Voi Pregate? Luca 22_39-71

Abbiamo iniziato un nuovo anno di chiesa, dopo la pausa estiva, riflettendo insieme sulla saggezza che viene dalla Bibbia, e in particolare 4 qualità da ricercare in questo anno sulla base di Ecclesiaste 7, ovvero: pazienza costante, saggezza, leggerezza e forza.

 

Abbiamo continuato, mercoledì, pregando attraverso la Bibbia, scalfendo molto velocemente l’enorme pepita d’oro che sono le preghiere bibliche.

 

Continuiamo oggi tornando al Vangelo di Luca che oramai ci accompagna da un pò di tempo. Siamo alla fine di Luca 22. Prima della pausa estiva abbiamo visto l’arrivo di Gesù a Gerusalemme, in pieno periodo pasquale. Da una parte c’è una folla di persone che lo acclama, dall’altra invece ci sono quelli che vogliono ucciderlo. In questo clima surreale, caotico, difficile da gestire, Gesù riunisce i 12 discepoli e condivide con loro un’ultima cena. Durante la cena succedono tante cose. Nel Vangelo di Luca, Gesù istituisce la cena del Signore, rivela che sarà tradito, dà indicazioni sulla grandezza cristiana e preannuncia il rinnegamento di Pietro.

 

Leggiamo insieme la Parola di Dio, da Luca 22:39

 

39 Poi, uscito, andò come al solito al monte degli Ulivi; e anche i  discepoli lo seguirono.

40 Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate di non entrare in tentazione». 41 Egli si staccò da loro circa un tiro di sasso e, postosi in ginocchio pregava, dicendo: 42 «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta».

43 {Allora gli apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo. 44 Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra.} 45 E, dopo aver pregato, si alzò, andò dai discepoli e li trovò addormentati per la tristezza, 46 e disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, affinché non entriate in tentazione».

 

47 Mentre parlava ancora, ecco una folla; e colui che si chiamava Giuda, uno dei dodici, la precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. 48 Ma Gesù gli disse: «Giuda, tradisci il Figlio dell’uomo con un bacio?»

49 Quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per succedere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?» 50 E uno di loro percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio destro. 51 Ma Gesù intervenne e disse: «Lasciate, basta!» E, toccato l’orecchio di quell’uomo, lo guarì.

52 Gesù disse ai capi dei sacerdoti, ai capitani del tempio e agli anziani che erano venuti contro di lui: «Siete usciti con spade e bastoni, come contro un brigante! 53 Mentre ero ogni giorno con voi nel tempio, non mi avete mai messo le mani addosso; ma questa è l’ora vostra e la potestà delle tenebre».

 

54 Dopo averlo arrestato, lo portarono via e lo condussero nella casa del sommo sacerdote; e Pietro seguiva da lontano. 55 Essi accesero un fuoco in mezzo al cortile, sedendovi intorno. Pietro si sedette in mezzo a loro. 56 Una serva, vedendolo seduto presso il fuoco, lo guardò fisso e disse: «Anche costui era con lui». 57 Ma egli negò, dicendo: «Donna, non lo conosco».

58 E poco dopo, un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di quelli». Ma Pietro rispose: «No, uomo, non lo sono». 59 Trascorsa circa un’ora, un altro insisteva, dicendo: «Certo, anche questi era con lui, poiché è Galileo». 60 Ma Pietro disse: «Uomo, io non so quello che dici». E subito, mentre parlava ancora, un gallo cantò.

61 E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». 62 E, andato fuori, pianse amaramente.

 

63 Gli uomini che tenevano Gesù, lo schernivano percotendolo; 64 poi lo bendarono e gli domandavano: «Indovina! Chi ti ha percosso?» 65 E dicevano molte altre cose contro di lui, bestemmiando. 66 Appena fu giorno, gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e gli scribi si riunirono e lo condussero nel loro sinedrio, dicendo:

67 «Se tu sei il Cristo, diccelo». Ma egli disse loro: «Anche se ve lo dicessi, non credereste; 68 e se io vi facessi delle domande, non rispondereste. 69 Ma da ora in avanti il Figlio dell’uomo sarà seduto alla destra della potenza di Dio».

