Te l’avevo detto! Giovanni 18:15-27 Video e Testo

Te l’avevo detto. è quella frase che non vorremmo mai sentire. è quella frase che ci dice un genitore dopo che abbiamo disubbidito ad un ordine. è quella frase che ci dice il nostro partner dopo averlo ferito, di nuovo. è quella frase che a volte ci diciamo quando arriviamo a fine giornata e dobbiamo ammettere a noi stessi di non aver agito come avremmo voluto, di nuovo. 

 

Il “te l’avevo detto” fa male, perchè rivela le nostre mancanze. Fa male quando viene da qualcuno, perchè vuol dire che siamo stati smascherati, e a noi italiani non ci piace affatto fare una brutta figura, perdere la faccia.  

 

Ci stiamo avvicinando alla fine del Vangelo di Giovanni. In questi mesi abbiamo usato questo racconto scritto da uno dei discepoli di Gesù per capire insieme, come chiesa, cosa vuol dire essere discepoli di Gesù. 

 

Da qualche predicazione, oramai, stiamo studiando le ultime ore di Gesù prima della sua morte. Come immagino vi ricordiate, Gesù aveva annunciato a Pietro, nel capitolo 13, che prima del canto del gallo Pietro lo avrebbe tradito.

 

36 Simon Pietro gli domandò: «Signore, dove vai?» Gesù {gli} rispose: «Dove vado io non puoi seguirmi per ora, ma mi seguirai più tardi». 37 Pietro gli disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!» 38 Gesù [gli] rispose: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico che il gallo non canterà prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte

 Ed è proprio questo episodio che vogliamo leggere insieme tra poco.  

“15 Intanto Simon Pietro e un altro discepolo[c] seguivano Gesù; e quel discepolo era noto al sommo sacerdote, ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; 16 Pietro invece stava fuori, alla porta. Allora quell’altro discepolo, che era noto al sommo sacerdote, uscì, parlò con la portinaia e fece entrare Pietro. 17 La serva portinaia dunque disse a Pietro: «Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo?» Egli rispose: «Non lo sono». 18 Ora i servi e le guardie, siccome faceva freddo, avevano acceso un fuoco e stavano là a scaldarsi, e anche[d] Pietro stava con loro a scaldarsi…

25 Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi, e gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?» Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26 Uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto nel giardino con lui?» 27 E Pietro da capo lo negò, e subito il gallo cantò.”

Il vangelo di Marco, scritto molto probabilmente sulle testimonianze di Pietro in persona, aggiunge che dopo aver sentito il gallo cantare, Pietro si abbandonò al pianto. Poche settimane fa Davide Bogliolo aveva predicato proprio sulla versione di Marco del tradimento di Pietro. E mi sono domandato se fosse opportuno predicare di nuovo sullo stesso episodio anche se trattato dal punto di vista di un altro scrittore. 

E spero che si, che questo messaggio possa essere utile e di edificazione per tutti noi. Innanzitutto  perché il testo biblico è sempre ricco. La chiesa globale è da duemila anni che predica sullo stesso libro, riaffermando verità conclamate e esponendo sfumature sempre nuove e attuali. E poi perchè stiamo seguendo il percorso dei discepoli e saltare questo episodio sarebbe un peccato e se il Signore ha voluto che noi riflettessimo due volte sul tradimento di Pietro, così sia. 

Andiamo quindi a vedere insieme delle osservazioni sul testo che abbiamo letto.

E’ notte, fa freddo, Gesù è stato appena tradito da Giuda e arrestato, e gli unici discepoli che sembrano seguire, anche se da lontano, Gesù, sono Pietro e Giovanni. In questo momento così triste e difficile vediamo cadere in maniera eclatante Pietro, il discepolo che aveva avuto già tanti alti e bassi ma nessuno come questo. E penso che, se siamo onesti, guardiamo Pietro cadere rovinosamente con una sensazione di dispiacere e di comprensione, perchè anche noi come discepoli tante volte abbiamo tradito il nostro Signore. Anche noi ci siamo trovati in situazioni avverse, e forse ci stiamo trovando ora in una situazione avversa, nella quali è facile cedere al peccato. Credo che possiamo riconoscere, nelle nostre vite, i momenti in cui tendenzialmente siamo più vulnerabili e ci lasciamo andare più facilmente. 

