Borse hanno perso 6 mila miliardi di dollari. Ripeto, 6 mila miliardi. “È come se il Giappone, terza economia al mondo, fosse d’un colpo spazzato via. Wall Street e le borse mondiali hanno bruciato seimila miliardi dall’inizio della loro furiosa ritirata, il 20 febbraio, al cospetto del coronavirus. Cinquemila solo nell’ultima settimana – l’equivalente, appunto, del Pil annuale di Tokyo.”  Un articolo de La Stampa, di ieri, afferma che ci sono 13 mila piccole e medie imprese a rischio default in Europa. Per quanto utili, i soldi non sono sicuramente degni di una fede totale. Questa crisi ci sta ricordando che la speranza economica è illusoria è futile. 

La speranza nelle capacità umane è limitata

C’è anche un altro discepolo che cerca di prendere in mano la situazione. Si tratta di Pietro che per qualche motivo aveva con se una spada. Pietro sfodera la spada e la usa per colpire uno degli uomini che erano arrivati. Pietro pensa che la propria iniziativa, che la propria forza, che la violenza possano essere la soluzione al problema. Ovviamente non è così, infatti Gesù lo stoppa subito. 

In questi giorni abbiamo avuto la conferma che a volte non c’è niente che possiamo fare. Siamo passati da giornate piene con le nostre iniziative, i nostri progetti, il nostro lavoro a giornate in cui siamo tutti bloccati in casa: gli sportivi, i creativi, gli intelligenti, i sociali, gli intraprendenti. Anche come chiesa abbiamo visto che, nonostante ci sia un forte desiderio di fare, di aiutare, di agire, non ci sono molti sbocchi. In questi giorni siamo come i discepoli in quel giardino, bloccati, e stiamo realizzando, come lo realizzarono loro, che ci sono dei momenti nei quali non possiamo fare niente per cambiare la situazione. A volte, riporre la speranza in noi stessi si dimostra completamente inutile. Questa crisi ci sta ricordando che la speranza nelle capacità umane è molto limitata.  Dove potremmo riporre la nostra speranza? 

La speranza nella collettività è superficiale

Nel nostro racconto c’è un altro gruppo di persone: i soldati  e le guardie. Il gruppo portato da Giuda era composto da soldati romani e ebrei. La coorte romana era composta da 600 soldati e anche se probabilmente non fu usata una intera coorte è probabile che fu impegnato un bel distaccamento per questa missione. E, lo sappiamo bene, i soldati romani all’epoca erano la forza militare più efficiente, poderosa e distruttiva del mondo intero ed era quella che incuteva maggior timore. 

I soldati romani facevano affidamento non soltanto sulla forza del singolo, sulla loro spada e il loro scudo ma anche sulla compattezza dei propri ranghi, la protezione della loro formazione a testuggine, con la quale avevano sconfitto nemici più numerosi e più forti di loro. C’è una sensazione di protezione e onnipotenza che viene dall’essere insieme. Proviamo una sensazione di invincibilità quando siamo in una grande folla con uno stesso sentimento. Se vi è capitato di partecipare ad una manifestazione politica, di seguire una partita di calcio in uno stadio pieno di tifosi, di ascoltare dal vivo un grande concerto sapete quello di cui sto parlando. 

Questi soldati professionisti, insieme a dei locali che conoscevano bene i luoghi, si avvicinano a Gesù certi di avere il coltello dalla parte del manico. Certi di avere il pieno controllo della situazione. Certi che si tratterà solo di una breve missione, una cosa di pochi minuti. E invece quando l’ebreo che dovevano arrestare pronuncia due semplici parole “Io Sono”, si ritrovano per terra. A volte riponiamo la nostra speranza nella collettività. Pensiamo che la famiglia è la nostra speranza, o lo stato, o l’esercito, o un partito politico o un movimento di attivismo. A volte mascheriamo le nostre paure, i nostri limiti, nella aggregazione, nella piazza, nell’aperitivo con gli amici. Beh, in questi giorni, nei quali questo ci è stato tolto, i nodi stanno venendo al pettine. L’espressione inglese “strength in numbers”, ovvero “la forza è nei grandi numeri” non si può applicare a questa crisi, nella quale viviamo isolati. Questa crisi ci sta ricordando che la speranza nella collettività è superficiale.  