70 E tutti dissero: «Sei tu, dunque, il Figlio di Dio?» Ed egli rispose loro: «Voi lo dite; io sono». 71 E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? Lo abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».

 

L’importanza della preghiera per Gesù

Vi siete mai apprestati a fare qualcosa che vi spaventasse? Uscire di casa, chiudersi la porta alle spalle e andare verso un esame importante, un impegno difficile, una conversazione non facile, una visita in ospedale.

 

è quello che si appresta a fare Gesù alla fine della cena. Lasciando quella stanza, Gesù sa che sta andando incontro al male, alla sofferenza, alle prove. Si passa dall’intimità della cena con i discepoli e si va verso la morte sulla croce.

 

E cosa fa Gesù in questo momento, nel pieno della notte?

 

Prega.

 

Il Vangelo di Luca è particolarmente attento a questa tematica. Uno dei modi in cui Luca dimostra l’importanza di questa tematica nel suo Vangelo è riportando le occasioni in cui Gesù prega. Di questi resoconti della preghiera di Gesù, afferma un commentario, “sette si trovano solo in Luca e ci fanno vedere Gesù che prega prima di ogni grande crisi della sua vita.

[1] E quale crisi più grande, di quella che lo avrebbe portato alla croce. E quindi non ci sorprende affatto che Gesù si ritira sul monte degli ulivi per pregare.

 

La preghiera. Quante volte ne abbiamo sentito parlare. Tutti gli uomini più timorati di Dio, hanno scritto, predicato, affermato l’importanza della preghiera, la centralità della preghiera, il bisogno di preghiera. Immagino che le persone che più vi stimolano spiritualmente, le persone che sembrano in una forte comunione con Gesù sono uomini e donne di preghiera.  

 

Eppure la preghiera, dicono gli stessi uomini e donne che sono giganti della preghiera, non è semplice, e penso che noi tutti siamo testimoni di questa difficoltà a pregare. una difficoltà riassunta magistralmente da C. J. Ryle, un anglicano del 19 secolo, con tre parole: Do You PRay? (Voi pregate?)

 

Ho una domanda da porvi. È racchiusa in tre parole: do you pray?

È una domanda alla quale solo voi potete rispondere. Se partecipate o meno al culto pubblico, il vostro ministro lo sa. Se fate o meno le preghiere in famiglia a casa vostra, lo sanno i vostri parenti. Ma se pregate in privato o meno, è una questione tra voi e Dio.[2]

Gesù va sul monte degli Ulivi, poco fuori Gerusalemme per trascorrere del tempo in preghiera e invita anche i discepoli a pregare. In questo momento cruciale, Gesù cerca la comunione con il Padre che la preghiera offre. E rispetto alle preghiere del tempo, che in genere venivano fatte in piedi, Gesù si mette in ginocchio e si rivolge al Padre. 

Ricordate la preghiera di Efesini 3, che abbiamo letto mercoledì? “Per questo motivo piego le ginocchia…”

 

Qual è l’obiettivo di questa preghiera? Sembra essere lo stesso, per Gesù e per i discepoli. Guardate il versetto 40: «Pregate di non entrare in tentazione», dove “tentazione può significare tentazione a peccare o, come intendono alcuni, una prova molto severa, una sofferenza inaudita.”[3]

 

 E poi guardate la preghiera stessa di Gesù subito dopo vediamo che il tema sembra essere lo stesso.

42 «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta».

 

La preghiera di Gesù è una preghiera fatta per non cadere in tentazione. é una preghiera straordinaria. Una preghiera profonda, sul quale è stato detto tanto. Gesù si trova di fronte alla tentazione, alla prova più grande. è, forse, la preghiera più umana di Gesù, in cui vediamo tutto il peso di ciò che sta per compiersi schiacciare umanamente Gesù.