Guardiamo a Pietro e magari ci rappresenta molto bene caratterialmente. Oppure siamo molto diversi da lui. Ma in entrambi i casi condividiamo con lui una cosa: una natura peccaminosa che lotta contro il nostro desiderio di essere dei discepoli fedeli a Gesù in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza. 

Pietro non è un personaggio isolato, anzi la caduta di Pietro ci accomuna tutti quanti. E quindi credo che da questo episodio ci sia tanto da imparare e, cercando di rimanere breve visto che seguire un video non è sempre facilissimo, vorrei che riflettessimo su tre aspetti legati a questo episodio. 

1- La natura della caduta di Pietro

Pietro viene descritto come un personaggio forte, che di certo non le mandava a dire. Eppure nella versione del vangelo di Giovanni del tradimento di Pietro vengono riportate solo tre parole, ripetute due volte. Al versetto 17 “Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo?” egli rispose “non lo sono”. Le stesse identiche parole di Pietro, che nell’originale greco sono solo due, vengono usate nel versetto 25, per il secondo rinnegamento di Pietro, “Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?” Egli lo negò e gli disse “Non lo sono”. Infine, per il terzo rinnegamento, Giovanni non riporta più nemmeno le parole di Pietro, ma dice semplicemente, al versetto 27, che Pietro negò. 

Sicuramente sarebbe interessante, da un punto di vista umano, capire che cosa abbia detto Pietro. Sentire le sue parole, la sua argomentazione. Capire perché abbia rinnegato Gesù, anche perché non era stato né torturato ne costretto. Se osserviamo il testo, infatti, vediamo che Giovanni, che era con lui, era entrato tranquillamente nella casa di Anna, il sommo sacerdote. Giovanni conosceva Anna ed è normale pensare che Anna e la sua servitù, inclusa la portinaia, sapessero che Giovanni era un discepolo di Gesù. La domanda della portinaia rivolta a Pietro, non è necessariamente un’accusa. Ma Pietro nega. E se Giovanni non ci riporta tutte la parole di Pietro è perchè vuole mettere in risalto una cosa, ovvero non i dettagli del peccato di Pietro bensì l’essenza del peccato di Pietro: il rinnegare ogni legame con Gesù. Pietro rinnega Gesù. “Io non sono uno dei suoi discepoli, non lo conosco, non ero con lui.” Non importa quali parole Pietro abbia usato, quello che colpisce è l’essenza di questo gesto, di questo tradimento di Pietro: pretendere di non conoscere Gesù. 

Per un discepolo, per un amico di Gesù, questo deve essere il peggiore atto che si possa compiere. è vero, Giuda aveva venduto Gesù per soldi, ma non aveva fatto finta di non conoscere Gesù. Anzi, l’intero tradimento di Giuda era basato sul fatto di conoscere personalmente Gesù, di poterlo riconoscere e consegnarlo ai soldati, di poterlo baciare perchè suo conoscente. Pietro invece in questo momento finge di non aver nessun legame con Gesù, di non essere un suo amico, di non aver camminato per anni insieme a lui, di non aver proclamato che Gesù era il Cristo, il Figlio di Dio. 

E prima di condannare Pietro, pensiamo un attimo anche ai nostri peccati. I nostri peccati, come quello di Pietro in quella buia notte, hanno alla base un rinnegamento del nostro rapporto con Gesù. Non facciamo la stessa identica cosa quando pecchiamo? Non diciamo, “No, io il Signore non lo conosco?” Non diciamo “non ho conosciuto la Verità e quindi non so che quello che sto facendo è sbagliato?” Non diciamo “io non sono un suo discepolo e non ho niente a che fare con Gesù?”. Quante volte ho fatto finta di non conoscere Gesù, quando ho preferito l’approvazione delle persone che mi circondavano più dell’approvazione di Gesù. Certo, rinneghiamo Cristo quando facciamo finta di niente di fronte ai nostri amici non cristiani, ma non rinneghiamo Cristo solo quando perdiamo una bella occasione di testimoniare. Lo rinneghiamo ogni volta che ignoriamo il nostra rapporto, i comandamenti che ci ha lasciato.

