Una torre da non imitare – Genesi 11 (testo e video)

La settimana scorsa abbiamo visto insieme un versetto dai Proverbi “Il nome del Signore è una forte torre, il giusto vi corre e vi trova un altro rifugio.” Salomone aveva capito che l’unica Torre che potesse offrire un rifugio vero è il Signore.

 

Molti anni prima troviamo, nel libro della Genesi, una folla di persone che invece la pensava diversamente. Oggi leggeremo una storia su delle persone che invece di cercare il rifugio che Dio offriva, hanno cercato di sostituire Dio e creare con le proprie mani una torre, una torre che facesse impallidire e svergognare il Signore.

La torre di Babele
11 Tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole.

2 Dirigendosi verso l’Oriente, gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Scinear, e là si stanziarono. 3 Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamo dei mattoni cotti con il fuoco[a]!» Essi adoperarono mattoni anziché pietre, e bitume invece di calce. 4 Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra».

 

5 Il Signore discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini costruivano. 6 Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è il principio del loro lavoro; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. 7 Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l’uno non capisca la lingua dell’altro!» 8 Così il Signore li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. 9 Perciò a questa fu dato il nome di Babel[b], perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra.

 

Vi do un po’ di informazioni sul contesto del brano che abbiamo appena letto. Siamo nell’undicesimo capitolo del primo libro della Bibbia, Genesi. Come sappiamo, nella Genesi troviamo la creazione dell’universo che ci circonda e tutto quello che esso contiene. Il fiore all’occhiello di questa creazione sono Adamo ed Eva, i primi esseri umani. Adamo ed Eva vengono messi in un giardino, dove hanno tutto quello di cui hanno bisogno e nel quale possono godere di una pace perfetta con Dio e con il resto della creazione. Ma piuttosto che essere soddisfatti di questa situazione favorevole, Adamo ed Eva danno ascolto alle ingannevoli bugie di satana. Nel momento in cui disubbidiscono al comandamento di Dio, Adamo ed Eva si macchiano con il peccato. Uno dei problemi più grandi è che non soltanto macchiano sé stessi, ma condannano l’intera umanità essendo Adamo ed Eva i rappresentanti dell’umanità all’interno della relazione pattizia, ovvero il patto stabilita da Dio con l’uomo.

 

Da questo momento in poi i primi 11 capitoli della Genesi sono una escalation di orrore e peccato: Caino uccide suo fratello Abele, il genere umano si corrompe sempre di più al punto che Dio è costretto a mandare il diluvio, salvando solo Noè e la sua famiglia. Purtroppo, anche Noè è macchiato dal peccato, e dopo il diluvio pianta una vigna e in questo nuovo giardino pecca, ubriacandosi oltre misura. Il peccato di Noè è seguito dal peccato di suo figlio, Can. Dopo la discendenza di Noè arriviamo alla storia di oggi, la torre di Babele.

 

Non so quale sia stata la vostra reazione alla lettura di questa storia. Forse il Dio che decide di punire l’intraprendenza e l’ingegno di queste persone, che in fondo volevano solo costruire una torre e una città, può sembrarci un Dio capriccioso e eccessivamente geloso. Non so quanti di noi, leggendo questo testo, direbbero che Dio si dimostra giusto e amorevole. Credo che a primo impatto questa è una reazione che possiamo avere e che spesso abbiamo nei confronti di Dio. Spesso crediamo che il modo di agire di Dio, i suoi comandamenti, le sue decisioni siano fondate sulla malizia piuttosto che la bontà.

 

Se non ho ricevuto quel lavoro che così fortemente volevo, è perché Dio non vuole vedermi felice. Se non siamo riusciti a comprare la casa che avevamo scelto è perché Dio è geloso. Se sto affrontando una difficile malattia, è perché a Dio non interessa aiutarmi. Se la società si accanisce contro lo straniero che non ha niente, è perché Dio è cattivo.

 

Questa storia però ci aiuta a capire meglio Dio. Se studiamo questo testo non fermandoci alle apparenze e con il desiderio di capire chi Dio è veramente, vedremo che Genesi 11 non ci offre un Dio capriccioso, ma un Dio d’amore e giustizia.