E, al tempo stesso, vediamo la risolutezza di Gesù, di voler continuare a fare la volontà del Padre.

 

Quanto abbiamo da imparare da queste poche parole. Quante volte cerchiamo di piegare Dio alla nostra volontà, o quante volte chiediamo semplicemente a Dio di allontanare il calice da noi. O ancora, quante volte non andiamo con le nostre paure, le nostre richieste a Dio.

 

Gesù sta per essere immolato sulla croce al posto dell’essere umano. Si tratta del primo sacrificio volontario . Per anni il popolo di Israele aveva offerto animali recalcitranti come sacrifici. Qui invece stiamo per assistere a Gesù, che depone la sua vita volontariamente, senza essere costretto da nessuno e senza che nessuno gliela strappa via. E per prepararsi alla sua immolazione, Gesù prega.

 

E prega così intensamente che arriva un angelo a consolarlo. E mentre prega, mentre lotta in preghiera, le sue gocce diventano pesanti, come delle gocce di sudore, dice Luca. Ed anche se ci sono alcuni dubbi sull’autenticità di questi versetti, sicuramente rappresentano bene il senso di angoscia e di lotta spirituale che Gesù sta affrontando.

 

I discepoli non danno importanza alla preghiera

Gesù, nonostante fosse Dio e uomo, nonostante fosse perfetto, prega. I discepoli invece non danno importanza alla preghiera. Gesù sta per entrare in battaglia e decide di farlo dopo aver pregato. I discepoli stanno anche loro per entrare in battaglia, ma non lo fanno in preghiera.

 

Nonostante l’esortazione di Gesù a pregare per non cadere in tentazione, i discepoli si addormentano. Quando Gesù torna, ripete ancora una volta, 46  «Perché dormite? Alzatevi e pregate, affinché non entriate in tentazione».

 

I discepoli erano stremati per la tristezza, esausti per il dolore. Sicuramente i discepoli erano provati, emotivamente svuotati, stanchi, dopo aver accompagnato Gesù per tanto tempo. Eppure, proprio in questo momento, avrebbero dovuto dare ascolto a Gesù e pregare. Ma non lo fanno.

 

Ovviamente il sonno è importante. Ma ci rendiamo conto che più siamo vicini ad una prova, più siamo vicini ad una tentazione, più ci sentiamo stanchi e più dovremmo trovare riposo in Dio, nella preghiera, e non solo nel riposo fisico? Chi trascura la preghiera si sta incamminando verso il pericolo nudo.

 

Troviamo proprio nel nostro testo un esempio evidente di questo. Mentre Gesù stava ancora parlando, sottolineando e spiegando ai discepoli l’importanza della preghiera per superare le prove cosa succede?

 

47 Mentre parlava ancora, ecco una folla; e colui che si chiamava Giuda, uno dei dodici, la precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo.

 

Giuda, un discepolo che non aveva pregato affinché venisse fatta la volontà di Dio, un discepolo che non aveva pregato, invocato, supplicato il Padre di aiutarlo a superare e resistere alle prove e alle tentazioni. Un discepolo che ora arrivava per tradire Gesù e tradirlo con un gesto d’amore, con un bacio. E con Giuda arriva una folla di persone, venute per arrestare con Gesù. Con l’arrivo di queste persone iniziano le prove finali. E vedremo ora in che modo reagiscono Gesù, che si era preparato in preghiera, e i discepoli, che avevano fallito in questa cosa.