 

2- Il convincimento di peccato

A volte quando rinneghiamo Gesù possiamo far finta di niente per un pò, pretendere che tutta vada bene, che non abbiamo ferito e tradito il nostro migliore amico. Nella storia di Pietro, se il cielo si fosse aperto e una voce avesse tuonato “Te l’avevo detto” nessuno si sarebbe meravigliato. Questo però non succede. Invece, subito dopo il terzo rinnegamento da parte di Pietro nell’aria risuona il cantare del gallo.  Dio non parla direttamente, ma il verso del gallo è più che sufficiente per ricordare a Pietro le parole che gli aveva rivolto Gesù solo poche ore prima. Tutte le altre persone presenti non vedono niente di speciale in questo gesto, ma Dio usa il proprio creato per rivelarsi a Pietro, per ricordargli che non poteva ignorare il peccato che aveva compiuto. 

 

è incredibile come il Signore possa usarsi di qualsiasi cosa per comunicare. La natura stessa ci presenta la gloria di Dio e la nostra piccolezza. Ma senza il sacrificio di Cristo e l’opera dello spirito santo il creato di Dio viene adorato dagli uomini e le donne, viene spiegato semplicemente in termini scientifici ed ad ogni nuova scoperta scientifica l’uomo che non conosce Gesù esalta se stesso e le proprie capacità piuttosto che adorare Dio. 

Il canto del gallo non voleva dire niente per tutte le persone del mondo, ma quel giorno, il giorno della morte di Cristo, il suo canto ha rivelato a Pietro la propria mancanza, il tradimento che aveva compiuto nei confronti del suo Maestro. Il canto del gallo è, per Pietro, quel “te l’avevo detto” che mai e poi mai avrebbe voluto sentire. 

Ora, con questo non voglio dire che dovremmo cercare nei versi degli animali dei moniti da parte del Signore. Ma mi colpiva il fatto che Dio in questo caso non deve nemmeno rivolgere una parola a Pietro. 

La Bibbia ci dice che lo Spirito Santo ci convince di peccato. E quindi quando pecchiamo, non possiamo ignorare a lungo quello che abbiamo fatto. Sarebbe facile ora andare alla fine del Vangelo di Giovanni e vedere il momento in cui Pietro si riconcilia di Gesù. Ma non voglio farlo. Non voglio farlo perchè voglio, in un certo senso, assaporare questo momento. Passare subito all happy ending vorrebbe dire sminuire l’importanza di questo momento. I momenti in cui cadiamo, in cui pecchiamo, in cui rinneghiamo Cristo per quanto dolorosi, per quanto da evitare con tutte le nostre forze, ci saranno sempre e in un certo senso meno male che ci sono. Meno male che ci sono soprattutto quando sono guidati dallo Spirito Santo per portarci ai piedi della croce di Cristo. 

Se quindi sei caduto da poco, se hai da poco rinnegato Gesù con un tuo pensiero o una tua azione, o quando la farai in futuro, non abbandonarti alla disperazione ma sfruttalo in Cristo Gesù come promemoria del tuo bisogno di lui e della miseria infinita della tua condizione senza Gesù.

Quanto presentato in questo messaggio è particolarmente pertinente per i discepoli, per quelle persone che come Pietro hanno preso una posizione a favore di Gesù e quindi ogni cosa che viene fatta contro Gesù è qualcosa di triste e sbagliato. Ma ci possono anche essere, fra le persone che ci ascoltano, delle persone che non pensano di dovere niente ad una persona che è nata, vissuta e morta 2000 anni fa in Israele. Ma sempre fra le persone che ci stanno ascoltando e che non stanno ancora seguendo personalmente Gesù ci possono essere delle persone che riconoscono di essere simili a Pietro, di fare degli errori, di aver peccato contro Dio e che desiderano una soluzione a questo problema. La soluzione è il vangelo, la buona notizia che Cristo è la soluzione ai nostri problemi, ai nostri errori, il suo sacrificio al posto nostro copre i nostri sbagli. 