 

Abbiamo parlato un po’ del contesto di questo testo, che ci aiuta a capire che tipo di persone fossero i nostri protagonisti. Si trattava di uomini corrotti, violenti, orgogliosi. Alla base dell’idea di costruire una città e una torre non c’era il desiderio di creare un luogo nel quale amare il prossimo ed esaltare Dio, ma il desiderio di sostituire Dio. Non pensiamo ad un gruppo di simpatici amici che un giorno dicono “costruiamo un ospedale per i malati” ma piuttosto un gruppo di uomini malvagi che si incitano a vicenda per costruire una torre così grande da non essere mai dimenticati. Vedete, questi uomini desideravano soltanto essere ricordati per l’eternità, volevano impadronirsi di qualcosa che appartiene a Dio, la gloria e la fama eterna.

 

A volte si dice che le storie dell’Antico Testamento non sono più attuali, ma questa non vi sembra attuale? Nel corso della storia l’uomo ha continuamente desiderato la fama che spetta a Dio. Nel corso della storia tanti uomini hanno cercato di cementare il loro nome costruendo cose: il Colosseo, il Duomo di Milano, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, le numerosissime torri che troviamo in Italia, come quella di Pisa.

 

Nella nostra storia gli uomini inventano il mattone, e all’improvviso pensano di potersi paragonare con Dio, di meritarsi di sedersi allo stesso tavolo con il Signore. Non facciamo la stessa cosa anche noi? Appena c’è una nuova scoperta, pensiamo di essere più simili a Dio. Guardando a questa storia ci viene da sorridere se pensiamo che gli uomini fossero così orgogliosi di sé stessi dopo aver inventato il mattone da usare al posto delle pietre e il bitume, una miscela per la costruzione, al posto della calce.  E anche Dio deve aver sorriso, guardano questo sforzo per i suoi standard insignificante ma per l’essere umano gigantesco. Notate tutta l’ironia dell’autore del testo, che dice che il Signore dovette scendere per vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. è un po’ come se un bambino volesse impressionare un esperto architetto con i suoi Lego.

 

Possiamo sorridere a questa storia, ma se siamo sinceri dobbiamo ammettere che anche noi spesso facciamo la stessa cosa. Ci concentriamo così tanto sulle nostre capacità, sulle cose che ci riescono bene, su ciò che possediamo, che iniziamo a usare queste cose per impressionare gli altri e per innalzarci al livello di Dio.  Questo può avvenire all’università, dopo una serie di esami passati brillantemente. Può avvenire con le relazioni che abbiamo con il sesso opposto, quando vediamo come possiamo manipolare il ragazzo o la ragazza di turno con la nostra intelligenza, il nostro charme o il nostro sorriso. Succede anche in ambito cristiano, quando per esempio crediamo di aver capito tutto di Dio al punto che non abbiamo più bisogno di Dio per affrontare la vita, al punto che non indirizziamo più le persone verso Cristo ma verso la nostra bravura come predicatori, come consiglieri, come cristiani. Cerchiamo di sfruttare i mattoni e il bitume che abbiamo per renderci famosi e indispensabili e in questo modo ci allontaniamo da Dio, perché non vediamo la necessità di confidare e esaltare Dio, perché tanto siamo già bravi e forti da soli.

 

Di fronte a questa situazione che stava sfuggendo di mano il Signore decide di intervenire, non perché fosse invidioso di quanto avesse visto, ma perché aveva giudicato nocivo quel progetto. Il Signore (o meglio ancora la Trinità, come reso evidente dal versetto 7 che dice, nella prima persona plurale, “scendiamo e confondiamo”) decide che la cosa giusta da fare è far fallire questo progetto. è bello vedere non solo come la trinità sia presente nell’Antico Testamento ma anche come essa agisca in perfetta comunione e armonia.

 

L’intervento di Dio, che porta alla confusione della lingua dell’essere umano, che porta al fallimento, che porta alla disperazione, che porta alla sofferenza è un gesto di giustizia e di amore, per quanto possa sembrare assurdo.