 

Prima prova: situazione d’emergenza

In un attimo i discepoli passano dall’essere in una situazione di calma e tranquillità, di notte, circondati dagli ulivi presenti nel Getsemani, ad essere circondati da una folla di persone malintenzionate. Non so se vi è mai capito di trovarvi in una situazione d’emergenza, di pericolo. Il cervello si attiva, i sensi sono in allerta e il tuo corpo si prepara a reagire in qualche modo, in maniera primordiale. Alcuni, naturalmente, si preparano a combattere il pericolo, altri a scappare del pericolo, altri ancora a bloccarsi davanti al pericolo.

 

Alcuni dei discepoli, vedendosi circondati da quelle persone ostili, e forse ricordandosi delle parole di Gesù che poco prima (“e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una”, v. 36), chiedono a Gesù se devono colpire con la spada. Ma notate cosa dice il testo, i discepoli non aspettano una risposta da parte di Gesù e Pietro, presa la spada, la mulina colpendo e tagliando di netto l’orecchio di un uomo.

 

Di fronte alla prova, di fronte alla situazione di emergenza, i discepoli reagiscono in maniera istintiva, umana, violenta. Reagiscono facendo di testa loro, reagiscono facendo tanto ma facendo male e soprattutto facendo senza dare ascolto al loro Signore.

 

Quante volte noi di fronte ad un pericolo, di fronte ad un’emergenza ci fiondiamo a fare qualcosa, senza nemmeno chiedere al Signore?

 

Immaginate come sarebbero cambiate le vostre reazioni a delle situazioni di emergenza se la vostra prima reazione fosse stata la preghiera.

 

La reazione di Gesù invece è ben diversa da quella dei discepoli. Guardate i versetti 51-53. Di fronte al pericolo rimane calmo, di fronte all’emergenza non va nel panico ma blocca la violenza, risponde in maniera razionale e logica. In mezzo caos porta ordine, in mezzo alla sofferenza porta guarigione, in mezzo alla violenza porta pace.

 

E so che stiamo parlando di Gesù, e quindi ci aspettiamo che Gesù si comporti così. Gesù è unico, Gesù è speciale, e la cosa stupenda del Vangelo è che lui riesce a fare quello che noi non riusciamo a fare, che lui porta a compimento quello che noi non riusciamo a portare a compimento, che lui è stato fedele quando noi invece siamo infedeli. Ma voglio sottolineare che anche Gesù, perfino Gesù, si è preparato in preghiera. Quanto più noi?

 

La mancanza di preghiera ci porta a reagire in maniera umana ai pericoli. Dimorare nella preghiera ci porta a reagire come Dio vuole vuole, con la saggezza di Dio, con la sapienza di Dio, con le parole di Dio.

 

Seconda prova: essere associati a Dio

Gesù si lascia arrestare, consapevole e sereno nel fatto che questo succede solo perchè è la volontà del Padre, che non sono di certo quei uomini con bastoni e spade a controllare la situazione. Il suo arresto è la conseguenza del momento più buio della storia, nel quale il male si manifesta in maniera pesante, ma non per questo il male e l’operato di satana è fuori dal controllo della sovranità di Dio.

 

Gesù viene portato verso la casa del sommo sacerdote e da quello che sembra solo Pietro lo segue, seppur da lontano.

 

Faceva freddo ed era notte, quindi viene preparato un fuoco nel cortile e Pietro si siede lì e tra le persone presenti in diversi, in più momenti, accusano Pietro di essere uno dei discepoli di Gesù.

 

Come sappiamo bene, per  tre volte Pietro viene associato a Gesù e per tre volte Pietro nega di conoscerlo, di essere un suo amico, di essere un suo discepolo, di essere venuto insieme a Gesù dalla Galilea a Gerusalemme. E mentre ancora parlava, il gallo canta.

 

Proprio in quel momento Gesù si volta e guarda Pietro. Ed è una scena proprio cinematografica. Gesù si gira e il suo sguardo si incrocia con quello del suo discepolo e Pietro capisce, Pietro si ricorda di quello che gli era stato preannunciato quando con foga aveva dichiarato “33 «Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte».”

