Trasformazione dall’umiliazione alla gloria – Filippesi 3:17/4:1 – Audio e Testo

Riprendo il testo biblico dell’ultima predicazione, visto che in molti non c’eravamo, che è stata esposta da Stefano Molino:
12 Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo {Gesù}[c]. 13 Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, 14 corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù. Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella. 16 Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via. Filippesi 3:12-16
Per l’apostolo Paolo Cristo è il tutto, l’unica persona per la quale vale la pena affannarsi per tutta la vita. Paolo dimentica il passato per continuare ad avere lo sguardo fisso su Cristo e correre verso di lui.
Oggi vogliamo continuare con la lettera ai Filippesi. E prima di leggere il testo vorrei farvi una domanda: avete mai fatto qualcosa di umiliante? Vi siete mai trovati in una situazione nella quale sareste voluti scomparire? Qualcosa di super imbarazzante? A me è successo, è successo di fare qualcosa di così imbarazzante che ancora oggi, nonostante siano passati tanti anni, faccio fatica a parlarne.
“17 Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi. 18 Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), 19 la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra. 20 Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, 21 che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.
4:1 Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!”
A questo testo vorrei aggiungere delle riflessioni, che suddivido in tre punti.
  1. L’imitazione di Paolo
“17 Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi.”
Al giorno d’oggi in tanti vogliono fare gli influencer. Soprattutto tra i giovani questa nuova figura va per la maggiore. In tanti ci dicono “Seguimi” e il verbo seguire è diventato uno dei più usati: seguire su Facebook, seguire su Instagram, seguire uno youtubber.  Decidere chi seguire non è una cosa facile ne tanto meno una decisone da prendere alla leggera.
Anche Paolo chiede ai destinatari della lettera di seguirlo. Potrebbe sembrare presuntuoso da parte di Paolo esigere da parte dei filippesi l’imitazione al suo comportamento.
Forse in mente ci vengono quei credenti che magari sfruttano il loro ruolo o il loro carisma per dei vantaggi personali. Il Paolo che abbiamo conosciuto in questa lettera, però, non è quel tipo di pastore o quel tipo di missionario. In questi mesi abbiamo visto la totale abnegazione di Paolo, pronto a morire o a vivere per Cristo e per fare la volontà di Dio. In altre parole, i filippesi non avrebbero dovuto vedere Paolo in Paolo, ma avrebbero dovuto vedere Cristo attraverso Paolo, attraverso Paolo avrebbero dovuto vedere il traguardo e l’obiettivo della corsa dell’apostolo: Dio.  Paolo era come una sagoma ben definita ma vuota, attraverso la quale era possibile vedere Dio. Se invece noi siamo pieni di noi stessi, se riempiamo la nostra sagoma con noi stessi, le persone non saranno in grado di vedere oltre noi e di vedere Cristo.
La comprova che l’esempio di Paolo è buono è data da coloro che stanno camminando secondo il suo esempio. Evidentemente i Filippesi conoscevano bene delle persone, magari Timoteo ed Epafròdito, che seguivano l’esempio di Paolo e manifestavano chiaramente una vita da discepoli di Cristo.
Noi al giorno d’oggi vogliamo farci guidare dallo Spirito Santo e dalla Parola, però questo non vuol dire che non possiamo avere delle persone che ammiriamo o che sono degli esempi per noi. Bisogna ovviamente stare attenti a chi seguiamo, perché possiamo essere influenzati in maniera sbagliata. L’esempio di Paolo è di una persona che punta costantemente a Cristo. Ma, come abbiamo detto, un’altra caratteristica di Paolo è che non è un lupo solitario: Paolo era in comunione con la chiesa mandante, ed era circondato da persone che non soltanto attestavano positivamente sul suo operato ma che vivevano chiaramente in accordo con il Vangelo.
Se dobbiamo scegliere chi seguire, degli ottimi indicatori sono quanto una persona punti a Cristo e se sia circondato da persone che mettono in pratica il Vangelo e in comunione con la Chiesa.
  1. I nemici della croce
Perché non si può scegliere con superficialità chi vogliamo seguire?
“18 Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), 19 la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra.” 
È importante scegliere bene chi vogliamo seguire, perché alcune guide guidano verso la perdizione. Se in precedenza Paolo aveva messo i filippesi in guardia dai cani, i cattivi operai, coloro che si fanno mutilare (3:2) ora Paolo li chiama i nemici della croce di Cristo. Come appellativo, nemici della croce di Cristo, è terribile: vuol dire aver conosciuto Cristo, il Messia, aver visto la morte sulla croce e aver deciso di essere nemici di tutto questo. È una condizione terribile, ben peggiore di coloro che non hanno mai sentito parlare di Cristo e lo hanno rifiutato per ignoranza. L’esempio negativo che hanno queste persone porta Paolo a piangere, per gli effetti terribili che hanno sulla vita delle persone.
Non sappiamo bene di chi stesse parlando Paolo. Forse stava parlando di cristiani giudei, allora l’inimicizia contro la Croce sarebbe sintomo di attaccamento alla legge e ai suoi rituali per la salvezza. Ma chiunque non è salvato dalla croce di Cristo non è salvato affatto, e va incontro al suo giudizio:
“Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male.” 2 Corinzi 5:10
Il ventre in questo caso significherebbe la distinzione tra cibi puri e impuri tanto importante per il popolo di Israele, distinzione che però Cristo ha abolito con la sua morte.