Se i soldi non ci danno una speranza certa, se le capacità umane non ci danno una speranza illimitata, se la collettività non ci da una speranza profonda, possiamo trovare speranza? Si, in Cristo Gesù. 

Gesù viene descritto come onnisciente, versetto 4 “ben sapendo tutto quello che stava per succedergli.” Gesù sapeva quello a cui stava andando incontro quando è andato verso Giuda e i soldati per parlare con loro. E Gesù sa anche quello che stiamo attraversando tutti noi. Gesù ti conosce. Conosce quello che stai provando in questi giorni, conosce le tue paure legate alla salute, le tue paure emotive, economiche, spirituali. Gesù conosce le tue domande, le tue perplessità, ti conosce senza limiti. La sua speranza non è limitata come quella umana, perchè lui è il Dio senza limiti.  

Gesù viene descritto come protettore. Versetti 8 e 9 “8 Gesù rispose: «Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi». 9 E ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detta: «Di quelli che tu mi hai dati, non ne ho perduto nessuno».” Gesù è in grado di proteggerti, anche nei momenti più difficili. Questo non vuol dire necessariamente essere ricchi o in salute. Abbiamo visto prima come Gesù descrive gli ultimi tempi. Ma vuol dire essere al sicuro in lui anche in mezzo alle difficoltà e le prove. Se sei in Gesù, non puoi perderti, la sua speranza non è come quella economica, perchè la speranza di Gesù è certa, valida per qualsiasi situazione.

Gesù viene descritto come il Figlio che obbedisce al Padre. Verso 11 “Ma Gesù disse a Pietro: «Rimetti la [tua] spada nel fodero; non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?»” Gesù ha bevuto il calice che il Padre gli ha dato. Gesù è morto per me e per te. è salito da solo sulla croce, abbandonato da tutti. La collettività non ha mascherato questa morte solitaria, ma l’ha esposta. Gesù è morto da solo, perchè soltanto lui poteva morire per i peccati dei tanti, della collettività. Gesù è morto per darmi il perdono dei peccati, è morto per darmi libertà ed è morto per darmi speranza. La speranza di Gesù non è superficiale, ma radicata e profonda perchè  acquistata a cara prezzo e senza sotterfugi.

La speranza in Gesù, certa, illimitata e profonda, è la speranza che con lui, le cose andranno veramente bene. 

Gesù uscendo verso i suoi nemici disse “Chi cercate?”. I suoi nemici risposero “Gesù il Nazareno.” In questi giorni di corona virus, di isolamento, di sofferenza, di difficoltà, di incertezza, Gesù ci pone la stessa domanda. “Chi state cercando?”

Che la nostra risposta può essere “Gesù il Nazareno, l’Io Sono, il Salvatore, l’unica certezza in una vita che è simile ad una tempesta.” A questo richiesta egli risponderà “Ecco, sono qui.”

Uniti con Gesù possiamo guardare con fiducia al futuro. Lui è la nostra speranza. Lui è degno della nostra fede.

Una persona che ha vissuto tante difficoltà e tanta persecuzione, nel 1500, ha scritto queste parole con le quali voglio concludere. Si tratta di un #andràtuttobene del 16esimo secolo!

“essendo Dio riconciliato con noi, non c’è alcun pericolo che le cose possano non volgere al bene… La fede certo, non si ripromette né lunga vita, né grandi onori, né abbondanza di ricchezze nella vita presente, in quanto il Signore non ha voluto che ci fosse garantito alcunché di questo genere; essa si accontenta della certezza che, quand’anche ci vengano meno molti vantaggi di questa vita, Dio non ci verrà mai meno.”

 

https://www.ilsole24ore.com/art/il-crack-borse-bruciati-una-settimana-6mila-miliardi-ACcwCmMB

2 Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, 3.2.28

 

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