 

La mancanza di preghiera di Pietro lo porta a disconoscere Gesù, a vergognarsi di Gesù, ad avere paura di essere associato a Gesù. La conseguenza sono delle lacrime amare.

 

Capita anche a noi, non è vero? Forse ad una cena con amici non credenti. Forse ad un colloquio di lavoro. Forse con dei famigliari.

 

Vi faccio un piccolo esempio. L’altro giorno dovevo mandare una mail ad un ufficio per presentarmi, e non sapevo se scrivere quale fosse il mio ruolo. Per un attimo ho pensato che presentarmi come pastore di una chiesa evangelica potesse in qualche modo pregiudicare l’esito della mia richiesta. è un esempio piccolo, ma vedete come facilmente siamo presi d’assalto da pensieri che ci portano ad allontanarci, a non accostarci troppo al Signore.

 

Nel frattempo, anche Gesù continua ad essere tentato e provato.

 

63 Gli uomini che tenevano Gesù, lo schernivano percotendolo; 64 poi lo bendarono e gli domandavano: «Indovina! Chi ti ha percosso?» 65 E dicevano molte altre cose contro di lui, bestemmiando.

 

Gesù viene tentato, percosso, bestemmiato. Eppure non cede. Eppure non dice qualcosa per tirarsi fuori da quella situazione. Anzi. Quando arriva il giorno e Gesù viene portato al sinedrio, gli chiedono qualcosa riguardo all’essere il Cristo, il Messia. Non ci sono testimoni, non ci sono accuse. A Gesù viene chiesto, in qualche modo, di scagionare se stesso o accusare se stesso. Pietro cosa avrebbe fatto? Non lo sappiamo, ma sappiamo quello che Gesù ha fatto.

 

Gesù sa bene che dietro a questa domanda non c’era un interesse genuino. Infatti risponde dicendo che si trovava di fronte ad un pubblico accusatoria, che non avrebbe mai creduto alle sue affermazioni né avrebbe risposto alle sue domande.

 

E nonostante questo setting così ostile, nonostante fosse iniziato un processo farsa, nonostante durante la notte Gesù fosse stato interrogato illegittimamente, nonostante il male avesse grande potere in questo mondo, Gesù afferma coraggiosamente che lui, il Figlio dell’uomo, stava per essere innalzato per sedersi alla destra della potenza di Dio.

 

Stare alla destra di qualcuno vuol dire stare al posto d’onore. Essere seduto vuol dire stare in riposo. La sofferenza, la morte, al resurrezione di Cristo avrebbero mostrato la sua gloria, il raggiungimento dello scopo divino e il compimento di ogni cosa, legittimando ancora di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, il posto di Cristo Gesù alla destra del Padre.

 

Gesù non cerca più di passare inosservato, Gesù non cerca di liberarsi umanamente da questa situazione ingarbugliata. La sua è un’affermazione così forte al punto che Luca ci dice che TUTTI i presenti, tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo e gli scribi del sinedrio sono unanimi nel chiedere a Gesù: «Sei tu, dunque, il Figlio di Dio? (70)

 

Gesù non sta solo dicendo di essere un messia, un figlio di Dio, un umano come altri. Gesù sta affermando di essere IL Messia, Il figlio di Dio.

 

La risposta di Gesù è un po’ enigmatica, ma penso sia chiaro che il senso sia: si. Si, voi lo dite in maniera dubbia e preoccupata, ma io lo sono veramente, io sono Dio in terra. L’atteggiamento di Gesù mostra quanto lui non si vergogni di Dio, non si vergogni di essere associato al Padre e di mostrarsi per chi lui è veramente.

 

La risposta è velata ma non troppo, infatti i suoi accusatori affermano di aver sentito abbastanza e, come vedremo la prossima volta, portano subito dopo Gesù di fronte alle autorità dell’impero romano.

 

La mancanza di preghiera ci porta a reagire in maniera umana ai pericoli. Dimorare nella preghiera ci porta a reagire come Dio vuole vuole, con la saggezza di Dio, con la sapienza di Dio, con le parole di Dio.