Forse i nemici della croce di cui parla Paolo non sono dei cristiani giudaizzanti, ma persone che pensavano che la grazia di Cristo giustificasse ogni forma di peccato e ogni forma di comportamento sbagliato. Il ventre in questo caso rappresenta la concupiscenza e l’appetito sfrenato, la loro gloria è praticare l’immoralità e il loro animo è incentrato solo sui piaceri della vita. Ma la croce di Cristo e la grazia di Dio non ci porta a vivere nel peccato, anzi è l’esatto contrario.
Sempre Paolo, ai Romani, scrive queste parole:
6:1 Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? 2 No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso? 3 O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 4 Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita. 5 Perché se siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua. 6 Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato, e noi non serviamo più al peccato; 7 infatti colui che è morto è libero dal peccato.
Da una parte allora dobbiamo stare molto attenti da chi seguiamo e al tempo stesso dobbiamo stare attenti ad non elevare ad idoli delle semplici persone. Vogliamo arrivare a Cristo attraverso le persone che seguiamo, non vogliamo diventare fan imparziali o piccole imitazioni di quelle persone e il nostro mondo non dovrebbe crollarci addosso se una persona che stimiamo particolarmente sbaglia in qualche modo o ci delude, perché la nostra speranza dovrebbe essere riposta in Dio e non in delle persone.
Dall’altra parte però questi versetti mi hanno fatto riflettere. Spero che nessuno qui sia un nemico della croce, ma a volte possiamo comportarci come tali. D’altronde si parla di ventre e di cose della terra, e devo ammettere che sia come paese, sia come individuo, sono particolarmente tentato dal cibo, dall’adulazione del cibo, così come altre cose di questo mondo, che possono essere il divertimento, la moda, i social, il denaro e così via.
Se non sono e non voglio essere nemico della croce, non devo prendere con leggerezza il mio comportamento e quello che faccio.
  1. La trasformazione in Cristo
Infine, il terzo ed ultimo punto: la trasformazione in Cristo.
“20 Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, 21 che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa.
4:1 Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!”
Perché dovremmo vivere una vita difficile, come quella di Paolo? Perché dovremmo essere pronti a soffrire come lui, affannarci come lui, evangelizzare come lui? O anche, perché dovremmo seguire l’esempio di Cristo, uomo di dolori, familiare con la sofferenza?
Perché la nostra cittadinanza è nei cieli! Ripeto: la nostra cittadinanza è nei cieli. Noi siamo si su questa terra, ma come abitanti stranieri.
Un teologo ha rivelato che l’unico senso esauriente delle parole di Paolo lo si ha traducendo politeuma con “città capitale o natale, che tiene un registro dei suoi cittadini.” (Martin, L’epistola di Paolo ai Filippesi, 199) I credenti sono delle persone che sono morte, risorte e rinate in Cristo e questa nuova nascita avviene nella capitale celeste, che diventa la nostra città natale. In questa città Dio ha un registro con i nomi di coloro che sono nati lì e che gli appartengono, e che sono eternamente suoi!
Visto che non apparteniamo a questo mondo il Signore verrà a riprenderci per portarci con se. E cosa succederà al ritorno di Cristo? Il nostro corpo, che è il corpo della nostra umiliazione, che è il corpo creato da Dio ma contaminato e reso brutto dal peccato, questo corpo verrà trasformato a sua immagine, sarà come il suo corpo, libero da ogni imperfezione spirituale, risplendente di gloria divina! Che bella promessa!
Come abbiamo detto all’inizio tutti noi abbiamo fatto delle cose delle quali ci vergogniamo. Ma in realtà non è qualcosa che facciamo che è umiliante, ma è la nostra stessa natura peccaminosa ad essere umiliante. Noi siamo la vergogna. Ma in Cristo, il Salvatore come dice Paolo, saremo liberati da questa vergogna. Ora è vero che siamo già salvati e che abbiamo ricevuto una nuova natura, ma durante la nostra vita sulla terra questa natura è in costante lotta con la nostra vecchia natura, con la nostra vecchia cittadinanza. È una lotta estenuante, ma la ricompensa finale è la liberazione completa, il premio è diventare simili a Cristo. È un po’ come il processo di trasformazione della farfalla, dall’uovo, al bruco, alla crisalide alla farfalla. Dio ci ha promesso che il nostro percorso, seppur stancante e strano, ha come completamento la trasformazione in “farfalla”, in qualcosa di glorioso, qualcosa che non è più soggetto al peccato, ma che sarà libero di “volare” spiritualmente e di esprimersi in tutto il suo splendore e tutta la sua gloria.
Solo Cristo ha questo potere, solo Cristo può sottomettere a sé ogni cosa. In tanti affermano che la liberazione avvenga attraverso l’emancipazione, o attraverso il credere in sé stessi, o attraverso i soldi, o il sesso. Ma no, solo Cristo governa su ogni cosa. La nostra trasformazione è lenta e dolorosa. Quante volte vorremmo essere spirituali, quante volte ci pentiamo di quello che abbiamo detto o fatto, quante volte ci ribelliamo al Signore, quante volte, quante volte, quante volte… Ma la nostra storia non è finita. La nostra storia finisce, si completa con il ritorno di Cristo, tante volte annunciato in questa lettera che stiamo studiando.
E allora sì, dopo tutto quello che è stato detto fino ad ora da Paolo e in particolar modo alla luce di questi ultimi versetti, possiamo fare nostra questa esortazione:
“Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!”

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