 

Innanzitutto, giustizia, perché Dio punisce l’arroganza umana. Dio avrebbe potuto ignorare quello che stava accadendo nella pianura di Scinear, in Mesopotamia, ma in questo modo sarebbe venuto meno alla sua natura.

Mosè descrive Dio dicendo che “Tutte le sue vie sono giustizia. è un Dio fedele e senza iniquità. Egli è giusto è retto (Dt 32:4).

 

Dio è un Dio giusto, che non fa finta di niente di fronte al peccato e alle ingiustizie che vengono compiute sulla terra. Questo è un grande incoraggiamento per tutti noi, quando notiamo l’ingiustizia che sembra regnare intorno a noi. Ma cosa è giusto e cosa non lo è? Come facciamo a definire queste cose?

 

Coloro che credono in Dio e nella Bibbia rispondono che è “giusto tutto ciò che si conforma al carattere morale di Dio” (Grudem, 256). Se Dio è moralmente perfetto, allora ciò che è conferme alla sua morale deve di conseguenza essere giusto. Questo ci ricorda anche che in quanto creature e non creatori, non possiamo pretendere di giudicare se Dio è giusto o ingiusto. Possiamo fidarci della giustizia di Dio? Si, perché non solo è perfetta, ma anche perché Dio ha la potenza e l’autorità per punire le ingiustizie. E questo lo vediamo, appunto, nella storia della torre di Babele, nella quale la trasgressione e l’orgoglio umano vengono colpiti in maniera sovrana e autorevole da Dio.

 

E quando ci guardiamo attorno e vediamo lo straniero maltrattato e denigrato, il povero schiacciato o la vita di bambini a rischio, dobbiamo ricordarci che queste cose le nota anche Dio, che in un modo o nell’altro punirà queste ingiustizie. Forse lo farà durante questa vita, come nel caso di Babele, ma comunque lo farà durante il giudizio finale, di fronte al suo tribunale.

 

In secondo luogo, amore, perché Dio non abbandona l’uomo a sé stesso. La costruzione della torre non avrebbe portato alla pace, ma avrebbe portato ad un regno di terrore e ingiustizia, in cui avrebbe regnato la legge del più forte, dove il debole sarebbe stato schiacciato e annientato dalla prepotenza del ricco e del potente. Invece Dio decide di intervenire dimostrando tutto il suo amore per l’essere umano. Attraverso una situazione apparentemente difficile, il dover essere dispersi senza avere più una lingua in comune, Dio si prende cura dell’essere umano, che altrimenti non avrebbe più cercato il Signore. Spesso non ci rendiamo conto che situazioni difficili che dobbiamo affrontare, come la malattia, la confusione, il caos sono, oltre a delle sfide enormi, anche un modo nel quale Dio ci permette di provare il suo amore. è spesso in quei momenti che ci rendiamo conto che da soli non ce la possiamo fare.

 

“La sofferenza disperde l’illusione che noi abbiamo la forza e la competenza per governare le nostre vite e che siamo in grado di salvarci.” – Tim Keller

 

Dio risveglia la nostra vita spirituale attraverso le difficoltà che viviamo nella nostra vita, dimostrando in questo modo il suo amore, per quanto possa sembrare paradossale.

 

L’amore di Dio, nonostante il ripetersi della ribellione umana, è evidente nel resto del capitolo, che non abbiamo letto. Il testo che abbiamo visto insieme finisce con l’umanità che viene dispersa su tutta la faccia della terra. Subito dopo troviamo una genealogia. Fra tutte le famiglie che vengono disperse l’autore della Genesi ne segue una in particolare, la famiglia di Sem. Uno dei discendenti di Sem è Tera, padre di Abramo. Si, proprio l’Abramo che è stato scelto da Dio per dare inizio al suo popolo, Israele. Non è quindi solo l’autore della Genesi a seguire la discendenza di Sem fino ad Abramo, ma è il Signore stesso. Si, perché è attraverso la discendenza di Abramo che il Signore ha pianificato di usare per benedire tutte le nazioni del mondo.

 

Genesi 12:2-3: “io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. 3 Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra.”