3- La risposta alla tentazione

Una domanda che mi sono fatto durante la meditazione di questo testo è la seguente: come avrebbe dovuto agire Pietro? O come dovremmo agire noi di fronte alla tentazione di far finta di non conoscere Gesù?

 

Si potrebbero dire tante cose in risposta a questa domanda. E credo che ognuno di noi sta imparando a conoscere se stesso, cosa ha bisogno di fare e di cosa ha bisogno in momenti di tentazione. 

 

Oggi dico semplicemente che cedere ad un peccato vuol dire cedere ad una bugia. Cedere ad una tentazione sessuale, vuol dire cedere alla bugia che Dio si sta sbagliando a riguardo e che è meglio, per esempio, avere rapporti prima del matrimonio. Vergognarsi di Cristo vuol dire cedere alla menzogna che lui per noi non è importante o non così importante come le persone con le quali siamo. 

A queste bugie, che sappiamo bene da chi vengono, dobbiamo controbattere con la Verità. Quando il nemico ci aggredisce dicendo “te l’avevo detto”, dobbiamo avere qualcosa con cui rispondere. Sappiamo che Gesù è Verità, sappiamo che la Bibbia raccoglie la Verità a riguardo di Dio ma non basta sapere queste cose. Per rispondere alle tentazioni dobbiamo tradurre le nostre conoscenze intorno a DIo in conoscenza di Dio, dobbiamo trasformare la verità riguardo a Dio in oggetto di meditazione davanti a Dio.

Cosa intendo per meditazione? In questi giorni di quarantena, non potendo ne uscire e quindi non potendo fare sport sto provando a fare un pò di esercizi a casa seguendo dei video online. E mi fa sorridere quando alla fine di questi video, dopo averti massacrato con degli esercizi assurdi, gli istruttori fanno una specia di stretching meditativo con frasi tipo “Ce l’hai fatta, sei molto più forte di quello che pensi” oppure “connettiti con il tuo corpo e farai grandi cose”, “saluta il divino che è in te”. Questa meditazione è puramente incentrata su se stessi, e non è quella cristiana.

J.I. Packer nel suo libro “Conoscere Dio” descrive molto bene la meditazione cristiana. Vi leggo una citazione:

La meditazione è l’attività di richiamare alla mente, di ripensare, di ponderare, di applicare a sè stessi le varie cose che si conoscono intorno alle opere, alle vie, ai propositi e alle promesse di Dio. è un’attività di pensiero pio, coscientemente attuata alla presenza di Dio, sotto il suo sguardo, con il suo aiuto, quale mezzo di comunione con Dio. Lo scopo della meditazione è quello di illuminare la nostra visione mentale e spirituale di Dio, e di far sì che la sua verità abbia un pieno e giusto impatto sulla nostra mente e sul nostra cuore.

Se vogliamo rinnegare meno Cristo, se non vogliamo cedere a bugie, dobbiamo fare nostre le verità di Dio in modo che abbiano un impatto pratico nella nostra vita. 

Ma, così come con Pietro, ci saranno sempre degli episodi nella nostra vita nei quali qualcuno ci dirà “te l’avevo detto.” E mi incoraggia pensare a Pietro, che ha rinnegato in maniera eclatante, che ha sentito il “te l’avevo detto del gallo”, eppure circa 30 anni dopo, riflettendo sui giorni della Passione di Cristo, può affermare:

3 Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, 4 per un’eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi, 5 che siete custoditi dalla potenza di Dio mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi. (1 Pietro 1:3-5).

La nostra sicurezza, nel momento in cui riconosciamo il nostro rinnegamento, sta nella grande misericordia di Dio Padre, che ci ha dato una speranza certa grazie alla resurrezione di Cristo e una eredità incorruttibile, che nessun errore potrà toglierci. 

 

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