 

La mancanza di preghiera porta a vergognarci di Dio, a non voler essere associati a Dio. La preghiera costante porta Dio ad essere la nostra gioia più grande, il nostro vanto più grande, il nome che più spesso esce dalle nostre labbra.

 

Che bello ammirare Cristo, che rimane fedele fino alla fine, esaltando e glorificando e compiacendo il Padre in tutto quello che fa. Che bello vedere che la sua natura umana si è piegata, in preghiera, alla volontà del Padre al punto da non farlo vacillare.

 

Come affrontiamo le prove, le sfide e le tentazioni della vita?

 

Il discorso di Ryle che ho citato all’inizio, Voi Pregate, è argomentato in 7 punti, che vi ripropongo:

 

  1. Vi chiedo se pregate, perché la preghiera è assolutamente necessaria per la salvezza di un uomo.
  2. Vi chiedo ancora se pregate, perché l’abitudine alla preghiera è uno dei segni più sicuri di un vero cristiano.
  3. Vi chiedo se pregate, perché non c’è dovere nella religione così trascurato come la preghiera privata.
  4. Vi chiedo se pregate, perché la preghiera è l’atto religioso più incoraggiante.
  5. Vi chiedo se pregate, perché la diligenza nella preghiera è il segreto di una santità eminente.
  6. Vi chiedo se pregate, perché la trascuratezza nella preghiera è una delle principali cause di smarrimento
  7. Vi chiedo, infine, se pregate, perché la preghiera è una delle migliori ricette per la felicità e la contentezza.

 

Riguardo a questo ultimo punto, Ryle scrive:

 

 

Viviamo in un mondo in cui il dolore abbonda. Questo è sempre stato il suo stato da quando è arrivato il peccato. Non può esserci peccato senza dolore. Finché il peccato non sarà eliminato dal mondo, è vano pensare di poter sfuggire al dolore.

Alcuni hanno senza dubbio un calice di dolore più grande da bere di altri. Ma sono pochi quelli che vivono a lungo senza senza dolori o preoccupazioni di un tipo o dell’altro. I nostri corpi, le nostre proprietà, le nostre famiglie, i nostri figli, i nostri parenti, i nostri servi, i nostri amici, i nostri vicini, le nostre occupazioni mondane, ognuno di questi è fonte di preoccupazioni.

Malattie, morti, perdite perdite, delusioni, separazioni, ingratitudine, maldicenze, sono tutte cose comuni. Non possiamo affrontare la vita senza di esse. Un giorno o l’altro ci scoprono. Quanto più grandi sono i nostri affetti, tanto più profonde sono le nostre afflizioni; e più amiamo, più dobbiamo piangere. E qual è la migliore ricetta per essere gioiosi in un mondo come questo?

Come possiamo attraversare questa valle di lacrime con il minor dolore? Non conosco una migliore ricetta che l’abitudine di portare tutto a Dio in preghiera.

 

Cara chiesa, vogliamo prenderci l’impegno di prendere sul serio la preghiera? Faccio la domanda “questa sera sono davanti a voi come un uomo colpevole. Ogni volta che si riceve l’incarico di parlare di preghiera (ad altri ministri), non si può fare a meno di sentirsi mancanti a propria volta.”[4]

Ma ci impegneremo, in questo nuovo anno, a dimorare nella preghiera, a prepararci nella preghiera alle prove e tentazioni che sicuramente stiamo affrontando e affronteremo?

 

Iniziamo ora. Preghiamo ora.

 

 

[1]  Leon Morris, Il Vangelo Secondo Luca, 63.

[2] https://www.monergism.com/call-prayer-ebook

[3] Leon Morris, Il Vangelo Secondo Luca, 477.

[4] https://www.desiringgod.org/messages/cultivating-private-prayer-as-a-pastor

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