 

La speranza non è quindi persa! Dio ha giudicato e punito i costruttori di Babele, coloro che pensavano di poter sostituire il Signore e prendere il suo posto. Ma il suo giusto giudizio viene seguito da una promessa di speranza che evidenzia tutto il suo amore. Le famiglie della terra non saranno sempre costrette ad essere sparse, confuse, senza una lingua in comune. Israele doveva quindi diventare, una benedizione per tutta la terra, un popolo che doveva attirare lo straniero verso il Signore.

 

Ma questa è solo il parziale compimento di questa profezia. La profezia trova il compimento finale e perfetto in Cristo Gesù. Più specificamente in un’altra costruzione a sviluppo verticale, non una torre ma una croce. Attraverso quella croce Dio ha di nuovo dimostrato tutta la sua giustizia, condannando e punendo il peccato, e dimostrando tutto il suo amore per tutti noi, ricordandoci che non possiamo salvarci da soli ma abbiamo bisogno di essere salvati da colui che ha sofferto ed è morto per noi! Se vi sembra ingiusto quello che state affrontando nella nostra vita, immaginate quanto sia stato ingiusto quello che Gesù ha sofferto, non meritandoselo, solo perché voleva salvare te e me.

 

Paolo parla del sacrificio di Cristo in questo modo nella lettera agli Efesini.

 

“13.Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. 14 Lui, infatti, è la nostra pace; lui che dei due popoli[a] ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno[b] la causa dell’inimicizia, 15 la legge fatta di comandamenti in forma di precetti, per creare in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo facendo la pace; 16 e per riconciliarli tutti e due con Dio in un corpo unico mediante la sua croce, sulla quale fece morire la loro inimicizia. 17 Con la sua venuta ha annunziato la pace a voi che eravate lontani e la pace a quelli che erano vicini; 18 perché per mezzo di lui gli uni e gli altri abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito.” Efesini 2:13-18

 

La conseguenza della torre di Babele è stata una giusta punizione. La punizione è stata la confusione linguistica e la dispersione dell’essere umano. La conseguenza della croce è una punizione ingiusta attribuita a Gesù in modo che noi potessimo essere considerati giusti. Il risultato di questa punizione non è più la dispersione, ma la raccolta sotto Gesù di un nuovo popolo, che è composto da persone di nazionalità diverse, da persone che sono su tutta la faccia della terra. Queste persone sono accomunate da un nuovo linguaggio, la lingua d’amore verso Dio e verso il prossimo. Una lingua che va oltre le differenze linguistiche, caratteriale, culturali, perché diranno tutti la stessa cosa come ci preannuncia il libro dell’Apocalisse

 

“11 E vidi, e udii la voce di molti angeli intorno al trono, alle creature viventi e agli anziani; e il loro numero era di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia. 12 Essi dicevano a gran voce: «Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode».

 

13 E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli».” Apocalisse 14:11-13

 

Ora prenderemo insieme i simboli della Santa Cena. Sono dei simboli che racchiudono perfettamente la giustizia e l’amore di Dio. La giustizia che ha colpito mortalmente Gesù, al posto nostro, e l’amore che ha portato Dio ha sacrificare suo figlio per noi.  Dobbiamo ammettere che spesso siamo come i costruttori della torre di Babele, continuamente vogliamo sostituirci a Dio, vogliamo essere al centro dell’attenzione del mondo. Prendendo questi simboli ammettiamo e confessiamo il nostro peccato, la nostra presunzione e ringraziamo perché nella disperazione del nostro peccato abbiamo visto l’amore di Dio per noi. Questi non sono simboli per tutti, ma solo per coloro che hanno accettato personalmente Cristo, per coloro che stanno vivendo in funzione di lui e in vista del ritorno di Lui.

 

Ma non vogliono essere dei simboli che creano una divisione. è per questo motivo che simbolicamente metteremo il pane e il vino in mezzo alla comunità, perché Gesù è venuto in mezzo a noi, ha portato la sua speranza tra le persone, non alle persone da lontano. Ognuno rifletta su questi simboli e prenda, mangi e beva il pane e il vino quando vuole. Per coloro che non possono accedere alla comunione con Cristo, ripeto di nuovo: Cristo è in mezzo a noi, è vicino, vede le difficoltà della tua vita e ti vuole offrire la via d’uscita.

 

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